Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3553 del 22/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 3553 Anno 2015
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALARI CORRADO CESARE N. IL 21/09/1942
avverso la sentenza n. 641/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Av
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 22/10/2014

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Mario Pinelli, conclude chiedendo
l’inammissibilità del ricorso
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Giovanni Oglialoro, il quale chiede l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

emessa dalla Corte d’Appello di Milano, in data 8 maggio 2013, di conferma della
decisione con la quale il Tribunale di Monza, in data 25 giugno 2012, aveva dichiarato
Valari Corrado Cesare, nella qualità di legale rappresentante della omonima impresa,
fino alla data di fallimento, intervenuto il 10 ottobre 2007, colpevole del reato di
bancarotta fraudolenta per distrazione e preferenziale (capo 1) limitatamente, quanto
alla bancarotta preferenziale, all’importo di euro 138.583,99 e, concesse le circostanze
attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, lo
aveva condannato alla pena di anni 2 di reclusione, con la sospensione condizionale.
Con la medesima sentenza l’imputato era stato assolto dall’imputazione di cui al capo 3)
relativa al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di azienda, perché il fatto
non sussiste e, nei suoi confronti, era stato dichiarato non doversi procedere in ordine
alla reato di truffa (capo 4), così derubricata l’imputazione originaria di ricorso abusivo
al credito, per difetto di querela.
2. Con riferimento all’imputazione di bancarotta per distrazione, la decisione di primo
grado aveva evidenziato l’esistenza, rilevata dal curatore, attraverso l’esame del conto
corrente presso la Banca Credito Cooperativo, di prelevamenti per l’importo di euro
128.863,03, registrati in contabilità come crediti verso i soci Valari, mentre tale
destinazione delle somme è stata smentita dai creditori sentiti sul punto. Quanto alla
bancarotta preferenziale, le scritture contabili indicavano la restituzione, in favore dei
soci, dell’importo di euro 245.000 nel quale soltanto la minor somma di euro
138.538,99, restituita in data 21 aprile 2007, veniva considerata bancarotta
preferenziale, poiché in tale periodo non erano stati pagati i debiti ordinari contratti nel
corso della gestione aziendale.
3. Avverso la decisione di primo grado aveva proposto appello l’imputato chiedendo
l’assoluzione dal reato di bancarotta preferenziale per assenza dell’elemento soggettivo,
e l’assoluzione dal reato di bancarotta per distrazione, per l’insussistenza dell’elemento
oggettivo e di quello soggettivo.
4. La Corte d’Appello ha ritenuto infondati i motivi, attesa la non contestazione del dato
documentale della bancarotta preferenziale e, con riferimento a quella per distrazione,

1. Il difensore di Valari Corrado Cesare propone ricorso per cassazione contro la sentenza

l’assenza di prova che le somme prelevate sarebbero state corrisposte in favore di tal
Bonifacio Gioacchino, dal quale l’imputato avrebbe ricevuto un prestito di euro 200.000.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di Valari, lamentando:

con riferimento al reato di bancarotta preferenziale, vizio di motivazione riguardo alla
sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico;

quanto al reato di bancarotta per distrazione, vizio di motivazione riguardo alla

contabilizzazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo di ricorso la difesa lamenta mancanza o insufficienza della
motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto
dall’articolo 216, terzo comma, legge fallimentare. I giudici di merito hanno ritenuto
sussistente l’ipotesi di bancarotta preferenziale, limitatamente all’importo di euro
138.583,99, prelevato a partire dalla data del 20 aprile 2007, rilevando che
successivamente a tale operazione non erano stati pagati debiti ordinari, così rendendo
la restituzione di tale importo in favore dell’imputato violazione della

par condicio

creditorum. Tale dato oggettivo non prende in esame l’anomalia costituita dal fatto che
l’imputato abbia versato in data 19 aprile 2007 importo di euro 65.300 e
successivamente abbia prelevato le maggiori somme indicate. Tale condotta sarebbe
incompatibile con la sussistenza del dolo specifico e con l’intenzione di nuocere ai
creditori.
2. La censura è infondata. Per quanto attiene alla materialità del reato, si rileva che
integrano il delitto di bancarotta preferenziale le restituzioni – effettuate in periodo di
insolvenza – ai soci, dei finanziamenti concessi alla società, che costituiscono crediti
liquidi ed esigibili, considerato; quanto alla sussistenza del dolo si osserva che non
sussistono motivi che giustifichino in termini di interesse societario la soddisfazione,
prima degli altri creditori, del socio, il quale, a differenza della restante massa
creditoria, non ha alcun interesse ad avanzare, in caso di inadempimento, istanza di
fallimento verso la società (Sez. 5, n. 14908 del 07/03/2008 – dep. 09/04/2008,
Frigerio, Rv. 239487). Unica ragione, quindi, è il volontario e specifico perseguimento
dell’interesse del creditore privilegiato, a danno della restante massa creditoria.
3. L’orientamento rappresenta una inversione di tendenza rispetto alla giurisprudenza fino
a qualche anno prima dominante per la quale le restituzioni ai soci dei conferimenti
o delle anticipazioni effettuate poco prima del fallimento della società, fuori dei casi di

