Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3560 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3560 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Palmas Cristian, nato ad Oristano il 15/12/1977
2. Pasquini Simone, nato a Roma il 28/02/1979
3. Damiano Massimiliano, nato a Formia il 02/06/1976

avverso l’ordinanza del 29/07/2013 del Tribunale della libertà di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito per gli indagati Damiano e Pasquini l’avv. Valerlo Spigarelli in sostituzione
dell’avv. Cesare Placanica, che ha concluso per raccoglimento del ricorso;

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Data Udienza: 10/12/2013

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma del 02/07/2013, con la
quale era applicata nei confronti di Cristian Palmas, Simone Pasquini e
Massimiliano Damiano la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di
cui agli artt. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e 8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74,
ipotizzati nell’emissione da parte della Proxy s.r.I., amministrata dal Palmas, e

fatture nei confronti dalla Arc Trade s.r.I., dichiarata fallita in Roma il
22/09/2012 ed amministratab Marco Iannilli, relative ad operazioni inesistenti, e
nella distrazione della somma di C.6.232.344 in favore della Proxy s.r.l. e di
quella di C. 440.000 in favore della Aessegi s.r.I., registrate come pagamenti
delle fatture di cui sopra ed invece destinate alla corresponsione, attraverso le
società beneficiarie, di tangenti ad amministratori della Selex Sistemi Integrati e
del gruppo Finmeccanica per l’assegnazione di appalti alla Arc Trade.
Gli indagati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla sussistenza dei gravi indizi in ordine all’elemento oggettivo del reato
di bancarotta fraudolenta,
1.1. tutti i ricorrenti deducono violazione di legge e mancanza di
motivazione in ordine all’assenza del rapporto causale fra le condotte degli
indagati, estranei all’amministrazione della fallita Arc Trade, ed il dissesto della
stessa, nonché, come particolarmente rilevato nei ricorsi proposti dal Damiano e
dal Pasquini, sul contrasto di tale rapporto causale con l’esiguo importo delle
fatture emesse dalla Aessegi rispetto al movimento degli affari della Arc Trade, la
solida situazione economica di quest’ultima all’epoca in cui le fatture venivano
formate e l’essere il fallimento intervenuto dopo alcuni anni da tale epoca.
1.2. Il ricorrente Pasquini deduce contraddittorietà della motivazione
rispetto alla circostanza, di cui si dava atto nella stessa ordinanza impugnata,
per la quale l’indagato era amministratore unico della Aessegi solo fino al 2006,
laddove le fatture in contestazione venivano emesse nel 2008, ed illogicità delle
conclusioni del Tribunale sulla posizione di amministratore di fatto del Pasquini
nel periodo successivo, in quanto fondate su elementi meramente presuntivi.
2. Sulla sussistenza dei gravi indizi in ordine all’elemento psicologico dei
reati,
2.1. tutti i ricorrenti deducono violazione di legge e mancanza di
motivazione in ordine al particolare contenuto che il dolo deve assumere nei
soggetti, quali gli indagati, nei confronti dei quali si ipotizzi il concorso da
estranei nei reati fallimentari, ossia la consapevolezza dello stato di decozione
2

della Aessegi s.r.I., amministrata dal Damiano e di fatto anche dal Pasquini, di

della fallita e del conseguente pregiudizio per i creditori. Il ricorrente Palmas
deduce altresì mancanza di motivazione sulla riferibilità all’indagato del dolo
specifico di evasione fiscale proprio del reato di emissione di fatture per
operazioni inesistenti.
2.2. Il ricorrente Pasquini deduce violazione di legge nella qualificazione del
fatto nell’ipotesi della bancarotta fraudolenta per distrazione piuttosto che in
quella dell’esposizione di passività inesistenti, e mancanza di motivazione sul
dolo specifico previsto per tale seconda fattispecie nel fine di recare pregiudizio

