Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3562 del 09/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 3562 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LILLIA VIRGINIO N. IL 05/02/1942
avverso la sentenza n. 4141/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
06/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/12/2014

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Giulio Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Aldo Turconi, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

appello di Milano in data 6/11/2013, ha condannato Lillia Virginio per tentata
violenza privata in danno di Daniele Casarini.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudici di primo e secondo grado, l’imputato,
sindaco, negli anni 2007-2008, del comune di Dongo, avrebbe esercitato
pressioni e minacce sull’avv. Casarini, revisore contabile dello stesso comune,
per costringerlo a dare le dimissioni dalla carica, a causa di contrasti insorti tra
l’amministrazione comunale e il revisore suddetto intorno all’assunzione giudicata illegittima dal revisore – di una nuova dipendente (Svetlana Babkina),
che avrebbe condotto al superamento dei limiti di spesa imposti dalla legge
finanziaria 2007, e intorno all’ammontare degli emolumenti corrisposti al
segretario comunale per stipendio e spese di trasferta. Pressioni e minacce
culminate in due telefonate del sindaco a Casarini, effettuate in data 18
dicembre 2007, nel corso delle quali il primo comunicava al secondo di aver
perduto la fiducia in lui e lo invitava a dimettersi, aggiungendo che, altrimenti, si
sarebbe proceduto alla revoca del mandato e alla sospensione dei pagamenti
(quelli maturati per la funzione di revisore esercitata); e seguite dall’invio, in
data 18 dicembre 2008, al Casarini, nonché al Ministero della Giustizia e al
Presidente della Repubblica, di una lettera contenenti rilievi negativi sull’operato
del revisore e sulla scelta, da lui effettuata, di non dimettersi,

2. Contro la sentenza suddetta h proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Aldo Turconi, con quattro motivi.
Col primo lamenta una carenza, contraddittorietà e illogicità di
motivazione con riguardo alla valutazione delle prove. Deduce che, in base alle
dichiarazioni dei testi Quarenghi (assessore comunale) e Guattini (responsabile
dell’ufficio ragioneria) – non considerati dai giudicanti -, era stata proposta al
giudice d’appello una ricostruzione alternativa della vicenda, che scagionerebbe
totalmente il sindaco, facendosi rilevare che questi, sollecitando le dimissioni del
revisore, aveva solo inteso assicurare la governabilità del comune, compromessa
dai dissidi tra segretario comunale e revisore contabile. Aggiunge che nessuna
minaccia era stata rivolta al revisore e che l’intenzione di revocare quest’ultimo

2

1. Il Tribunale di Como, con sentenza integralmente confermata dalla Corte di

era

maturata

all’interno

dell’Amministrazione

comunale,

pur

nella

consapevolezza degli amministratori che, per l’attuazione pratica della decisione,
avrebbero dovuto investire il Consiglio Comunale, titolare della relativa potestà.
Deduce che il sindaco aveva buone ragioni per criticare il revisore, giacché era
stato assolto dalla Corte dei Conti da ogni accusa mossa nei suoi confronti
(circostanza, deduce, non valutata dalla Corte di merito) e lamenta che non sia
stata valutata la deposizione della dott.ssa Guattini, che non ha conservato il
ricordo di solleciti di pagamento ricevuti dal revisore.

precedente, la violazione dell’art. 533 cod. proc. pen., che consente la condanna
dell’imputato solo allorché sia raggiunta la prova oltre il ragionevole dubbio.
Col terzo lamenta mancanza di motivazione in ordine all’idoneità della
minaccia a determinare le dimissioni del revisore, da valutare – specifica – in
relazione alle modalità dell’azione e alle condizioni personali e professionali del
soggetto passivo. Sotto entrambi i profili, aggiunge, la sentenza è carente di
motivazione, in quanto non ha tenuto conto del fatto che non v’è prova di una
attività del sindaco volta a bloccare i pagamenti a favore del revisore e del fatto
che il sindaco non disponeva di alcun potere al riguardo, come l’avv. Casarini
ben sapeva. Per questo, conclude, l’attività del sindaco era totalmente inidonea a
determinare l’evento, per cui si è di fronte ad un reato impossibile.
Col quarto lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in
ordine alla richiesta, formulata al giudice d’appello, di conversione della pena
detentiva in quella pecuniaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato. Preso atto che non è in discussione lo sviluppo degli
accadimenti (a parte le marginali differenze intraviste dal ricorrente), mette
conto soffermare l’attenzione sulla idoneità della minaccia, o violenza, spiegata,
nella specie, dall’imputato per la determinazione dell’evento contemplato dall’art.
610 cod. pen.. E’ noto che l’oggetto di tutela del reato in questione è dato dalla
libertà individuale, intesa come possibilità di determinarsi spontaneamente,
secondo motivi propri. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti,
l’obiettività giuridica del delitto di violenza privata consiste nella tutela della
libertà psichica e morale contro le costrizioni a fare, tollerare od omettere
qualche cosa (Cass., n. 10133 del 6/10/1983). Perché attinga la soglia del
penalmente rilevante, la violenza o la minaccia deve determinare una perdita o
riduzione sensibile, da parte del soggetto passivo, della capacità di determinarsi
ed agire secondo la propria volontà (Cass., n. 2545 del 9/1/1985). Non ogni
forma di violenza o minaccia, quindi, riconduce alla fattispecie dell’art. 610 cod.

