Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35513 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35513 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPADAVECCHIA NICOLA N. IL 19/02/1941
DE CANDIA GIUSEPPE N. IL 09/04/1945
DE CEGLIA ROSANNA N. IL 27/04/1962
nei confronti di:
SGHERZA FRANCESCO N. IL 13/08/1954
SGHERZA LEONARDO N. IL 05/05/1961
SGHERZA GIUSEPPE N. IL 20/09/1956
inoltre:
DEL ROSSO OLIMPIA
CIVES FRANCESCO
PIERGIOVANNI FRANCESCO
avverso la sentenza n. 1168/2005 CORTE APPELLO di BARI, del
04/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DOMENICO CARCANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CQ–uuck:, kAt
che ha concluso per

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Data Udienza: 21/05/2013

Udito, per la parte civile, l’Avv

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1

Ritenuto in fatto
1.Le partici civile costituite Nicola Spadavecchia, Giuseppe De Candia,
Rosanna De Ceglia Olimpia Del Rosso e Francesco Cives impugnano la sentenza
della Corte d’appello di Bari che ha confermato la pronuncia di assoluzione di
Francesco, Leonardo e Giuseppe Sgherza dal delitto di concussione, resa in
primo grado e impugnata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di

A Francesco, Leonardo e Giuseppe Sgherza è ascritto il delitto di
concussione per avere – il primo quale titolare dell’omonima impesa di
costruzione e gli altri due interessati nella gestione dell’attività imprenditoriale preteso ulteriore danaro “in nero” rispetto a quello stabilito per la vendita di
immobili in attuazione della Convenzione con il comune di Molfetta per la
realizzazione di abitazioni in regime di edilizia popolare, mediante la minaccia di
non sottoscrivere il contratto preliminare di vendita con gli acquirenti, odierni
ricorrenti.
La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione del pubblico ministero e, in
tal modo, condiviso e fatto proprie le conclusioni del Tribunale di Trani che ha
assolto gli imputati dal delitto di concussione perché il fatto non sussiste.
2.

I difensori delle parti civili propongono ricorso per cassazione e

deducono:
-violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art.317 c.p. e
vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza e manifesta illogicità, non
essendo state adeguatamente valutate le fonti di prova e non avendo reso una
motivazione esaustiva delle ragioni della conferma della pronucia di assoluzione
resa dal giudice di primo grado.
3. La difesa degli imputati, con memoria ritualmente depositata, deduce
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l’inammissibilità dei ricorsi contro la sentenz d’a
pello che ha confermato

l’assoluzione pronunciata dal giudice di primo ,tioiro la quale le stesse parti civili
non avevano proposto appello.
In tal senso, ad avviso della difesa, si è più volte pronunciata la
giurisprudenza di legittimità.
La difesa rileva che, in applicazione del principio di immanenza, la parte
civile può giovarsi dell’appello proposto dal pubblico ministero contro la sentenza
di assoluzione di primo grado, ma non può proporre ricorso per cassazione
avverso la decisione resa dal giudice d’appello che abbia confermato la pronuncia
di assoluzione contro la quale non abbia proposto impugnazione.
3.1 Inammissibilità del ricorso delle parti civili Nicola Spadavecchia,
Giuseppe De Candia e Rossanna De Ceglia anzitutto per non avere precisato ex

Trani e dal Procuratore Generale presso la locale Corte d’appello.

