Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35518 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35518 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VERONESI BARBARA N. IL 17/05/1956
avverso la sentenza n. 10/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
07/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI;
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Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 07.03.2014 il Tribunale di Bologna, pronunciando ex
art. 310 Cod. proc. pen., in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Modena avverso l’ordinanza 27.12.2013 del Gip di
quella sede, applicava nei confronti di Barbara Veronesi la misura cautelare degli
arresti domiciliari, dando le relative prescrizioni.La Veronesi, consulente del lavoro, è indagata per associazione per delinquere,

truffa, condotte illecite perdurate dal 2009 al Marzo 2012.In particolare alla stessa è addebitato di avere procurato, dietro pagamento,
irregolari permessi di soggiorno a numerosi extracomunitari, mediante fittizi
contratti di lavoro posti in essere da alcune ditte che si rivolgevano al suo studio.La gravità indiziaria, in ordine a tali reati, era sostenuta -riteneva il Tribunaledalla numerosissima ed eloquente documentazione sequestrata presso la Veronesi e
presso i suoi sodali Vincenzi e Bonetti.In relazione poi alle esigenze cautelari, per le quali il Gip aveva ritenuto la
mancanza di attualità, di contro il Tribunale felsineo ne riteneva la sussistenza : le
condotte si erano protratte fino al marzo 2012, nonostante un primo accesso della
Guardia di Finanza nel 2010; l’attività illecita era stata perseguita con sistematica
professionalità; la Veronesi era risultata l’artefice principale della criminosa
organizzazione; la stessa era gravata da precedenti penali significativi che
inducevano prognosi di reiterazione criminosa.- Ciò posto, era ritenuta adeguata la
misura cautelare degli arresti domiciliari con rigorose prescrizioni limitative.2.

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetta

indagata che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, in particolare argomentando -in sintesi- nei seguenti termini : a)
nullità dell’ordinanza per omesso rinvio, avendo il difensore pregato il Tribunale di
attenderlo per la tarda mattina, avendo altro impegno professionale, e non essendo
presente l’altro difensore; b) mancanza di attualità della presunta pericolosità,
essendo comunque certo che dal marzo 2012 -dunque da due anni- essa ricorrente
non aveva più commesso fatti di reato; i precedenti penali erano risalenti; c) non
era stato motivata la sufficienza di misura cautelare meno severa, risultando
comunque non più presumibile la perpetrazione di reati della stessa specie.-

1

per reati ex art. 12, commi 3 e 5, D. L.vo 286/98 e per i connessi reati di falso e

Considerato in diritto

1. Il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato con tutte le
dovute conseguenze di legge.Va premesso che il presente scrutinio di legittimità è circoscritto alla
sussistenza, nella fattispecie, di esigenze cautelari (art. 274 Cod. proc. pen.) ed

proc. pen.); tanto -all’evidenza- per i limiti dell’appello cautelare proposto dal P.M.
e per il conseguente corrispondente devoluto del ricorso difensivo. Risulta,
pertanto, coperto dal c.d. giudicato cautelare (ovvero preclusione processuale) il
tema della sussistenza di gravi indizi di reità in capo alla Veronesi.2. E’ infondato il primo motivo di ricorso [v. sopra, sub ritenuto, al §. 2.a],
peraltro genericamente versato con assoluta insufficienza espositiva (con mera
enunciazione della doglianza). Peraltro nessun profilo di nullità può rinvenirsi nel
rigetto di un’istanza di mero differimento orario, all’interno dell’udienza camerale,
per contemporaneo impedimento professionale. Nulla è detto dal ricorrente sui
temi, essenziali sul punto, della tempestività della comunicazione, dell’impossibilità
di essere sostituito, dell’indifferibilità dell’altro impegno (cfr. Cass. Pen. Sez. 3°, n.
26408 in data 02.05.2013, Convertini, Rv. 256294; Cass. Pen. Sez. 6°, n. 17595 in
data 04.04.2013, L. e altri, Rv. 255137; ecc.). Peraltro -ed è argomento dirimentetrattandosi di udienza celebrata ex lege con le forme di cui all’art. 127 Cod. proc.
pen., l’impedimento del difensore non rileva (cfr., tra le tante, Cass. Pen. Sez. 1°,
n. 35687 in data 10.02.2003, Rv. 226108 : “Nel procedimento di appello avverso i
provvedimenti ‘de libertate’ non trova applicazione l’art. 420-ter cod. proc. pen.,
che opera nell’ambito dell’udienza preliminare. Ne consegue che il legittimo
impedimento del difensore non determina il rinvio dell’udienza camerale, poiché
l’art. 127 cod. proc. pen. non prevede tale causa di rinvio, ne’ prescrive come
obbligatoria la presenza del difensore e del pubblico ministero”.3. Sono del pari infondati i motivi di merito.3.1 Non ha pregio il secondo motivo di ricorso [v. sopra, sub ritenuto, al §.
2.b] che, al fine di contrastare le ritenute esigenze cautelari, assume la mancanza
di condotte illegittime da parte dell’indagata negli ultimi due anni. Va premesso che
tale margine temporale non può assumere sufficiente rilevanza ai fini in parola -e
cioè l’attualità della pericolosità- avuto riguardo alla lunga durata delle condotte di
reato (per la quale, come si è già detto, è calata la preclusione processuale)
2