3

Col secondo deduce, per le medesime ragioni esposte al punto

pen., ma solo quella idonea – in base alla circostanze concrete – a limitare la
libertà di movimento della vittima o influenzare significativamente il processo di
formazione della volontà, incidendo su interessi sensibili del coartato. A tanto
conduce sia il principio di offensività, sia l’esigenza di confinare nel
“giuridicamente indifferente” i comportamenti costituenti violazioni di regole
deontologiche, etiche o sociali, inidonei – pur tuttavia – a rappresentare un
reale elemento di turbamento per il soggetto passivo. Tanto vale, a maggior
ragione, in ambito politico – anche laddove la politica confina con

valutazioni e degli interessi è spesso aspro e condizionato dal ruolo ricoperto – in
concreto – dai protagonisti del confronto.
Alla luce di tali criteri, la motivazione con cui è stata affermata – dal Tribunale di
Milano e dalla Corte d’appello – una illecita compressione della libertà psichica di
Daniele Casarini non è appagante, giacché non tiene adeguatamente conto del
conflitto di opinioni – che traspare dalla motivazione del provvedimento
impugnato e rivelato dal giudizio contabile cui il sindaco, con esito per lui
favorevole, era stato sottoposto – tra il sindaco, e la maggioranza di cui questi
faceva parte, e il revisore contabile su molteplici oggetti della vita
amministrativa; inoltre, non chiarisce perché la “pressione” esercitata su Casarini
era idonea, nel caso concreto, a condizionare significativamente la volontà e le
scelte del revisore, fino a provocarne la forzata dismissione dell’incarico.
Sotto il primo profilo, una indagine si impone per escludere che il sindaco stesse
– anche erroneamente – solo difendendo le prerogative della funzione (per il che
occorre verificare quale peso abbiano avuto, nel determinare il contrasto, i rilievi
del revisore all’operato dell’Amministrazione culminati nel giudicato liberatorio);
sotto il secondo profilo, per accertare che è stata posta in essere una violenza o
una minaccia idonea a provocare l’evento del reato. In particolare, sotto
quest’ultimo profilo, escluso che abbiano rilievo gli “inviti” a dimettersi rivolti al
Casarini, ovvero la “minaccia” di revocarlo dall’incarico (posto che il Casarini,
avvocato ed esperto revisore, sapeva benissimo che l’Amministrazione avrebbe
solo potuto avanzare una proposta di revoca al Consiglio comunale), precipua
attenzione dovrà essere posta alla minaccia di sospendere i pagamenti delle
competenze maturate dal revisore, posto che solo un reale bisogno economico
avrebbe potuto avere l’efficacia presupposta dalla norma incriminatrice (o nel
senso di “ammorbidire” il revisore, inducendolo a comportamenti più graditi
all’imputato; o nel senso di costringere Casarini ad abbandonare l’incarico, per
cercarsi un’altra fonte di sostentamento). Per il che assumono rilevanza – a titolo
di esempio – l’ammontare delle competenze maturate dal professionista (su cui
nulla è detto in sentenza), la durata residua dell’incarico nonché la condizione
economica e professionale del revisore e la sua capacità di ottenere, comunque,
4

l’amministrazione -, trattandosi del campo in cui il conflitto delle opinioni, delle

il pagamento del dovuto attraverso l’esercizio delle azioni legali riservate ai
creditori. E solo all’esito di questa disamina pronunciarsi sulla reale capacità di
intimidazione delle condotte spiegate dall’imputato.
Per l’approfondimento di questi punti deve essere disposto, pertanto,
l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte
d’appello di Milano, che si dovrà altresì pronunciare, in caso di rinnovato giudizio
condannatorio, sull’istanza di conversione della pena detentiva in quella
pecuniaria, richiesta dall’imputato al giudice d’appello, senza che alla stessa sia

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della
Corte di Appello di Milano.
Così deciso il 9/12/2014

stata data risposta.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA