Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35538 del 24/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35538 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FOTI ANTONINO N. IL 12/09/1971
avverso la sentenza n. 490/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
08/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/06/2014

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R.G. 40665/2013

Considerato che:
Foti Antonino ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina
del 8/4/2013, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina del
10/12/2010, rideterminava la pena per i reati ascritti in anni tre e mesi sei di
reclusione ed C 600,00 di multa, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art.
606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce l’illogicità della motivazione

vizio totale di mente. nonché con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto
da inquadrarsi nell’ambito dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed al
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche di cui all’art. 62 nn. 4 e 6
cod. pen..
Nel ricorso, quanto al primo motivo, viene prospettata una valutazione
delle prove diversa e più favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella
sentenza di primo grado e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si
ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito
preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da
vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non
emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece,
l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del quale si è
pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento alla
responsabilità dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli ed in particolare
all’imputabilità dello stesso; in tal senso si è fatto riferimento a puntuali
risultanze probatorie derivanti dalle valutazioni del perito in base alle quali era
stata, ragionevolmente, esclusa un’incapacità d’intendere e di volere
dell’imputato al momento dei fatti. Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame
da parte della Corte di legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv.
216260; Sez.. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074). Ed anche con
riguardo alla questione dedotta con il secondo motivo è stata esclusa, sulla base
di valutazione di fatto non censurabile in questa sede, la possibilità di inquadrare
i fatti contestati nell’ambito del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
essendo risultato che l’imputato, dopo avere esaurito le proprie risorse, ricorreva
a condotte di violenza e minaccia nei confronti dei propri familiari per conseguire
ulteriori disponibilità economiche
Quanto al trattamento sanzionatorio, il giudice di appello ha ritenuto di
non potere concedere le attenuanti invocate, stante la reiterazione delle richieste
e l’assenza di prova circa l’avvenuto risarcimento del danno prima del g i udizio ed

e l’erronea applicazione della legge con riguardo al mancato riconoscimento del

anche in questo caso trattasi di valutazioni in fatto congruamente motivate e,
quindi, incensurabili in questa sede.
Per le considerazioni sopra svolte, va dichiarata inammissibile
l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1000,00.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 24 giugno 2014

Il Cs jtiliere estensore

Il Pre idente

P.Q.M.

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