Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35569 del 24/06/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35569 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NDIAYE MOUSTAPHA N. IL 10/05/1979
avverso la sentenza n. 2099/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
19/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
Data Udienza: 24/06/2014
R.G. 4941/2013
Considerato che:
Ndiaye Moustapha ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Salerno del 19/4/2013, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Salerno
sez. dist. di Montecorvino Rovella in data 21/2/2008, previa dichiarazione di
non doversi procedere per i reati di cui ai capi a) e b), perché estinti per
reclusione ed € 100,00 di multa, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la carenza e l’illogicità della
motivazione con riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato ed
in particolare all’elemento psicologico, con riferimento alla commissione del reato
da parte dell’imputato .
Quanto al primo motivo di ricorso proposto, la Corte territoriale, nel
confermare la sentenza di primo grado, si è adeguata al costante orientamento
della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita
del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza
si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di
modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove
indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura
intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza
illecita di quanto ricevuto. E ciò appare in linea con quanto più volte affermato da
questa Corte laddove si è ritenuto che la conoscenza della provenienza delittuosa
della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche
dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della
provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non attendibile
– indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente
rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto
in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n.
29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265).
Nella sentenza impugnata anche con riferimento a quanto dedotto nel
secondo motivo proposto, l’assenza di qualsiasi dichiarazione proveniente
dall’imputato in ordine alla duplicazione dei supporti nonché la mancata
disponibilità da parte dello stesso delle relative attrezzature si pone come
argomento di merito che fa ritenere infondata la prospettazione difensiva svolta
nei motivi di appello.
prescrizione, rideterminava la pena per il delitto di cui al capo c) in mesi due di
q
Le considerazioni sopra imposte impongono di dichiarare inammissibile il
ricorso proposto. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.
P.Q.M.
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 24 giugno 2014
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle