Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35586 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35586 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
GENOVA
nei confronti di:
MOSTFA KAROUI N. IL 01/02/1971
avverso la sentenza n. 261/2009 GIUDICE DI PACE di LA SPEZIA,
del 19/01/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ti,Xi so
che ha concluso per 12, ( 0omk~e4o Cott

(9-k
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/07/2013

Ritenuto in fatto

Mostfa Karoui, imputato del reato di cui all’art. 10-bis d. Igs. n. 286 del 1998
in quanto, quale cittadino extracomunitario, aveva fatto ingresso o comunque si
era illegittimamente trattenuto sul territorio dello Stato italiano, alla data del 4
novembre 2009, è stato assolto dal Giudice di pace della Spezia dall’imputazione
ascrittagli, perché il fatto non sussiste.
Il giudicante, muovendo dal preliminare rilievo che nei confronti

comma 3, legge n. 40 del 1998; che i reati contestati apparivano aggravati ex
art. 61 n. 11 bis cod. pen., è pervenuto alla conclusione che, nel caso di specie,
poiché l’elemento costitutivo dell’aggravante (l’illegale presenza nel territorio
dello Stato) «costituirebbe reato autonomo» e poiché nel caso di specie «deve
applicarsi il reato aggravato», non sussistendo però, con riferimento allo
specifico illecito contestato, l’ipotesi aggravata, «l’imputato deve essere assolto».
Avverso tale sentenza, indicata in epigrafe, ha proposto ricorso il
Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova, deducendone
l’illegittimità per violazione di legge e vizio di motivazione, erronea e mancante.
Nel ricorso si segnala: (1) che non risulta che l’imputato sia stato
condannato per altri reati, con l’applicazione dell’aggravante ex art. 61 n. 11 bis
cod. pen.; (2) che non risulta che una una simile decisione sia passata in
giudicato; (3) che il Giudice di pace, non ha motivato sul punto; (4) che
l’aggravante di cui trattasi è stata dichiarata costituzionalmente illegittima e la
sua applicazione, produce l’annullamento della sentenza.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito esposti.
Preliminarmente va rilevato che la norma che incrimina le condotte di
ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato – art. 10-bis d. Igs. n.
286 del 1998 – ha di recente superato il vaglio di compatibilità costituzionale: il
Giudice delle leggi, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la norma non
punisce una «condizione personale e sociale» – quella, cioè, di straniero
«clandestino» (o, più propriamente, «irregolare») – e non criminalizza un «modo
di essere» della persona.
Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal «fare
ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle
disposizioni di legge.

dell’imputato si procedeva, separatamente, anche per il reato di cui all’art. 6,

Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva istantanea (il
varcare illegalmente i confini nazionali) e una a carattere permanente, di natura
omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale.
La condizione di “clandestinità” è, in questi termini, la conseguenza della
condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto,
e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile
nell’interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo
un determinato assetto normativo: si tratta di un bene “strumentale”, per mezzo

costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitraria la
predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene
giuridico di “categoria”, capace di accomunare buona parte delle norme
incriminatrici presenti nel testo unico del 1998.
Sulla base di questo nucleo argomentativo la Corte costituzionale ha
decretato la compatibilità della norma di cui all’art. 10-bis d. Igs. n. 286 del 1998
con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente e principalmente
con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3.
Per quel che poi attiene alla compatibilità con la normativa sovranazionale,
in particolare con la direttiva CE n. 115 del 2008, si è di recente registrato
l’intervento risolutivo della Corte di giustizia con la decisione del 6 dicembre
2012 sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art. 267
TFUE, dal Tribunale di Rovigo, nel procedimento penale a carico di Md Sagor. Ed
è appena il caso di ricordate che già questa Corte aveva statuito che «la
fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d. Igs n. 286 del 1998, che
punisce l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non viola la ed.
direttiva europea sui rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n.
115), non comportando alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla
direttiva predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale
degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e non è in
contrasto con l’art. 7, par. 1 della medesima, che, nel porre un termine compreso
tra i 7 e 30 giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per
questo trasforma da irregolare a regolare la permanenza dello straniero nel
territorio dello Stato» (Sez. 1, n. 951 del 22/11/2011 – dep. 13/01/2012, Gueye,
Rv. 251671).
Così ricostruito il quadro delle compatibilità con la normativa costituzionale e
con quella sovranazionale, questa Corte non può che rilevare l’illegittimità della
decisione impugnata, pervenuta all’assoluzione attraverso un percorso
motivazionale palesemente incongruo ed illogico, risultando esso
sostanzialmente incentrato, per quanto è dato comprendere, sull’astratta
considerazione che l’elemento costitutivo del reato, la illecita permanenza nel

della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici “finali” di sicuro rilievo

territorio dello Stato dello straniero extracomunitario, costituiva l’elemento
costitutivo di un’aggravante, quella ex art. 61 n. 11 cod. pen., non contestata,
però, all’imputato in quel procedimento e per altro dichiarata costituzionalmente
illegittima.
La sentenza impugnata va quindi annullata. Poiché il ricorso “per saltum” del
pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione emessa dal giudice di
pace è da considerare, dopo l’entrata in vigore della legge n. 46 del 2006 che ha
eliminato il potere del pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze

determinazioni conseguenti all’annullamento con rinvio, per l’impossibilità di
trasmissione degli atti “al giudice competente per l’appello”, secondo la
disposizione dell’art. 569, comma quarto, cod. proc. pen., il giudice del rinvio va
individuato nel giudice del medesimo grado di quello della sentenza impugnata, e
quindi nel giudice di pace territorialmente competente (Sez. 4, n. 24382 del
28/04/2006 – dep. 14/07/2006, P.M. in proc. Campagnutta, Rv. 234489).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace
della Spezia.

Così deciso, in Roma, il 17 luglio 2013.

di proscioglimento, come un ordinario ricorso per cassazione, ai fini delle

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