Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35596 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35596 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BOLOGNA
nei confronti di:
MUHAMMAD YOUSAF N. IL 25/01/1988
avverso la sentenza n. 45/2012 GIUDICE DI PACE di IMOLA, del
14/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO
/4Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. f:
cd,„
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/07/2013

ritenuto in fatto

1.

Con sentenza del 14.6.2012 il giudice di pace di Imola, assolveva

MUHAMMAD Yousaf, imputato del reato di cui all’art. 10 bis d.lgs. 286/1998,
essendo stato colto sul nostro territorio, in Imola, il giorno 19.3.2012, privo del
documento legittimante la sua presenza o permanenza in Italia, perché il fatto non
è previsto dalla legge come reato, sul presupposto che essendo divenuta operante la

illegale nello stato; in sostanza veniva sottolineato che dovendo gli stati membri
favorire il rientro volontario, con metodi persuasivi, non potessero per converso
punire penalmente il semplice ingresso nel nostro paese.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
generale di Bologna, deducendo erronea applicazione

della legge penale,

contraddittorietà con al Direttiva 2008/115/CE. La materia in questione esulerebbe
dal campo di applicazione della direttiva europea, in quanto nessuna disposizione del
diritto comunitario preclude ai singoli stati membri di adottare misure di carattere
penale finalizzate a contrastare, segnatamente attraverso l’imposizione di mere
sanzioni

pecuniarie, il fenomeno

dell’immigrazione clandestina. Non sarebbe

corretto l’asserito contrasto ipotizzato con la direttiva menzionata, non potendosi
giungere ad un’interpretazione estensiva della pronuncia della Corte di giustizia
europea 28.4.2011, tale da porre nel nulla quanto disciplinato dalla norma in esame,
dovendo ostare solo la previsione di sanzione detentiva, in quanto una pena di
siffatto tipo recluderebbe la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva
che è la realizzazione di un’efficace politica di allontanamento.

Considerato in diritto.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto .
La norma che incrimina le condotte di ingresso e permanenza illegale nel
territorio dello Stato – art. 10-bis d.lgs. n. 286 del 1998 – ha di recente superato il
vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle leggi, con sentenza n. 250 del
2010, ha precisato che la norma non punisce una «condizione personale e sociale» quella, cioè, di straniero «clandestino» (o, più propriamente, «irregolare») – e non
criminalizza un «modo di essere» della persona. Essa, invece, punisce uno specifico
comportamento, costituito dal «fare ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello
Stato, in violazione delle disposizioni di legge.

direttiva europea 115/2008/CE, doveva intendersi venuto meno il reato di ingresso

Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva istantanea (il
varcare illegalmente i confini nazionali) ed una a carattere permanente di natura
omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale.
La condizione di “clandestinità” è, in questi termini, la conseguenza della
condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto e la
rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile nell’interesse
dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo un determinato
assetto normativo: si tratta di un bene “strumentale”, per mezzo della cui tutela si

ragioni non è stata una scelta arbitraria la predisposizione di una tutela penale di
siffatto interesse, che si atteggia a bene giuridico di “categoria”, capace di
accomunare buona parte delle norme incriminatrici presenti nel testo unico del 1998.
Sulla base di questo nucleo argomentativo la Corte costituzionale ha decretato la
compatibilità della norma di cui all’art. 10-bis d. Igs. n. 286 del 1998 con alcuni
principi della Carta fondamentale, specificamente e principalmente con quelli
desumibili dagli artt. 2 e 3. Per quel che poi attiene alla compatibilità con la
normativa sovranazionale, in particolare con la direttiva CE n. 115 del 2008, si è di
recente registrato l’intervento risolutivo della Corte di giustizia con la decisione del 6
dicembre 2012 sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art.
267 TFUE, dal Tribunale di Rovigo, nel procedimento penale a carico di Md Sagor. Ed
è appena il caso di ricordate che già questa Corte aveva statuito che «la fattispecie
contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d.lgs n. 286 del 1998, che punisce
l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non viola la c.d. direttiva
europea sui rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n. 115), non
comportando alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla direttiva predetta di
agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli stranieri
extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e non è in contrasto con l’art. 7,
par. 1 della medesima, che, nel porre un termine compreso tra i 7 e 30 giorni per la
partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da

accorda protezione a beni pubblici “finali”, di sicuro rilievo costituzionale. Per queste

irregolare a regolare la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato» – Sez.
1, n. 951 del 22/11/2011 (dep. 13/1/2012), Gueye, Rv. 251671 -.

Il giudice di pace quindi non poteva pronunciare sentenza di assoluzione in
relazione a condotta che è ancora prevista come reato.
La sentenza impugnata deve essere quindi annullata con rinvio per nuovo
giudizio al giudice di pace di Imola.
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p.q.m.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice di pace di
Imola.

Così deciso in Roma, addì 17 Luglio 2013.

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