Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35584 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35584 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
NAPOLI
nei confronti di:
BRUNO ANGELO N. IL 03/02/1984
avverso la sentenza n. 6551/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Gq,nerale in persona del Dott. Re-flèt.
che ha concluso per
(“1”.•■(,
114/N

0

Udito, per la p

civile, l’Avv

Uditi dif sor Avv.

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza pronunciata dal
G.U.P. del Tribunale di Napoli, assolveva Castaldo Enrico dal reato di estorsione
aggravata ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991, contestata come commessa in
concorso con Bruno Angelo e Martorano Giuseppe (quest’ultimo già assolto in
primo grado) per non aver commesso il fatto; riteneva, quanto a Bruno Angelo, il
reato soltanto tentato e riduceva la pena ad anni tre e mesi otto di reclusione ed
euro 800,00 di multa.

Massimo la consegna di somme di denaro, con minaccia, anche implicita, contro
l’incolumità personale e l’integrità dei beni della sua attività commerciale e di
averlo costretto a consegnare una somma di denaro di euro 100,00; con
l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione
del clan camorristico Ascione/Papale. Bruno Angelo era stato arrestato da due
carabinieri, che si fingevano dipendenti del negozio, immediatamente dopo che
Vigorito gli aveva consegnato la banconota da euro 100,00, che gli era stata
immediatamente restituita.
Secondo la Corte territoriale, il reato doveva considerarsi era solo tentato,
tenuto conto che la consegna della somma di danaro era avvenuta sotto la
costante e diretta vigilanza degli agenti operanti, cosicché l’imputato non era mai
entrato nell’effettiva e autonoma disponibilità del corpo di reato.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte d’appello di Napoli avverso la decisione adottata nei confronti di Bruno
Angelo, deducendo l’erronea applicazione della legge penale.
Il reato deve ritenersi consumato anche quando viene predisposto
l’intervento della polizia che provveda all’arresto dell’estorsore e alla restituzione
del bene all’avente diritto: in effetti, il soggetto era entrato in possesso della res
oggetto di estorsione, sia pure momentaneamente.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

La pronuncia della Corte territoriale fonda la distinzione tra la fattispecie
tentata e quella consumata dal delitto di estorsione sull’impossessamento del

2

Agli imputati è contestato di avere intimato in più occasioni a Vigorito

denaro da parte dell’agente: ritiene, quindi, che, non avendo l’agente mai
raggiunto la autonoma disponibilità della somma estorta, il reato debba
considerarsi soltanto tentato.

Questa Corte ha, al contrario, ripetutamente affermato che il delitto di
estorsione deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa
estorta venga consegnata dal soggetto passivo all’estorsore, e ciò anche nelle
ipotesi in cui sia predisposto l’intervento della polizia giudiziaria che provveda

(Sez. 2, n. 1619 del 12/12/2012 – dep. 14/01/2013, Russo, Rv. 254450; Sez. 2,
n. 27601 del 19/06/2009 – dep. 06/07/2009, Gandolfi e altro, Rv. 244671; Sez.
U, n. 19 del 27/10/1999 – dep. 14/12/1999, PM in proc. Campanella, Rv.
214642).

Il nucleo lesivo dell’estorsione è costituito dal comportamento coatto della
vittima e il profitto, collegato al comportamento coatto, al facere o al pati, di tale
comportamento segna l’evento. E, quindi, come per la sussistenza del profitto
non si richiede l’utilizzazione del bene estorto secondo gli intendimenti del
colpevole, così non si può esigere che il profitto sia mediato
dall’impossessamento inteso come disponibilità autonoma, estremo questo che
non solo non è contemplato dalla legge, ma la cui introduzione viola la tassatività
della fattispecie perché determina restrizioni di operatività non desumibili dalla
sua struttura e che, quindi, ne possono renderne arbitraria la applicazione.
Peraltro, non a caso, nell’ipotesi delittuosa di confine, la rapina propria,
compare l’impossessamento: in questa, non nell’estorsione, la violenza alla
persona media il diretto impossessamento della cosa mobile altrui, laddove nella
estorsione è la volontà che, piegata, media il profitto, che non può essere esteso
all’impossessamento senza acquisire singolarmente note che sono proprie della
rapina, per ridurre così la distinzione tra questi due delitti al tipo di coazione, se
relativa vi è estorsione, se assoluta rapina. E ciò sembra irragionevole, se non
altro perché, di fronte ad un eguale risultato, l’impossessamento, il trattamento
punitivo più severo verrebbe riservato al delitto in cui la forma di coazione è
meno grave, l’estorsione appunto.

La sentenza deve, quindi, essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di
Napoli.

3

immediatamente all’arresto del reo ed alla restituzione del bene all’avente diritto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Bruno Angelo limitatamente
alla qualificazione del fatto e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte d’appello di Napoli.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso il 4 luglio 2013

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