Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3557 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3557 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
SGARBI VITTORIO N. IL 08/05/1952
avverso la sentenza n. 9140/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di FIRENZE, del 26/09/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO DUBOL O;
lotte/sentite le conclusioni del PG Dott.

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7 –

Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 04/12/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che i ricorsi, con particolare riguardo a quello proposto dalla procura generale
della Repubblica, appaiono meritevoli di accoglimento, atteso che, a fronte del chiaro
ed inequivoco riferimento delle espressioni in questione (di cui non si nega,
nell’impugnata sentenza, l’oggettiva idoneità a costituire indebita lesione dell’altrui
reputazione), al soggetto che aveva progettato il criticato arredo urbano, il fatto che il
medesimo non fosse nominativamente indicato né immediatamente individuabile
dalla generalità di coloro a conoscenza dei quali le suddette espressioni erano
destinate a giungere non può, all’evidenza, incidere sulla riconoscibilità del diritto di
querela in capo a chi, essendo effettivamente stato il progettista dell’opera (sul che,
nell’impugnata sentenza, non si prospetta alcuna specifica ragione di dubbio), ben a
ragione poteva sentirsi diffamato, se non altro nell’ambito del pur ipoteticamente
ristretto numero delle persone che di detta sua qualità erano a conoscenza ed alle
quali facilmente (come a tutti) il messaggio lanciato dall’imputato poteva pervenire;

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza il giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Firenze dichiarò non luogo a procedere, con la formula “il fatto non sussiste”, nei
confronti di SGARBI Vittorio, imputato di diffamazione aggravata in danno di
Barabesi Maurizio, progettista dell’arredo urbano di una piazza della città di Firenze,
per avere, secondo l’accusa, leso la reputazione del medesimo con dichiarazioni
destinate ad essere diffuse da organi di stampa ed altri mezzi di comunicazione,
qualificandolo, in particolare, come “criminale” ed affermando che la pavimentazione
della piazza era “immonda” e che nella piazza erano state poste “delle panchine di
merda” le quali avrebbero dovuto “essere messe una per una nel c. .del progettista”;
– che, a sostegno della propria decisione, il giudice pose essenzialmente la
considerazione che le suddette affermazioni, pur da ritenersi in sé e per sé offensive,
non apparivano tuttavia dirette in modo in equivoco alla persona del querelante, non
essendo questi nominativamente indicato né apparendo individuabile dal contesto
delle dichiarazioni in questione, trattandosi di soggetto non noto alla generalità dei
consociati;
– che avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la locale
procura generale della Repubblica, sostenendo, in sintesi é’nell’essenziale, che, atteso
il riferimento chiaro ed esplicito, da parte dell’imputato, al “progettista”, qualificato
come “criminale”, il fatto che il medesimo non fosse nominativamente indicato né
noto al grande pubblico non avrebbe impedito la sua identificabilità e, quindi, la sua
legittimazione a proporre querela, quale persona offesa del reato di diffamazione;
– che avverso la medesima sentenza ha proposto appello, poi riqualificato come
ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, c.p.p., anche la procura della
Repubblica presso il tribunale, denunciando, per ragioni sostanzialmente analoghe a
quelle sopraindicate, ancorché espresse in modo assai sommario, erronea
applicazione della legge penale;
– che la difesa dell’imputato ha fatto pervenire memoria con la quale chiede che il
ricorso sia rigettato o dichiarato inammissibile;

P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al tribunale di
Firenze.
Così dec o le Re a il 4 dicembre 2013.
: 5• ,

rilievo, questo, che non implica affatto (come invece si paventa nella memoria
dell’imputato”), una “diversa lettura”, inammissibile in questa sede, “del materiale
probatorio in senso favorevole alle attese dei ricorrenti”, trattandosi invece di quella
che, ad avviso del collegio, appare una vera e propria incongruenza, suscettibile,
come tale, di censura da parte del giudice di legittimità, nell’ “iter” logico — giuridico
seguito dal giudice di merito per giungere alla decisione impugnata;
– che, pertanto, non può che darsi luogo ad annullamento dell’impugnata sentenza
con rinvio, per nuovo esame, al tribunale di Firenze, ufficio G.I.P., il quale, in
assoluta libertà di valutazione degli elementi di fatti acquisiti o che venissero, in
prosieguo, acquisiti, dovrà tuttavia aver cura, ove ritenga di confermare la precedente
decisione, di sostenerla con adeguata, diversa motivazione;

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