Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35646 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35646 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE MORO RAFFAELE N. IL 04/12/1953
avverso l’ordinanza n. 509/2012 TRIBUNALE di BRESCIA, del
13/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette/seyife le conclusioni del PG Dott.
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Uditi dif or Avv.;

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava
l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di applicazione
dell’indulto avanzata da De Moro Raffaele in relazione alla sentenza del
4/10/2007, irrevocabile il 16/11/2009, della Corte d’appello di Milano.
Il Giudice osservava che De Moro aveva già usufruito dell’indulto ai sensi

2. Ricorre per cassazione il difensore di Raffaele De Moro, deducendo
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 3 d.P.R. 309 del 1990.
Il beneficio era stato richiesto in relazione al D.P.R. 394 del 1990, in
relazione alle condanne per i reati di cui all’art. 71 legge 685 del 1975 posti in
essere sino all’inizio del 1989. Nella stessa sentenza della Corte d’appello di
Milano era stata emessa condanna anche per il delitto di cui all’art. 416 bis cod.
pen., ma l’aumento di pena per detto reato era stato di anni uno e mesi otto di
reclusione, quindi inferiore al limite di anni due di reclusione previsto dall’art. 4
d.P.R. 394 del 1990 per la revoca dell’indulto.
Il beneficio poteva essere concesso in quanto non erano state applicate le
aggravanti di cui all’art. 74 legge 685 del 1975. La concessione dell’indulto in
relazione alla legge 241 del 2006 non era di ostacolo all’applicazione del
beneficio in relazione al D.P.R. 394 del 1990.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, conclude per il rigetto del
ricorso.

4. Il ricorrente ha depositato memoria in cui ribadisce le considerazioni già
esposte in ricorso e sottolineando la possibilità per la Corte di applicare
direttamente il beneficio richiesto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

L’ordinanza impugnata ha travisato il contenuto dell’istanza avanzata da
Raffaele De Moro, ritenendo che essa si riferisse alla concessione dell’indulto
previsto dalla legge 241 del 2006 (di cui De Moro ha già beneficiato nella misura
massima), quando, al contrario, essa chiedeva l’applicazione del d.P.R. 394 del

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della legge 241 del 2006 nella misura massima.

1990 in relazione a condanna per fatti risalenti all’anno 1989.

Ciò premesso, quanto esposto dal ricorrente è corretto.
Si deve ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che,
in tema di indulto, in caso di reati uniti nel vincolo della continuazione, alcuni dei
quali – compreso quello più grave – siano stati commessi entro il termine fissato
per la fruizione del beneficio ed altri successivamente, la pena rilevante ai fini
della revoca dell’indulto va individuata, con riguardo ai reati-satellite,

essi, e non nella sanzione edittale minima prevista per la singola fattispecie
astratta (Sez. U, n. 21501 del 23/04/2009 – dep. 22/05/2009, Astone, Rv.
243380).

Nel caso di specie, i reati di cui all’art. 71 legge 685 del 1975, oggetto della
sentenza Corte d’appello di Milano n. 3096/07 R.G. Sent., in quanto non
aggravati ai sensi dell’art. 74 stessa legge e commessi all’inizio del 1989,
appaiono certamente compresi tra quelli per i quali il citato d.P.R. 394 del 1990
concedeva indulto.
Non altrettanto può dirsi con riferimento alla condanna per il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen. pronunciata con la stessa sentenza, sia perché ostativo
alla concessione del beneficio ai sensi dell’art. 3 d.P.R. 394 cit., sia perché la
permanenza era proseguita anche dopo il 24/10/1989.
Tuttavia, in base al principio sopra ricordato, la condanna per tale reato
ostativo non può, di per sé, costituire motivo di revoca del beneficio (e, quindi, di
non concessione dello stesso), atteso che la pena detentiva inflitta per esso è
inferiore a due anni di reclusione (cfr. art. 4 d.P.R. 394 cit.).

Il Giudice dovrà, quindi, procedere alla scissione tra i reati oggetto della
sentenza sopra ricordata, in quanto il reato continuato deve essere scisso nei
reati che lo compongono e nei vari episodi che attengono a ciascuno dei reati
continuati, con la conseguente possibilità di applicazione del beneficio ai reati o
agli episodi rientranti nel limite temporale di applicazione dell’indulto (Sez. 1, n.
43862 del 29/10/2004 – dep. 09/11/2004, Palamara, Rv. 230059) e valutare la
possibilità di applicare il beneficio su quelli già menzionati.

Questa Corte non provvede direttamente all’applicazione del beneficio in
mancanza di informazione completa sulla posizione del ricorrente: il giudice di
rinvio dovrà, infatti, verificare se Raffaele De Moro ha già usufruito dell’indulto
previsto dal d.P.R. 394 del 1990 o se sussistono elementi ostativi all’applicazione

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nell’aumento di pena in concreto inflitto a titolo di continuazione per ciascuno di

del beneficio diversi dalla condanna per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
già menzionata.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Brescia.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso il 4 luglio 2013

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