Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 356 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 356 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBARO ROCCO N. IL 02/09/1972
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 17/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 15/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
lette/settite-le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/11/2013

803/2012
RITENUTO IN FATTO

I.n 203/1991. Il Barbaro era stato rimesso in libertà dal Tribunale del
riesame che annullava l’ordinanza cautelare non essendo certa la
identificazione dell’imputato dal momento che l’indagato
nell’interrogatorio aveva eccepito di non essere usuario delle utenze
telefoniche intercettate. Successivamente, con sentenza emessa in data
27-10-2008, il Gup accertava la compiuta e corretta identificazione del
Barbaro atteso che dall’istruttoria eseguita e dalle precisazioni rese dagli
agenti della polizia giudiziaria era emersa la corretta identificazione del
Barbaro come interlocutore delle telefonate intercettate. Dall’esame delle
conversazioni intercettate il Gup ricavava che il Barbaro era impegnato
in attività legate a traffico di stupefacenti, che lo stesso aveva avuto
contatti continui con Polito Bruno, al quale si rivolgeva per
approvvigionamenti di materia prima e che però dagli atti non risultava
che il rapporto tra i due risultasse connotato da stabilità e continuità e
che quindi il Barbaro rappresentasse un sicuro ed affidabile canale di
cessione di stupefacenti; pertanto il Gup assolveva il Barbaro dalla
contestazione di reato associativo e trasmetteva però gli atti al p.m.
perchè procedesse nei suoi confronti per il delitto di cui agli artt. 81 c.p,
e 73 d.p.r. n.309-1990.
Rilevava la Corte di appello che l’ordinanza di custodia cautelare emessa
nei confronti del Barbaro e la stessa sentenza di assoluzione emessa dal
Gup, evidenziavano lo stretto collegamento di quest’ultimo con soggetti
coinvolti in traffici illeciti e tali contatti certamente oltrepassavano i
normali rapporti giustificabili con rapporti amicali, si prestavano ad
essere interpretati come indizi di complicità e denotavano una condotta
gravemente colposa in grado di incidere sull’emissione e sul
mantenimento della misura emessa; si doveva pertanto ritenere che
Barbaro Rocco, tenendo una condotta gravemente colposa costituita
dall’avere intrattenuto continui contatti telefonici con soggetti coinvolti in
gravi fenomeni di spaccio di stupefacenti e nell’avere utilizzato in tali
telefonate termini criptici da cui risultava l’intraneità del ricorrente in
traffici illeciti, avesse mantenuto un contegno che avvalorava le accuse
mosse nei suoi confronti ed abbia contribuito a determinare le condizioni
per l’adozione ed il mantenimento del provvedimento restrittivo.
2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite
del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità

Q

,

1.Con ordinanza in data 15 dicembre 2011 la corte di appello di Reggio
Calabria ha rigettato la domanda di riparazione dell’ ingiusta detenzione
avanzata da Barbaro Rocco in relazione alla custodia cautelare dal medesimo
subita, nella forma della detenzione in carcere, dal 9.5.2007 al 6.7.2007
perché indiziato del reato di cui all’art. 74 dPR 309/90 aggravato dall’art. 7

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Ai fini dell’accertamento del requisito soggettivo ostativo al riconoscimento
dell’indennizzo in questione, il giudice del merito, investito dell’istanza per
l’attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per
l’ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., ha il dovere di
verificare se la condotta tenuta dall’istante nel procedimento penale,
nel corso del quale si verifico’ la privazione della liberta’ personale,
quale risulta dagli atti, sia connotabile di dolo o di colpa grave. Il
giudice stesso deve, a tal fine, valutare se certi comportamenti riferibili alla
condotta cosciente e volontaria del soggetto, possano aver svolto un
ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autorità giudiziaria; cio’ che il
legislatore ha voluto, invero, e’ che non sia riconosciuto il diritto alla
riparazione a chi, pur ritenuto non colpevole nel processo penale, sia stato
arrestato e mantenuto in detenzione per aver tenuto una condotta tale da
legittimare il provvedimento dell’autorita’ inquirente (sez. IV 7.4.99 n.440,
Min. Tesoro in proc. Petrone Ced 197652). Le sezioni unite di questa Corte
(sentenza 13.12.1995 n.43, Sarnataro rv.203638) hanno poi ulteriormente
precisato che “Nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’
necessario distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del
processo penale, volta all’accertamento della sussistenza di un reato e della
sua commissione da parte dell’imputato, da quella propria del giudice della
riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso
materiale, deve seguire un “iter” logico-motivazionale del tutto autonomo,
perche’ e’ suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o
meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche
nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione” ed in
relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia liberta’ di
valutare il materiale acquisito nel processo, non gia’ per rivalutarlo, bensi’ al
fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura
civilistica), sia in senso positivo che del tutto evidente, rispondendo ad un
principio generale, che ), sia in senso positivo che negativo,
compresa
l’eventuale sussistenza di
una causa di esclusione del diritto alla
riparazione “.

3

della motivazione per aver escluso la riparazione per colpa grave dell’istante;
sarebbe contradditorio affermare che proprio il comportamento del Barbaro
ha contribuito a dar causa alla detenzione senza considerare che il medesimo
è stato identificato solo nel corso del giudizio svoltosi nel 2008 e che la
detenzione del Barbaro era stata disposta in quanto lo si riteneva soggetto
intraneo ad un sodalizio criminoso e non per reprimere occasionali ed
individuali episodi di cessione di sostanza stupefacente, peraltro ancora da
provare.
3. E’ stata depositata una memoria per il Ministero del’Economia con la quale
si sostiene la correttezza della decisione assunta dalla corte d’appello di
Reggio Calabria.

3.In conclusione, il ricorso non merita accoglimento e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione in
favore del Ministero del tesoro delle spese processuali, liquidate come al
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione in favore del Ministero resistente delle spese di questo
giudizio, che liquida in euro 750,00 .
Così deciso il 14.11.2013.

2. Nella specie, la motivazione resa dalla Corte di appello circa la sussistenza
nel comportamento del Barbaro di colpa grave, ostativa alla riparazione è
corretta. Lo stesso è risultato positivamente impegnato in attività collegate
al traffico di stupefacenti ed anzi era emersa la sussistenza di fatti
penalmente rilevanti tanto che gli atti erano stati trasmessi al pm perché
procedesse nei suoi confronti per i reati di cui agli artt. 81 cp e 73 dPR
309/90. E’ pertanto evidente la sussistenza di colpa grave collegata con
nesso causale alla detenzione subita per il reato ex art. 74 dPR 309/90,
atteso che i predetti comportamenti hanno giustificato, per la stretta
connessione tra reato associativo e singoli reati fine, la detenzione subita e
si rivelano sicuramente tali da costituire colpa grave ostativa alla riparazione,
a prescindere dalla intervenuta assoluzione dal reato . Né la riparazione può
essere giustificata sulla base della circostanza che l’ordinanza di custodia
cautelare è stata annullata per il dubbio sulla identificazione dell’indagato. A
prescindere dal fatto che tale annullamento, indubbiamente a favore
dell’indagato, è stato dal medesimo causato avendo il medesimo sollevato
dubbi, poi risultati infondati, sulla sua utilizzazione dell’utenza intercettata, si
tratta di una circostanza che non esclude che la detenzione in precedenza
subita abbia trovato causa proprio nel suo comportamento di
approvvigionamento e vendita di stupefacenti, con conseguente colpa grave
del medesimo tale da giustificare la detenzione.

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