Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35542 del 24/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35542 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGRELLI EMANUELE N. IL 03/01/1972
avverso la sentenza n. 8390/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
29/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/06/2014

R.G. 40588/2013
Considerato che:
Magrelli Emanuele ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Roma del 29/3/2012, che, in parziale riforma della sentenza del giudice per
l’udienza preliminare del Tribunale di Roma del 14/11/2008, concesse le
attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, riduceva la pena inflittagli ad anni
uno e mesi sei di reclusione ed € 600,00 di multa per i reati a lui di ricettazione a
lui ascritti ai capi a) e c). , chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,

motivazione in ordine alla riconducibilità al ricorrente delle due ricettazioni
nonché in ordine denegata ipotesi di derubricazione della ricettazione di cui al
capo a) nel reato di cui all’art. 647 cod. pen. e la violazione di legge con
riferimento al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 648 cpv. cod.
pen. ovvero della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Rileva il Collegio che nella sentenza impugnata risultano affrontate in
modo esaustivo tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già
state proposte in appello. Deve, infatti, a questo riguardo rilevarsi che nel ricorso
per cassazione contro la sentenza di appello non possono essere riproposte
questioni che avevano formato oggetto dei motivi di appello sui quali la Corte
si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne
deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per
cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a
norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. pen.
Segnatamente, quanto al primo motivo, nel ricorso viene prospettata una
valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente rispetto a quella
accolta nella sentenza di primo grado e confermata dalla sentenza di appello. In
sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità dell’imputato in ordine ai fatti ascrittigli.
Quanto alla qualificazione giuridica del fatto, di cui al secondo motivo, la
Corte territoriale, ha evidenziato, sulla base di circostanze di fatto non
censurabili in questa sede, che il ricorrente, unitamente al coimputato
Intreccialagli, aveva ricevuto la borsa della persona offesa a scopo di profitto
subito dopo la rapina e ne stava verificando il contenuto.

comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la manifesta illogicità della

Con riferimento poi al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art.
648 cpv. cod. pen., le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano, poi,
viziate da illogicità manifesta e forniscono esaustiva motivazione in ordine al
diniego dell’attenuante in argomento, facendosi correttamente riferimento ad
una valutazione complessiva del fatto reato effettuata attraverso un contestuale
apprezzamento di tutti quegli elementi che rientrano nella fattispecie delittuosa,
quali la reiterazione delle condotte e la personalità dell’imputato già gravato da
vari precedenti penali non il valore presumibile della motocicletta; le medesime

cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, va dichiarata inammissibile
l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 24 giugno 2014

circostanze hanno, legittimamente, impedito il riconoscimento dell’attenuante di

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