sussistenza della materialità del reato, trattandosi di un questione formale di errata

legittima riduzione del capitale, integrano una condotta in contrasto con gli interessi
della società fallita e della intera massa dei creditori, consistendo nella appropriazione
di parte delle risorse sociali, distolte dalla loro naturale destinazione a garanzia dei
creditori. La fattispecie era inquadrata nel reato di bancarotta per distrazione,
previsto dall’art. 223 comma secondo n. 1 della legge fallimentare e non in quello di
bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 23672, 15.4.2004-20.5.2004, ric. Ribatti, Rv
229032). Ciò evidentemente sul presupposto che la condotta del socio che “restituisce a

di un bene della azienda destinata al fallimento, in quanto il socio non è un qualsiasi
creditore della società; conseguentemente l’accaparramento dei beni non è
semplicemente violativo della par condicio, ma rappresenta un atto di sostanziale
indebita appropriazione da parte di chi si trova in una condizione di possesso qualificato
dei beni.
4. Quanto alla contestata sussistenza del dolo, la Corte territoriale ha fatto corretta
applicazione dei consolidati principi in materia secondo cui l’elemento soggettivo del
delitto di bancarotta preferenziale è costituito dal dolo specifico, che è ravvisabile ogni
qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un
creditore, riflettendosi contemporaneamente, anche secondo lo schema tipico del dolo
eventuale, nel pregiudizio per altri. (Sez. 5, n. 592 del 04/10/2013 – dep. 09/01/2014,
De Florio, Rv. 258713). Pertanto, richiamando una precedente pronuncia (cfr. Cass.
31894/2009) va ribadito che “… la bancarotta preferenziale è un reato a dolo specifico,
richiedendo che l’imputato agisca al fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi.
Il pregiudizio degli altri creditori, però, non è collegato alla finalità dell’agire, per cui non
costituisce oggetto del dolo specifico tale risultato, essendo sufficiente che il fallito si
rappresenti la possibilità di ledere i creditori non favoriti, secondo i principi del dolo
eventuale. In tal senso l’elemento soggettivo è ravvisabile ogni qual volta
l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore
secondo lo schema tipico del dolo eventuale”. Tali considerazioni consentono di
superare le doglianze oggetto del primo motivo di ricorso.
5. Con il secondo motivo, con riferimento al reato di bancarotta per distrazione, il
difensore lamenta mancanza o insufficienza della motivazione nella parte in cui i giudici
di merito attribuiscono all’imputato la condotta distrattiva, sebbene il curatore abbia
riconosciuto l’esistenza di un credito nei confronti del socio Valari per l’importo di euro
320.000, a fronte di una asserita distrazione relativa alla somma di euro 7.903, non
rinvenuta in cassa e all’importo di euro 128.863, documentato dalle scritture contabili.
Il ricorrente sostiene che le somme sarebbero state utilizzate per restituire un prestito
effettuato da un terzo, Bonifacio Gioacchino, alla società ed erroneamente
contabilizzato come versamento soci. Inoltre, la somma complessiva di euro 320.000

sé stesso” è finalisticamente equivalente a quella dell’imprenditore che si impadronisce

versata dall’imputato nelle casse sociali, costituiva il corrispettivo della vendita della
propria casa al predetto Bonifacio, decurtato quanto dall’imputato dovuto al Bonifacio
per lavori che lo stesso Valari si era impegnato ad eseguire presso l’abitazione del
primo.
6. La doglianza è inammissibile poiché meramente ripetitiva di quanto già sostenuto in
appello senza confrontarsi in alcun modo con le puntuali argomentazioni poste a
sostegno della decisione di secondo grado. La Corte territoriale ha correttamente

processuali non hanno confermato, in alcun modo, la circostanza che Valari avrebbe
eseguito in favore di Bonifacio, a titolo di restituzioni per un prestito ricevuto,
importanti lavori edili, difettando del tutto la prova documentale riguardante le opere
che sarebbero state realizzate per il significativo importo di euro 120.000. In ogni caso,
la tesi del prelievo di somme per sostenere i costi delle opere da eseguire presso
l’immobile di Bonifacio, come correttamente evidenziato dalla Corte d’Appello, non
spiegherebbe la sottrazione di euro 128.863 che, conseguentemente, va correttamente
qualificata in termini di distrazione.
7. Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22/10/2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

evidenziato l’incongruenza della tesi sostenuta dall’imputato, poiché le risultanze

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA