Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35585 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35585 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

Data Udienza: 04/07/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TALLARIDA PIETRO N. IL 04/06/1972
ZITO GIUSEPPE N. IL 24/05/1983
avverso la sentenza n. 613/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 18/10/2011

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visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Ck.yrale i sersona del Dott.
che ha concluso per
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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 18/10/2011,
riduceva la pena inflitta a Tallarida Pietro dalla sentenza del G.U.P. del Tribunale
di Palmi ad anni tre di reclusione e confermava nel resto la predetta sentenza,
anche nella condanna di Zito Giuseppe.
Tallarida Pietro e Zito Giuseppe sono imputati dei delitti di cui agli artt. 81,
110 cod. pen. e 2, 4 e 7 legge 895 del 1967 per la detenzione e porto in luogo

cartucce, dell’art. 23 commi 3 e 4 della stessa legge, tale arma avendo la
matricola abrasa e dell’art. 648 cod. pen. per la ricettazione della stessa pistola.
Zito era stato assolto in primo grado, in relazione ai primi due reati, dalla
condotta di porto in luogo pubblico dell’arma e condannato per la detenzione,
oltre agli altri reati, riuniti per continuazione, alla pena di anni due di reclusione
ed euro 2.000 di multa; Tallarida era stato ritenuto colpevole di tutti i reati
contestati, riuniti per continuazione, e condannato a pena, come si è detto
ridotta in appello.

I due imputati erano stati notati dai Carabinieri di Taurianova nei pressi di
un’autovettura; i militari avevano deciso di bloccarli per procedere ad una
perquisizione mentre stavano cercando di allontanarsi sul mezzo, alla guida lo
Zito e sul sedile anteriore destro il Tallarida; su quest’ultimo sedile veniva
rinvenuta l’arma; una cartuccia era già contenuta nella camera a scoppio.
Entrambi gli imputati rendevano diverse versioni, nell’ultima delle quali
Tallarida ammetteva la sua piena responsabilità e Zito ammetteva di avere
saputo che Tallarida aveva con sé la pistola. Il Tribunale ne aveva fatto
discendere la responsabilità di Zito per la codetenzione dell’arma clandestina,
avendo egli accompagnato il cugino che materialmente teneva con sé la pistola
ben visibile; al contrario, secondo il Giudice di primo grado, sussistevano dubbi
che Zito avesse anche curato il porto dell’arma, tenuto conto che Tallarida si era
addossato la responsabilità di averla custodita in un casolare e di averla spostata
in conseguenza di restauri all’edificio.
La Corte confermava la responsabilità di Zito per i reati di detenzione di
arma clandestina e ricettazione, per i quali il P.G. aveva chiesto l’assoluzione
dell’imputato per la mancanza dell’elemento soggettivo: il dolo, secondo la Corte
territoriale, investe tutti gli elementi del fatto nella sua globalità e Zito aveva
concorso consapevolmente e volutamente nella detenzione di quella determinata
pistola, con le sue caratteristiche peculiari, tra cui l’abrasione della matricola; la
Corte riteneva attendibile la versione dell’imputato secondo cui egli aveva visto

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pubblico di una pistola marca Beretta cal. 6,35 completa di serbatoio e sette

la pistola nella cintura dei pantaloni del Tallarida, quindi in luogo ben visibile.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Zito Giuseppe, deducendo violazione
di legge penale e processuale e vizio di motivazione.
Il ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati di cui
ai capi B e C in mancanza di prova della consapevolezza da parte dello Zito
dell’avvenuta alterazione dei segni identificativi dell’arma e, quindi, della stessa
illecita provenienza. Il Giudice avrebbe dovuto accertare se Zito, pur in assenza

presenza dell’arma, ma anche le tracce dell’opera che l’aveva resa clandestina
(cioè l’abrasione della matricola). L’imputato era stato assolto dalla condotta di
porto dell’arma proprio in quanto non era stato provato che avesse partecipato
alla fase pregressa ed era stato dichiarato colpevole per la detenzione, essendosi
egli offerto di guidare il mezzo a bordo del quale il Tallarida era salito,
consapevole della detenzione della pistola; ma la Corte aveva omesso di
motivare sulla sussistenza dell’elemento psicologico degli altri reati.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

3. Ricorre per cassazione Tallarida Pietro con dichiarazioni resa ai sensi
dell’art. 123 cod. proc. pen., riservandosi di presentare i motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di Zito Giuseppe è fondato.

La motivazione della sentenza impugnata è sostanzialmente apparente sulla
questione della consapevolezza da parte dell’imputato della avvenuta abrasione
della matricola della pistola che Tallarida teneva con sé; le affermazioni secondo
cui “il dolo investe tutti gli elementi del fatto nella sua globalità” e che “Zito ha
concorso consapevolmente e volutamente nella detenzione di quella determinata
pistola, con le sue caratteristiche peculiari, tra cui la clandestinità, derivante
dall’abrasione della matricola” sono astratte e sembrano eludere la domanda
posta dall’appellante: se cioè vi fosse prova che Zito si era accorto od era
comunque a conoscenza che la matricola della pistola era abrasa.

Tenuto conto che già il Giudice di primo grado aveva assolto Zito dalla
condotta di porto dell’arma, accreditando la versione secondo cui l’imputato
aveva saputo che il cugino aveva con sé l’arma solo poco prima del controllo dei
carabinieri e aveva cercato di aiutarlo allontanandosi con la propria autovettura,

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di un diretto rapporto fisico con l’oggetto, avesse potuto percepire non solo la

l’affermazione di responsabilità per i reati sub B e C (il secondo dei quali
consegue al primo) è possibile solo se sussiste la certezza, al di là di ogni
ragionevole dubbio, che l’imputato conoscesse la caratteristica che rendeva
l’arma clandestina, vale a dire l’abrasione della matricola.

Si tratta di accertamento di fatto, spettante quindi al Giudice di merito che,
in sede di rinvio, dovrà valutare concretamente tale questione, sulla base della
dinamica dell’episodio che aveva portato all’arresto dei due imputati e,

La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio, con
riguardo a Zito Giuseppe e ai soli due reati per i quali è stato presentato ricorso.

2. Il ricorso di Tallarida Pietro è inammissibile in quanto privo di motivi (artt.
581 e 591 cod. proc. pen.).

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta, di euro 500,00 (cinquecento) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Zito Giuseppe limitatamente
ai reati sub BeCe rinvia per nuovo giudizio sui capi ad altra Sezione della Corte
d’appello di Reggio Calabria.
Dichiara inammissibile il ricorso di Tallarida Pietro che condanna al
pagamento delle spese processuali e di euro 500 alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 4 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

eventualmente, di altri elementi di fatto.

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