Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35562 del 24/06/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35562 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SPINELLI ALVARO N. IL 06/01/1980
avverso la sentenza n. 1253/2006 CORTE APPELLO di ANCONA, del
24/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
Data Udienza: 24/06/2014
R.G. 40799/2013
Considerato che:
Spinelli Alvaro ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona
del 24/5/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Ancona del
14/10/2004, con la quale era stato condannato alla pena di anni due di
reclusione ed C 400,00 di multa per il reato di cui all’art. 628 cod. pen.,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.
manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla mancata derubricazione
del reato di rapina impropria in quello di rapina nonché con riguardo alla
testimonianza del socio della persona offesa.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine al fatto ascrittogli, del quale è stato ravvisato, in linea con la costante
giurisprudenza di questa Corte e prendendo in considerazione le doglianze mosse
con l’atto di appello, l’elemento materiale e quello psicologico del delitto di
rapina. Quanto al secondo motivo, nella sentenza impugnata si dà atto che il
teste ha riferito quanto appreso dalla persona offesa.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.
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proc. pen.; deduce l’erronea applicazione della legge penale e la mancanza e
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 24 giugno 2014
Il P sidente
Il Csialiere estensore