segnalati come contrastanti con il rapporto causale fra le condotte ed il dissesto
della fallita.
3. Sulla sussistenza delle esigenze cautelari, tutti i ricorrenti deducono
illogicità della svalutazione del dato temporale in ordine al periodo trascorso dai
fatti. Ulteriori illogicità sono oggetto di censura nel ricorso proposto dal Palmas
con riguardo alla prevalenza attribuita ad elementi non significativi, quali i
rapporti dell’indagato con altre società operanti in settori diversi da quello della
Proxy, rispetto all’incensuratezza del Palmas; e nel ricorso proposto dal Damiano
e dal Pasquini con riferimento all’emissione di sole due fatture.
4. Sulla ritenuta inadeguatezza della diversa misura degli arresti domiciliari,
il ricorrente Palmas deduce illogicità della motivazione nel ricorso ad
argomentazioni astratte sulla spregiudicatezza mostrata dagli indagati e sulla
mancanza di autocontrollo degli stessi, non riferibili specificamente alla posizione
del Palmas, incensurato ed indicato nella stessa ordinanza come un prestanome.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza dei gravi indizi in ordine
all’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta sono infondati.
1.1. Infondate sono in primo luogo le censure proposte da tutti i ricorrenti in
ordine alla dedotta insussistenza di un rapporto causale fra le condotte
contestate e il dissesto della fallita Arc Trade.
Come già osservato sul punto nell’ordinanza impugnata, l’incidenza causale
della condotta distrattiva sul fallimento è un aspetto irrilevante ai fini della
configurabilità reato di bancarotta fraudolenta, il cui evento è costituito
unicamente dalla lesione dell’interesse patrimoniale della massa creditoria (Sez.
5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879), già riconducibile alla condotta
di sottrazione di beni a detrimento della garanzia patrimoniale o di
documentazione in pregiudizio delle possibilità di verifica contabile, e non anche
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ai creditori e sull’incompatibilità di tale dolo specifico con gli elementi già

dal dissesto della società, estraneo alla struttura del reato in quanto mero
substrato economico dell’insolvenza (Sez. 1, n. 40172 dell’01/10/2009, Simonte,
Rv. 245350). Estraneo al reato è di conseguenza anche il rapporto causale fra la
condotta ed il dissesto (Sez. 5, n. 34584 del 06/05/2008, Casillo, Rv. 241349;
Sez. 5, n. 232 del 09/10/2012 (07/01/2013), Sistro, Rv. 254061; Sez. 5, n.
7545 del 25/10/2012 (15/02/2013), Lanciotti, Rv. 254634; Sez. 5, n. 27993 del
12/02/2013, Di Grandi, Rv. 255567); che peraltro, ove inteso dal legislatore
come viceversa rilevante per la ravvisabilità del reato, è espressamente previsto

legge fall., norma significativamente modificata dall’art. 4 d.lgs. 11 aprile 2002,
n. 61, con l’estensione della necessità del nesso causale fra il dissesto e la
commissione di determinati reati societari, senza che analoga disposizione sia
stata con l’occasione introdotta per gli altri reati fallimentari.
1.2. Quanto al concorso nel reato del Pasquini, il Tribunale dava atto che le
fatture contestate venivano emesse dalla Aessegi allorché il predetto indagato
non era più amministratore unico della società, carica viceversa ricoperta
all’epoca dal Damiano; ma nessuna contraddittorietà è in ciò ravvisabile nel
momento in cui i gravi indizi erano individuati a carico del Pasquini per la sua
diversa posizione di amministratore di fatto in quello stesso periodo temporale. E
su quest’ultimo aspetto, la motivazione del provvedimento impugnato è esente
dalle censure di illogicità del ricorrente, in quanto fondata non su mere
presunzioni, ma sulla convergenza di elementi precisi indicati nelle circostanze
per le quali il Pasquini era titolare del 90% delle quote della società, dato non
superato dal fatto che, come dedotto nel ricorso, dette quote siano state in
seguito cedute al Damiano; la contabilità della stessa era stata tenuta dallo
stesso commercialista che si occupava anche di quella della Progetto Idea s.r.l.
amministrata dal Pasquini; e la Aessegi nel luglio 2011 cedeva parte del proprio
patrimonio alla Support System s.r.I., poi Small Indian s.r.I., amministrata dal
Damiano, la quale effettuava operazioni bancarie con società riconducibili al
Pasquini.

2. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza dei gravi indizi in ordine
all’elemento psicologico del reato sono anch’essi infondati.
2.1. Le censure dedotte da tutti i ricorrenti in ordine alla mancanza di
tezz
pev;T
a
,in capo agli indagati,

motivazione sullaconsapevolezza

dello stato di decozione della fallita, sono in particolare infondate in quanto
concernenti un elemento non necessario ai fini della configurabilità dell’elemento
psicologico del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta del soggetto
estraneo alla fallita. Il Tribunale osservava come fosse sufficiente la
4
C

per le sole fattispecie di bancarotta impropria di cui all’art. 233, comma secondo,

consapevolezza che alle somme distratte fosse stata data una destinazione
diversa da quelle corrispondenti alle lecite finalità imprenditoriali; coerentemente
ritenuta sussistente nei confronti di soggetti che, mediante l’emissione di fatture
fittizie, fornivano un supporto documentale necessario per l’uscita dalla fallita di
somme finalizzate al pagamento di tangenti. E tale conclusione è conforme ai
criteri affermati da questa Corte (Sez. 5, n. 9299 del 13/01/2009, Poggi
Longostrevi, Rv. 243162; Sez. 5, n. 23675 del 22/04/2004, Bertuccio, Rv.
228905; Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879; Sez. 5, n. 27367