all’adeguatezza della misura eventualmente da imporre all’indagata (art. 275 cod.

protratta per ben quattro anni (dal 2009 al 2012), e tenuti presenti i caratteri di
(permanente) professionalità che hanno contraddistinto le stesse condotte illecite.
Peraltro le deduzioni difensive non sono in grado di superare la considerazione
dell’ordinanza impugnata che, prendendo spunto dall’accesso da parte della G.d.F.
nel 2010, rileva come pur tale controllo non abbia fermato la Veronesi nella
reiterazione dei reati per cui si procede (perdurati fino al 2012). Trattasi di
considerazione davvero rilevante sul piano della intemerata proclività al delitto in

penali della donna, per lo più nel campo della criminalità economica- l’affermata
pericolosità della stessa, organizzatrice delle trame delittuose, e cioè la prognosi di
reiterazione di reati della stessa indole; è, del resto, più che ovvio che la specificità
dei precedenti è argomento prevalente, data la natura dei reati in imputazione,
rispetto alla dedotta risalenza degli stessi.- Tale motivo di impugnazione è dunque
infondato.3.2 Neppure ha pregio il terzo motivo di ricorso [v. sopra, sub ritenuto, al §.
2.c] che intende contrastare l’adeguatezza dell’imposta misura della cautela
domestica.Anche sul punto l’impugnata ordinanza, ampiamente e correttamente motivata,
con argomenti logici e coerenti, risulta immune dalle proposte censure.- Non è chi
non veda, invero, che gli arresti domiciliari, con le connesse rigorose prescrizioni,
sia il minimo concepibile (e dunque nel rispetto del principio del minor sacrificio
della libertà personale rispetto alle esigenze social preventive) rispetto alla
necessità di impedire la ritenuta probabilità di reiterazione criminosa, essendo del
tutto evidente che ogni maggior libertà di azione non impedirebbe alla Veronesi di
ribadire la propria proclività delittuosa. In tal senso, stante i rilievi sopra svolti,
risulta soccombente la deduzione difensiva circa la cessata collaborazione con i
coindagati, sia perché non risulta cessata l’attività professionale della Veronesi
(matrice degli illeciti), sia perché si tratta di condotte ben attuabili in forma singola
(o con altri possibili complici, in relazione all’ampia rete di rapporti alla base delle
attività illecite).- Anche questo motivo di ricorso è, pertanto, infondato.4. In definitiva il ricorso, infondato in tutti i suoi motivi, deve essere respinto.-

Al completo rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto
dell’art. 616 Cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.-

3

capo all’indagata, tale da rendere più che ragionevole -in una con i precedenti

Deve seguire, altresì, l’incombenza esecutiva prevista dall’art. 92 Disp. Att.
Cod. proc. pen.P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
competente Tribunale distrettuale del riesame di Bologna affinché provveda a

Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.Così deciso in Roma il 02 luglio 2014 II Consigliere estensore

quanto stabilito nell’art. 92 Disp. Att. Cod. Proc. Pen.-

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