Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35570 del 18/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35570 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SURACE MATTEO N. IL 18/08/1953
avverso la sentenza n. 6598/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA
del Dott.
Udito il Procuratore Qner. – i per
che ha concluso per \

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/06/2013

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa il 23 giugno 2011 dal
Tribunale di quella stessa città, di condanna di Matteo Surace alla pena di mesi cinque di
reclusione ed C 6000,00 di multa per il reato di favoreggiamento della permanenza illegale sul
territorio dello Stato di cittadini extracomunitari con il permesso di soggiorno in prossima
scadenza o, addirittura, già scaduto, reato accertato in Milano il 20 maggio 2009.
La Corte di appello ha precisato che il reato fu commesso mediante la sublocazione a

abitazione che poi era utilizzata come rifugio di cittadini extracomunitari irregolari, con la
presenza anche di minori.
Il Surace aveva agito nella piena consapevolezza dell’utilizzo illecito dell’immobile,
omettendo ogni controllo e accettando quindi l’eventualità dell’uso illecito. Egli trasse
certamente un utile economico dalla sublocazione, e ciò indipendentemente dal margine di
profitto, esiguo o cospicuo, che da essa ricavava.
Se l’immobile fosse stato locabile a quelle condizioni economiche, il Surace non lo
avrebbe sublocato con le inusuali modalità consistite nel non assumere alcuna referenza e nel
non farsi dare alcuna garanzia da cittadini extracomunitari con il permesso di soggiorno in
scadenza o, in un caso, già scaduto.
Il Surace ha quindi agito con il dolo specifico consistente nella finalità di trarre profitto
dalla vicenda locativa come in concreto realizzatasi, mediante alloggiamento all’interno
dell’appartamento di molteplici cittadini extracomunicatri irregolarmente presenti sul territorio
nazionale, a condizioni onerose e non corrispondenti a quelle dei canoni di mercato di analoghi
alloggi, approfittando della condizione di illegalità degli stranieri.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Bolognesi,
Matteo Surace, deducendo:
– violazione di legge e difetto di motivazione perché già dalla contestazione del fatto
non emerge il requisito essenziale all’integrazione della fattispecie costituito dal
perseguimento di un ingiusto profitto, e cioè di un vantaggio economico da
realizzarsi per mezzo di condizioni negoziali particolarmente onerose ed esorbitanti il
rapporto sinallagmatico. I canoni mensili delle locazioni erano costituiti da cifre,
magari non esigue, ma certo non rispecchianti le condizioni particolarmente onerose
richieste per l’integrazione della fattispecie. Peraltro, i canoni di sublocazione
concordati erano di poco superiori alle somme che il ricorrente doveva versare quale
conduttore principale degli immobili, e le eccedenze erano il naturale e minimo
provento delle attività di sublocazione, senza quindi l’apposizione di alcuna
condizione particolarmente onerosa ed esorbitante il rapporto sinallagmatico. La
sentenza è incorsa in errore affermando che quel che rileva è che il Surace abbia
tratto un utile economico dalla sublocazione, e ciò indipendentemente dal margine di
profitto, esiguo o cospicuo, che da essa ricavava.
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cittadini extracomunitari di un’abitazione con canone di locazione mensile consistente,

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.
L’integrazione del reato necessita dell’elemento soggettivo del dolo specifico, come
reiteratamente evidenziato da questa Corte, e cioè della sussistenza in capo all’agente del fine
di trarre un profitto ingiusto. In questo senso questa Corte ha già affermato che «ai fini della
configurazione del reato di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di
immigrati clandestini …, nell’ipotesi di rapporto contrattuale instaurato con essi, occorre

trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero clandestino» – Sez. 1, n.
46066 del 16/10/2003 (dep. 28/11/2003), Capriotti, Rv. 226476 -. E non è da trascurare che
il principio è stato pronunciato in un caso di concessione in locazione a immigrato clandestino
di locali ad uso di abitazione, ove però non era stato accertato se dalla stipula del contratto il
locatore avesse inteso trarre indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero con
l’imposizione di condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto sinallagmatico.
Ancora, e in conformità, si è pure detto che ai fini della configurazione del reato di
favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini …, non è
sufficiente che l’agente abbia favorito la permanenza nel territorio dello Stato di immigrati
clandestini mettendo a loro disposizione unità abitative in locazione, ma è necessario che
ricorra il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di illegalità
dei cittadini stranieri, che si realizza quando l’agente, approfittando di tale stato, imponga
condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti dal rapporto sinallagmatico – Sez. 1, n.
46070 del 23/10/2003 (dep. 28/11/2003), P.G.in proc.Scarselli, Rv. 226477 -.
E più di recente si è ribadito che l’elemento soggettivo richiesto per la configurazione
del reato … è il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di
illegalità dei cittadini stranieri, situazione questa che si realizza quando l’agente, approfittando
di tale stato, imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti dal rapporto
contrattuale – Sez. 1, n. 5093 del 17/1/2012 (dep. 9/2/2012), Abdalah e altri, Rv. 251855 -.
La sentenza impugnata, nell’affermare che il ricorrente traeva certamente un utile
economico dalla vicenda della sublocazione, e ciò a prescindere dal margine di profitto – esiguo
o cospicuo – non si è misurata adeguatamente con il richiamato principio di diritto, perché non
ha approfondito un profilo di fatto di sicuro rilievo, quello relativo all’entità del profitto e quindi
alla descrivibilità dello stesso in termini di ingiustizia.
Non ha, in buona sostanza, provveduto a dare conto se il ricorrente abbia profittato
della situazione di illegalità dei cittadini extracomunitari con l’imposizione, appunto, di
condizioni contrattuali onerose ed esorbitanti.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, in modo che il
giudice possa rinnovare il giudizio per l’approfondimento di un profilo essenziale nella
ricostruzione del fatto contestato.

P.Q.M.
3

accertare la sussistenza, in capo all’agente, del dolo specifico, consistente nella finalità di

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di
appello di Milano.

Così deciso, il 18 giugno 2013.

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