Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3557 del 31/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3557 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PESCINO ANDREA N. IL 06/03/1947
avverso la sentenza n. 3408/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
05/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. Z—-

Data Udienza: 31/10/2014

Il Sostituto Procuratore Generale, dott. Massimo Galli, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 5 dicembre 2013, la Corte d’appello di Genova, in
parziale riforma della decisione di primo grado, ha eliminato la pena di C 200,00
di multa inflitta dal Tribunale di Genova ad Andrea Pescino, e, per altro verso, ha

cui agli artt. 81, 594, commi secondo e terzo, 596 bis, cod. pen., 13 I. n. 47 del
1948 (capo a), e di cui all’art. 16, comma secondo, I. n. 47 del 1948 (capo b).
In particolare, al Pescino è contestato: A) di avere offeso la reputazione di
Ezio Arnaldo Capurro e di Luisa Gallo, mediante lo stampato elettorale intitolato
Notizie Elettorali Rapallo, con frasi del seguente tenore: “il candidato sindaco
Capurro … ha dimostrato che è solo capace di mettere in fila, estorcere,
minacciare, ecc. in poche parole è un duro!!! Conoscendo bene la sua vita
privata, si ha però un’impressione opposta: non è in grado di impedire alla
Terrile (sua madre) di inquinare l’ambiente con le sue (della madre) aziende
chimiche! Non è in grado di impedire alla Bozzo (sorella) di esercitare attività in
forte conflitto con la sua attività di sindaco! Non è in grado di impedire alla
Moramarco (sua moglie) di costruire falsi sondaggi con le risorse dell’università!
Non è in grado di impedire alla Gallo (sua amica) di compiere azioni a danno
delle cose comunali, quindi dei cittadini! Non è in grado di impedire alla Elena
(sua figlia) di compiere speculazioni immobiliari nel comune dove lui è sindaco!
Che amministratore può mai essere uno che non governa la madre, la sorella, la
moglie, l’amica, la figlia, che, si badi bene, tutte commettono atti illegali a danno
della sua immagine??”; B) di avere pubblicato stampati privi del nome e del
domicilio dello stampatore e dell’editore.
2. Nell’interesse del Pescino è stato proposto ricorso per cassazione, affidato
ai seguenti motivi.
2.1. Col primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, ribadendo: a) che le
affermazioni dell’imputato sono scriminate dall’esercizio del diritto di critica
politica, che può caratterizzarsi per l’impiego di espressioni aspre e pungenti; b)
che il Pescino aveva qualificato la Gallo come amica del Capurro, solo per
sottolineare l’intesa politica fra i due.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la
Corte territoriale trascurato di considerare che il riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche equivalenti avrebbe dovuto comportare, in relazione al
ritenuto delitto di diffamazione, l’applicazione della sanzione prevista per il reato
2

confermato l’affermazione di responsabilità dell’imputato, in relazione ai reati di

nella forma semplice, di competenza del giudice di pace.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, non sussiste
l’esimente dell’esercizio del diritto di critica politica qualora l’espressione usata
consista non già in un dissenso motivato espresso in termini misurati e

intellettuale dell’avversario (Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010 – dep. 07/03/2011,
Morelli, Rv. 250218).
Nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione che non esibisce
alcuna manifesta illogicità, ha sottolineato il carattere generico delle affermazioni
contenute nel volantino, che attribuivano al Capurro di vivere in un clima di
diffusa illegalità, peraltro, senza riuscire a controllare l’operato delle donne che lo
circondavano e il malizioso riferimento ad una relazione extraconiugale del primo
con la Gallo, anch’ella genericamente accusata di azioni in danno delle cose
(rectius: casse comunali), prescindendo persino dalla considerazione dell’assenza
di poteri decisionali in capo al segretario comunale (quale la Gallo era).
Le critiche del ricorrente, quanto al significato del termine “amica” appaiono,
infine, del tutto prive di specificità rispetto al percorso argomentativo della Corte
territoriale, dal momento che prospettano una diversa lettura, omettendo di
confrontarsi con il contesto, tutto familiare, in cui il riferimento alla Gallo si
inserisce, oltre il fatto che al termine della frase riportata nel capo di
imputazione, la donna non è qualificata come “un’amica”, ma come “l’amica del
Capurro”.
2. Anche il secondo motivo è infondato.
La pena è infatti stata determinata in conformità dell’orientamento di questa
Corte, che il Collegio intende riaffermare, secondo cui il trattamento
sanzionatorio più lieve previsto dall’art. 52, lett. b), D. Lgs. n. 274 del 2000
(disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace) non si applica ai reati
che per effetto della contestazione di aggravanti (ad. es. lesioni volontarie,
danneggiamento) non appartengono alla competenza del giudice di pace,
condizione necessaria per l’applicabilità delle sanzioni previste per i reati rimessi
alla cognizione di quest’ultimo, anche allorchè le aggravanti vengano
neutralizzate per effetto del riconoscimento di attenuanti (Sez. 5, n. 46133 del
26/11/2008, Gallozza, Rv. 242000; Sez. 2, n. 47205 del 16/11/2004, Maggiore
Cascino, Rv. 231091; Sez. 5, n. 22830 del 15/04/2004, Manocchio, Rv. 228825).
3. In conclusione il ricorso dell’imputato va rigettato.
3

necessari, bensì in un attacco personale lesivo della dignità morale ed

3.1 Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2014

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