Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3563 del 09/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3563 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
PALERMO
LA BARBERA FRANCESCO N. IL 15/08/1965
nei confronti di:
SACCOMANNO CATERINA N. IL 07/11/1967
ENEA CAROLINA N. IL 03/12/1965
avverso la sentenza n. 278/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
10/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 09/12/2014

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Giulio Romano, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
– Udito, per la parte civile ricorrente, l’avv. Ottorino Agati, che ha chiesto
l’accoglimento del proprio ricorso.

RITENUTO IN FATTO

riforma di quella emessa dal locale Tribunale, ha assolto Saccomanno Caterina
ed Enea Carolina dal reato di falso ideologico in atto pubblico (artt. 479 e 476,
comma 2, cod. pen.), commesso nella loro qualità di agenti della Polizia
Municipale di Palermo.
Le due donne erano accusate di avere, in un verbale di contestazione di
infrazione al codice della strada e nella successiva relazione di servizio, attestato
falsamente che Francesco La Barbera, alla guida di un motociclo tipo Honda da
loro fermato e controllato, si era rifiutato di esibire i documenti di circolazione ed
aveva “tentato di portare via il motore”. Alla base della decisione assolutoria vi è
una ricostruzione della vicenda che esclude la ricorrenza dell’elemento soggettivo
del reato.

2. La vicenda – per come è stata ricostruita dalla Corte d’appello – trae origine
da un controllo su strada effettuato dal vigile Saccomanno. Questi, mentre
presidiava la via Ruggero Settimo di Palermo, si avvedeva che una moto guidata da Francesco La Barbera e sulla quale viaggiava, come trasportato,
Maurizio La Barbera (agente della Polizia di Stato) – non dava la precedenza ad
un pedone, che attraversava la strada sulle strisce pedonali, e si attivava per
elevare contravvenzione. Il vigile si avvicinava alla moto con fare autoritario,
esigendo l’esibizione dei documenti dal guidatore, e, temendo che questi volesse
allontanarsi, si poneva dinanzi al mezzo. Francesco La Barbera indugiava
nell’esibire i documenti, chiedendo al vigile di lasciargli parcheggiare la moto e
consentirgli di prelevare i documenti dal porta-bagaglio su cui era seduto ed
iniziava col vigile una discussione, fatta di intimazioni da parte del vigile e
risposte interlocutorie del La Barbera, il quale esibiva i documenti solo all’arrivo
di un carabiniere di servizio nel quartiere. Nel frattempo era intervenuto anche la
vigilessa Enea, che si era associata, anche nelle intimazioni, alla collega.
Ad avviso della Corte d’appello, le due imputate, nell’affermare, negli atti da loro
redatti, che Francesco La Barbera si era rifiutato di esibire i documenti e che
intendeva allontanarsi col mezzo, non avevano attestato il falso, ma avevano
descritto la situazione come era stata da loro percepita.
2

1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 10 marzo 2014, in totale

2. Contro la sentenza suddetta hanno proposto ricorso per Cassazione il
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Palermo e,
nell’interesse della parte civile costituita Francesco La Barbera, l’avv. Giovanni
Rizzuti, i quali – con argomenti sostanzialmente identici – censurano la sentenza
per plurime violazioni di legge e travisamento della prova, oltre che per illogicità
della motivazione. Deducono, sulla base delle dichiarazioni di Francesco e
Maurizio La Barbera, nonché di altri due testi oculari, che la vicenda si è svolta in

nessun tentativo di fuga da parte di questi ultimi e che l’esibizione dei documenti
– da parte di Francesco La Barbera – fu impedita dal vigile Saccomanno, che non
si spostava e non consentiva al guidatore di prelevare i documenti dal bagagliaio
della moto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i ricorsi sono inammissibili, perché, sebbene denuncino
violazione di legge e travisamento della prova, oltre che illogicità della
motivazione, sono entrambi rivolti a prospettare una diversa ricostruzione
dell’episodio, fornendo una lettura delle testimonianze difforme rispetto a quella
fatta propria dai giudicanti e ponendo l’accento su particolari profili della prova
dichiarativa, oltre ad attribuire alle dichiarazioni della persona offesa un valore
ponderale diverso e maggiore rispetto a quello riconosciuto dal giudicante. In tal
modo si propongono, a ben guardare, censure su accertamenti ed apprezzamenti
di fatto, ai quali il giudice di merito è pervenuto attraverso un’attenta ed
approfondita valutazione degli elementi di prova a sua disposizione, fondando il
suo convincimento su una motivazione – volta a spiegare perché le dichiarazioni
della persona offesa e quelle dei testimoni siano da leggere unitariamente a
quelle delle imputate e in un apprezzamento globale della prova – che è esente
da errori logici e giuridici. La Corte d’appello ha infatti spiegato che le imputate,
parlando e scrivendo del “rifiuto” di esibizione dei documenti da parte di
Francesco La Barbera e del tentativo di “portare via il motore” da parte di
quest’ultimo si erano riferite al colpevole ritardo con cui Francesco La Barbera
aveva esibito i documenti personali e del mezzo e al fatto che costui aveva, a più
riprese, cercato di superare l’ostacolo fisico frapposto dal vigile con la sua
persona, evidentemente interpretando il comportamento del La Barbera come
tentativo di sottrarsi all’identificazione. In tale ricostruzione non vi è nulla di
irragionevole, né travisamento della prova, giacché anche gli stralci di
dichiarazioni, riportati in ricorso, non si prestano – ammesso e non concesso che
la Corte di Cassazione possa procedere alla loro lettura – a nessuna

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modo diverso da quello esposto nella sentenza d’appello, in quanto non vi fu

interpretazione difforme e rivelano, come puntualmente rilevato dalla Corte di
merito, sia la mancanza di professionalità dei vigili nell’affrontare il motociclista
indisciplinato, sia la sfrontatezza di La Barbera Francesco nel rispondere al
pubblico ufficiale che, in quel momento, stava eseguendo il controllo ed elevando
la contravvenzione. Nemmeno il ricorrente ha spiegato, infatti, perché – per
esibire i documenti personali, evidentemente custoditi sulla persona – La Barbera
Francesco doveva prima parcheggiare il mezzo, né perché questi era impedito,
quando il vigile glielo intimava (sia pure in malo modo), di scendere dal mezzo e

sicurezza del traffico dovevano essere affrontati dal vigile che operava il controllo
e non dal motociclista che ad esso soggiaceva.
Nella ricostruzione del giudice di merito vi è, quindi, un’esaustiva
elaborazione del materiale probatorio e una lettura critica degli elementi di prova
acquisiti, che danno ampia ragione del divisamento espresso, anche sotto il
profilo della concatenazione logica degli eventi, e rendono la decisione
incensurabile in questa sede di legittimità. Va ribadito, infatti, e
conclusivamente, che non può costituire vizio, comportante controllo di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
favorevole valutazione delle risultanze processuali, dato che esula dai poteri di
questa Corte una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione impugnata, la cui valutazione è riservata in via esclusiva, per quanto si
è detto, al giudice di merito.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento
a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente La Barbera al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 9/12/2014

prelevare, dal bagagliaio, i documenti della moto, posto che i problemi di

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