per i quali il dolo dell’extraneus non assume, in aderenza del resto ai principi
generale in tema di concorso di persone nel reato, connotazioni diverse da quello
richiesto all’imprenditore con il quale l’estraneo concorre; ossia la
consapevolezza di distrarre i beni, vale a dire di sottrarre gli stessi alla funzione
di garanzia delle ragioni dei creditori per scopi diversi da quelli inerenti all’attività
di impresa. Garanzia il cui pregiudizio, che come è noto assume rilevanza anche
penale anche nei termini del mero pericolo (Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999,
Tassan Din, Rv. 214860; Sez. 5, n. 11633 dell’08/02/2012, Lombardi Stronati,
Rv. 252307; Sez. 5, n. 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932), sussiste,
ed è come tale percepibile dal soggetto estraneo come da quello intraneo alla
fallita, laddove i beni siano distolti dalla naturale destinazione appena descritta,
a prescindere dall’esistenza, e quindi dalla consapevolezza, di un dissesto che si L’
visto in precedenza non costituire evento incluso nella fattispecie incriminatrice.
Inammissibile è poi l’ulteriore doglianza del ricorrente Palmas in ordine al
dolo specifico del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, in
quanto non proposta né con la richiesta di riesame, depositata con riserva di
motivi, né con la memoria presentata all’udienza camerale, incentrate sulla
lamentata assenza delle esigenze cautelari; essendo precluso l’esame in questa
sede di questioni delle quali il Tribunale non era investito (Sez. 5, n. 139 del
16/01/1997, Palma, Rv. 207259).
2.2. Altrettanto infondata è la censura proposta dal ricorrente Pasquini in
ordine alla configurabilità del diverso reato di bancarotta per esposizione di
passività inesistenti ed alla conseguente mancanza di motivazione sul dolo
specifico proprio di detta fattispecie. La formazione di fatture fittizie emesse nei
confronti della fallita, con la conseguente artificiosa rappresentazione a carico
della stessa delle relative passività, integra, nell’ipotesi d’accusa per la quale si
procede, unicamente lo strumento utilizzato per giustificare contabilmente
l’uscita dalla fallita di somme destinate a scopi diversi da quelli attinenti alla
lecita attività di impresa; la quale costituisce il reale oggetto dell’addebito,

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del 26/04/2011, Rosace, Rv. 250409; Sez. 5, n. 9845 del 28/01/2013, Serri),

pertanto correttamente inquadrato nella fattispecie della bancarotta per
distrazione.

3. Sono ancora infondati i motivi di ricorso relativi alla sussistenza delle
esigenze cautelari.
Il punto era oggetto nel provvedimento impugnato di una congrua
motivazione, fondata sulla gravità e la pluralità dei fatti e sulla dimestichezza
dimostrata dagli indagati nell’uso di strumenti societari, bancari e finanziari al

era specificamente e coerentemente motivata nel riferimento alla dichiarazione
da parte degli indagati, anche in tempi recenti, di redditi modesti rispetto alle
loro numerose partecipazioni societarie e dalla denuncia del Damiano e del
Pasquini il 04/01/2011 per reati di truffa e riciclaggio in danno della Unicredit
Leasing s.p.a., elementi che, proprio in quanto indicativi di persistenza
nell’inserimento in attività illecite, venivano non illogicamente ritenuti prevalenti
sull’incensuratezza del Palmas; né, a fronte di tali elementi, risulta rilevante il
dato meramente numerico delle fatture emesse dalla società gestita dal Damiano
e di fatto dal Pasquini.

4. Infondato è da ultimo il motivo proposto dal ricorrente Palmas sulla
ritenuta inadeguatezza della diversa misura degli arresti domiciliari.
Il riferimento del provvedimento impugnato, a questo proposito, alla
spregiudicatezza mostrata dagli indagati, ed alla conseguente prognosi di
inaffidabilità degli stessi nel rispetto di misure diverse da quella del carcere, si
sottrae ai rilievi di astrattezza formulati dal ricorrente; radicandosi viceversa
nelle osservazioni del Tribunale, di cui si è dato atto al punto precedente, sulle
concrete ed allarmanti modalità di esecuzione dei reati. E le ulteriori notazioni
sull’attualità dell’esigenza specialpreventiva, anch’esse in precedenza riportate,
giustificano nell’assetto motivazionale del provvedimento la ritenuta irrilevanza a
questi fini dell’incensuratezza del Palmas e del suo ruolo di prestanome, del
quale il Tribunale sottolineava peraltro espressamente l’essenzialità ai fini della
realizzazione del disegno criminoso degli indagati.
I ricorsi devono pertanto essere rigettati, seguendone la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
6

fine di occultare le attività illecite. L’attualità del pericolo di reiterazione del reato

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.

att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma il 10/12/2013

Il Presidente

Il Consigliere est,
o nsore

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