2

art. 581 lett. b) c.p.p. che l’impugnazione è stata proposta per i soli affetti civili
e, in secondo luogo, per avere dedotto censure non consentite in sede di
legittimità e manifestamente infondate.
3.2.Inammissibilità del ricorso proposto dalle parti civili Olimpia Del
Rosso, Francesco Piergiovanni e Francesco Cives per manifesta infondatezza di
ciascuno dei tre motivi.
4.Le parti civili ricorrenti contestano l’eccepita inammissibilità del ricorso,

dalle Sezioni unite n. 3027 del 2002, si sono espresse per l’ammissibilità del
ricorso della parte civile contro la sentenza d’appello che abbia confermato la
sentenza di assoluzione di primo grado, nonostante tale sentenza sia stata
appellata dal pubblico ministero e non anche dalla parte civile.
Non vi può essere un indebolimento del principio di immanenza della
parte civile, nel caso abbia impugnato la sentenza di assoluzione rispetto alla
quale non vi può essere acquiescenza se il giudizio prosegue per impugnazione
presentata dal pubblico ministero.
Considerato in diritto
1.Questione preliminare è la legittimazione della parte civile a proporre
ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello che abbia confermato
l’assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado e appellata dal solo pubblico
ministero.
Questa Corte si è espressa nel senso, condiviso e fatto proprio dal
Collegio, secondo cui é inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla
parte civile avverso la sentenza d’appello, quando la stessa non abbia impugnato
la decisione assolutoria di primo grado, confermata dalla Corte d’appello a
seguito di impugnazione proposta dal solo pubblico ministero ( Sez VI, 13
ottobre 2009, dep. 23 dicembre 2009, n. 49497; Sez. V, 10 novembre 2010,
dep. 19 gennaio 2011, n. 1461).
Il principio diritto enunciato non ha alcuna attinenza con quello di
“immanenza” della costituzione della parte civile là dove il giudizio prosegua per
l’impugnazione ritualmente proposta da altri soggetti legittimati.
Del resto, le Sezioni unite cui la difesa fa riferimento riaffermano tale
regola iuris là dove ribadiscono che “la costituzione di parte civile produce i suoi
effetti in ogni stato e grado del processo” (art. 76 comma 2), che il giudice di
appello è tenuto a citare la parte civile (art. 601 comma 4) e che se l’appello è,
stato proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento
giudice di appello può pronunciare condanna “e adottare ogni altr0
provvedimento imposto o consentito dalla legge” (art. 597 comma 2 lett. b) e b),
appare corretta l’affermazione che, “quando pronuncia sentenza di condanna”,

richiamando altra decisione di questa Corte che, evocando i principi affermati

3

giudice di appello deve decidere “sulla domanda per le restituzioni e il
risarcimento del danno”, anche se la parte civile non ha proposto impugnazione
(artt. 538 comma 1 e 598 c.p.p.).
Argomento condivisibile e incontestabile quest’ultimo, ma del tutto
diverso rispetto a quello relativo alla legittimazione ad impugnare riconosciuto a
una parte del processo che non ha impugnato la sentenza che abbia disatteso la
pretesa vantata in giudizio. In tal modo, la parte legittimata da norma

interesse a ottenere dal giudice dell’impugnazione il diritto negatogli nel i
precedente grado di giudizio.
Similmente, dall’effetto estensivo delle impugnazioni, ex art.587 c.p.p.,
non consegue l’abilitazione dell’imputato non impugnante a reagire contro la
sentenza di appello o di rinvio che non abbia accolto le ragioni del coimputato
impugnante, potendo egli solo beneficiare degli effetti eventualmente favorevoli,
a lui estensibili, della decisione assunta sulla base della impugnazione del
coimputato (Sez. V, 29 settembre 2000, dep. 29 settembre 2000, n. 11959;Sez.:
VI, 19 dicembre 1994, dep. 16 marzo 1995, n. 2767).
Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art.616 c.p.p. la
condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di
C 1000 in favore della cassa delle ammende e altresì al rimborso in solido delle
spese processuali in favore dei tre imputati, liquidate in C 1.000,00 per ciascuno
di essi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorsi e condanna it ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e a quello di C 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Condanna altresì i ricorrenti a rimborsare in solido agli imputati la somma di C
1000,00 per ciascuno di essi.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2013.

processuale a impugnare una decisione a lei sfavorevole dimostra di non avere

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