Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3562 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3562 Anno 2016
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COCIMANO ORAZIO BENEDETTO N. IL 10/01/1964
avverso la sentenza n. 837/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
01/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/11/2015

RITENUTO IN FATTO
Cocimano Orazio Benedetto ricorre avverso la sentenza della Corte di
appello di Catania del 1 dicembre 2014 che, in parziale riforma della sentenza
del Giudice per l’udienza preliminare del locale Tribunale del 3 luglio 2013,
esclusa la circostanza aggravante prevista dal comma 6 dell’art. 416 bis c.p.,
rideterminava la pena inflittagli in anni 8 di reclusione.
Il Cocimano era stato ritenuto responsabile del delitto ascrittogli, la
partecipazione, in veste di organizzatore e dirigente, all’associazione a

quartieri della città di Catania e nella città di Caltagirone, fino al gennaio 2012.
Il Giudice per l’udienza preliminare aveva ritenuto la sussistenza delle
aggravanti previste dai commi 4 e 6 dell’art. 416 bis c.p., e, quindi, dell’essere
stata l’associazione armata e dell’avere, gli associati, finanziato le attività
economiche di cui avevano assunto il controllo con il profitto dei delitti
commessi. Aveva condannato Cocimano, esclusa la sola recidiva, alla pena di
anni 14 di reclusione (con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la
sospensione dell’autorità parentale durante l’espiazione della pena e la misura di
sicurezza della libertà vigilata per anni 3).
1 – Con il primo motivo l’imputato lamenta la violazione della legge penale
e comunque il difetto di motivazione, ai sensi delle lettere b) ed e) dell’art. 606
c.p.p., in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante prevista dal comma 4
dell’art. 416 bis c.p., l’essere stata l’associazione armata, deducendo che la
disponibilità di armi era ipotizzabile, per un accenno fatto nel corso di una
conversazione intercettata, solo per la fazione avversa. Tanto che non erano
stati ascritti ad alcuno dei partecipi all’associazione di cui faceva parte l’imputato
delitti inerenti la detenzione ed il porto di armi.
2 – Con il secondo motivo l’imputato censura, per violazione della legge
penale e per difetto di motivazione, il capo della sentenza che aveva fissato il
trattamento sa nzionatorio.
La Corte territoriale non aveva motivato né sulla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche, né sulla misura della pena. Quanto alla misura
della pena base l’aveva pur quantificata nel minimo edittale ma la stessa misura
era stata fissata anche per il coimputato Nizza al quale si era, invece,
riconosciuto un maggior ruolo nell’organigramma dell’associazione.
Le circostanze attenuanti generiche non erano state riconosciute e così non
si era tenuto conto del fatto che le stesse consentono un più congruo
adeguamento al caso concreto e che la vicenda concreta oggetto del processo
imponeva tale intervento adeguatore.

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delinquere di tipo mafioso denominata “Santapaola-Ercolano”, operante in vari

3 – Con il terzo motivo l’imputato deduce violazione di legge e difetto di
e

motivazione della sentenza impugnata laddove si era ritenuto che egli,
nell’associazione, rivestisse un ruolo apicale e ciò sulla base delle dichiarazioni di
due imputati di reato connesso, Gaetano D’Aquino e Paolo Mirabile. Entrambi
inattendibili perché il primo era un partecipe del gruppo avverso, il secondo
nutriva ragioni di rancore nei confronti dell’imputato per essere stato da questi
estromesso dal sodalizio criminale.
Aveva pertanto errato la Corte di merito a ritenerli, ciò nonostante,

Il suo ruolo di dirigente dell’associazione entrava poi in contrasto logico con
il punto della motivazione (pag. 23) in cui si dava preminenza, all’interno del
sodalizio, al coimputato Nizza Daniele. La stessa Corte di merito aveva affermato
(pag. 13) che l’imputato aveva attribuito dei compiti ad altro soggetto ma ciò
non significava che egli rivestisse un ruolo dirigenziale.
Dei coimputati che avevano reso dichiarazioni circa il ruolo dell’imputato;
Mirabile aveva affermato che Nizza era accompagnato dal Cocimano ma non
aveva chiarito chi, dei due, avesse parlato, e detenesse pertanto il potere di
decidere, e chi, invece, si fosse limitato ad assistere ed ascoltare; D’Aquino
aveva ricordato che Cocimano, pur avendo un ruolo direttivo, era sottoposto al
Nizza; Musumeci, Scorciapino, Viola e Di Maggio avevano riferito che l’imputato
era un affiliato “sovraordinato ad altri” e far costoro si annoverava il Nizza.
Si era pertanto erroneamente valutato sul punto il complessivo quadro
probatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di Cocimano Orazio Benedetto è infondato.
1 – la Corte territoriale ha adeguatamente motivato la sussistenza
del’aggravante derivante dall’essere stata l’associazione di cui Cocimano era
partecipe, in ruolo apicale (come si vedrà più avanti), armata.
Aveva, infatti, considerato che l’associazione a delinquere “Santapaola ed
Ercolano” era già risultata armata ad esito di numerose sentenze divenute
definitive; che vi erano conversazioni fra presenti (citava la n. 216 del
22/12/2009 fra Alfio e Carmelo Mirabile in cui si parla di armi nascoste) in cui i
coimputati, separatamente giudicati parlavano delle armi di cui il gruppo mafioso
poteva disporre. E a tale ultimo proposito deve notarsi come i giudici di merito
abbiano affermato, così come del resto era ipotizzato nell’imputazione, che i
Mirabile ed il gruppo capeggiato da Cocimano, Nizza Daniele e Magrì Orazio
fossero entrambi inseriti nel più grande clan mafioso riconducibile ai fratelli
Santapaola e che la contrapposizione, pur dura, fra le due fazioni (i Mirabile da
una parte, Nizza, Cocimano e Magrì dall’altra) non incidesse su tale mantenuta
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attendibili.

unità, tanto che lo stesso Paolo Mirabile aveva ricordato che furono proprio Nizza
Daniele e Cocimano Benedetto, da lui definiti come i “referenti
dell’organizzazione” Santapaola dopo gli arresti di molti componenti del vertice
del gruppo a seguito della operazione “Summit”, ad affidargli, nel 2009, l’incarico
di “responsabile” del quartiere di Monte Po in Catania e della zona di Caltagirone.
Ed ancora, nel 2011, gli stessi Nizza e Cocimano, dopo una sua nuova
carcerazione, gli avevano presentato i nuovi “referenti” dei vari paesi.
Ne discendeva l’evidente dimostrazione dell’essere stata, la complessiva

Del resto, nel caso di associazione per delinquere di stampo mafioso, non si
espone a censura la sentenza del giudice di merito che ritiene sussistente
l’aggravante della disponibilità delle armi di cui all’art. 416-bis, comma quarto,
cod. pen., quando il delitto associativo è contestato agli appartenenti di una
“famiglia” mafiosa aderente all’organizzazione denominata “cosa nostra”(come è
certamente il caso del clan catanese “Santapaola”) anche nel caso in cui la
disponibilità delle armi è provata a carico di un solo appartenente (Cass., sez. V,
n. 18837 del 05/11/2013, Rv. 26091).
La Corte territoriale ha pertanto ritenuto la sussistenza dell’aggravante in
base ad un’adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.
2 – E’ infondato, e prossimo all’inammissibilità, anche il motivo attinente al
riconosciuto ruolo apicale del Cocimano nella associazione a delinquere in
oggetto.
Dall’apparato motivazionale della sentenza impugnata si ricava che il ruolo
di vertice rivestito dal Cocirnano era stato riferito da una pluralità di fonti
dichiarative: dai fratelli Mirabile (e, come si è visto, Paolo Mirabile aveva ricevuto
anche dal Cocimano l’incarico di “responsabile” della zona assegnatagli) e da
Gaetano D’Aquino (esponente del clan rivale dei Cappello, che si era però detto a
conoscenza del fatto che l’imputato rivestiva un ruolo di vertice nel diverso
gruppo Santapaola, pur se subordinato a quello del Nizza, dimostrando, peraltro,

organizzazione a delinquere dei fratelli Santapaola, unica ed armata.

con tale ultima affermazione, di essere ben a conoscenza della catena di
comando del clan Santapaola).
A fronte di tali precise indicazioni Cocimano si limita ad affermare che i due
sarebbero inattendibili, perchè il primo, Mirabile, sarebbe mosso da motivi di
rancore, ed il secondo, D’Aquino, nulla saprebbe in quanto esponente di un clan
diverso. Ma il ricorrente non si confronta con le ragioni specifiche che avevano
condotto i giudici del merito a ritenere i due pienamente attendibili e, come si è
visto, anche solo alla luce delle dichiarazioni riportate dalla Corte territoriale è
del tutto evidente come D’Aquino ben conoscesse la distribuzione dei compiti

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direttivi del clan Santapaola fra Cocimano e Nizza. Peraltro perfettamente
coincidente con quanto riferito anche dal Mirabile.
Né il ricorrente consente di valutare nel loro complesso le deposizioni
ritenute inattendibili, non producendone copia, neppure in parte.
E’ infine evidente che il ruolo apicale in un clan mafioso non è
necessariamente rivestito da una sola persona, e, nel caso concreto, le fonti
dichiarative, pur riferendo che Nizza gli era sopraordinato, indicavano tutte come
Cocimano fosse uno dei “referenti” del clan Santapaola, e quindi uno dei suoi

aveva ricevuto, da Nizza ma anche da Cocimano, l’incarico di presiedere una
delle zone di competenza del clan malavitoso.
3 – Entrambi i giudici del merito hanno negato a Cocimano le circostanze
attenuanti generiche.
Senza espressamente motivarne il diniego.
Deve però ricordarsi che, in caso di diniego delle circostanze attenuanti
generiche, la motivazione può implicitamente ricavarsi dal raffronto con le
considerazioni poste a fondamento del loro avvenuto riconoscimento, riguardo ad
altre posizioni esaminate nella stessa sentenza, quando gli elementi oggetto di
apprezzamento siano gli stessi la cui mancanza ha assunto efficacia
determinante nell’ambito di una valutazione generalmente negativa (Cass., Sez.
6, n. 14556 del 25/03/2011, Rv. 249731).
E così, si rileva che, agli identici motivi di appello proposti dai coimputati
Nizza Daniele e Schillaci Lorenzo, la Corte territoriale aveva risposto che le
attenuanti in parola non erano concedibili in considerazione della gravità del
reato e dei loro gravissimi precedenti penali, condizioni che erano perfettamente
replicabili anche in riferimento alla posizioni di Cocimano. Né aveva avuto rilievo
sul punto il diverso ruolo rivestito dagli imputati perché le attenuanti era state
negate al Nizza che era sopraordinato al Cocimano ma anche allo Schillaci che
era un mero partecipe all’associazione Santapaola.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 26/11/2015.

dirigenti. Ne era concreta dimostrazione anche solo il fatto che Paolo Mirabile

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