Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35508 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35508 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SABATINO DI SUMMA ANTONIO N. IL 19/08/1980
avverso l’ordinanza n. 1030/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di
FOGGIA, del 01/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
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lette/B424titc-le conclusioni del PG Dott. ib-A- •-•4–t

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 02/07/2014

1. Sabatino Di Summa Antonio, personalmente, ricorre a questa Corte
di legittimità per l’annullamento dell’ordinanza con la quale il
Magistrato di sorveglianza di Foggia, in data 1° ottobre 2013, ha
respinto la sua istanza volta alla remissione del debito per le spese del
processo e di mantenimento in carcere, pari ad euro 171.906,50, di
cui alla sentenza resa il 3 febbraio 2009, n. 151/09, dal GIP del
Tribunale di Firenze.
Lamenta in particolare il ricorrente violazione di legge con riferimento
all’art. 6 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ed all’art. 106 dper 230/2000,
nonché difetto di motivazione sul punto, in particolare argomentando:
il giudice a quo ha dedotto l’insussistenza dei requisiti di legge per
l’accoglimento della domanda dalle indagini svolte dalla Guardia di
Finanza, secondo le quali l’istante godrebbe di redditi da lavoro e di
beni immobili; nulla dice il provvedimento giudiziale sulla entità di
tali redditi e sulla consistenza di tali beni; la motivazione si appalesa
pertanto di estrema genericità ed è eccentrica rispetto al requisito,
richiesto dalla norma, delle disagiate condizioni economiche del
richiedente; tali condizioni vanno poi valutate, per insegnamento
giurisprudenziale, in riferimento alla entità del debito erariale ed
all’impatto che il relativo onere può avere sul percorso di
reinserimento sociale dell’interessato.
2. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per
l’annullamento dell’ordinanza impugnata attesa la palese insufficienza
della motivazione articolata a sostegno della decisione.
3. Il ricorso è fondato sia nella denuncia dei profili motivazionali che
di quelli relativi alla violazione di legge.
Ed invero, il ricorrente, come innanzi esposto, denuncia con
l’impugnazione in esame violazione di legge e difetto di motivazione
in relazione alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 6
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Orbene, secondo costante e risalente insegnamento di questa Corte
(Cass. pen. 13.03.92, p.c. in c. Bonati) la violazione di legge
concernente la motivazione trova il suo fondamento nella disciplina
costituzionale di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 111 e consiste nella sua
omissione totale ovvero allorché ricorrano le ipotesi di motivazione
fittizia o contraddittoria, che si configurano, la prima, allorché il
giudicante utilizza espressioni di stile e stereotipate, e la seconda
quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

argomentazioni decisive di segno opposto. Rimangono escluse dalla
nozione di violazione di legge connessa al difetto di motivazione tutte
le rimanenti ipotesi nelle quali la motivazione stessa si dipani in modo
insufficiente e non del tutto puntuale rispetto alle prospettazioni
censorie.
Di tali principi generali ha fatto buon uso la Corte di legittimità
delibando il vizio in parola in ipotesi di impugnativa dinanzi ad essa
delle ordinanze di rigetto del Tribunale di Sorveglianza. Secondo
Cass. pen., sez. 1,9.01.2004, n. 449; 14.11.2003 n. 5338; 9.11.2004, n.
48494, infatti, nella nozione di violazione di legge vanno ricondotti
tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti priva dei requisiti
minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero
quando le linee argomentative del provvedimento siano così
scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere
oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione, mentre il vizio di
motivazione non mancante è previsto dall’art. 606 co. 1 lett. e) c.p.p..
E nel caso di specie il provvedimento impugnato si segnala per la sua
estrema sinteticità.
Afferma il giudice a quo, come innanzi detto, che nel caso al suo
esame ostano all’accoglimento della domanda per cui è causa la
titolarità da parte dell’istante di redditi di lavoro e di proprietà
immobiliari
Palesi i vizi di legittimità lamentati.
Ai sensi dell’art. 6 dpr. 115/2002 la remissione del debito relativo alle
spese del processo è consentito in costanza di un duplice requisito:
l’indigenza del richiedente e la sua regolare condotta, sia che si trovi
esso in libertà, sia che stia egli espiando la pena in stato di detenzione.
Ciò posto ed attesa la motivazione appena riportata, occorre allora
domandarsi se la proprietà di non meglio indicati beni immobili e la
titolarità di redditi di lavoro, anch’essi genericamente indicati, siano in
grado di dimostrare l’assenza, nel caso di specie, del primo requisito
contemplato dalla norma citata e se detta valutazione sia possibile in
costanza di un debito erariale pari ad euro 171.906,50, della concreta
condizione economica complessiva dell’interessato e della sua
famiglia, del valore reale della indicata proprietà immobiliare e degli
evocati redditi da lavoro e senza porre in relazione tra loro questi dati,
tutti decisivi ai fini della invocata decisione.
Non solo; il provvedimento impugnato si appalesa del tutto sfornito di
motivazione laddove si consideri l’evoluzione interpretativa operata
nel tempo dal giudice di legittimità in relazione all’istituto della
remissione del debito erariale derivante dalle spese del processo e di
2

4. In conclusione l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio al
Magistrato di sorveglianza di Foggia perché riesamini la domanda del
ricorrente alla luce delle indicazioni interpretative innanzi date,
adeguatamente argomentando le sue determinazioni.
P. Q. M.
la Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al
Magistrato di sorveglianza di Foggia.
In Roma, addì 2 luglio 2014

quelle per il mantenimento in carcere, evoluzione peraltro evocata ed
invocata dalla difesa ricorrente.
Anche la disponibilità di risorse economiche in grado di soddisfare il
debito erariale non esclude di per sé lo stato di disagio economico,
hanno affermato infatti i supremi giudici (Cass. pen. Sez. I, 3.06.1997
n. 2932; Cass., Sez. I, 15 febbraio 2008, Scaturchio) allorché
l’adempimento del debito determinerebbe per il debitore gravi
difficoltà nel far fronte ad elementari esigenze di vita. Non solo;
sempre secondo il superiore insegnamento (Cass. pen., sez. II,
28.12.1984 n. 3926; Sez. I, 2008, ric. Scaturchio cit.) ricorre il
requisito di legge dello stato di indigenza nella ipotesi in cui
l’adempimento del debito, comportando un notevole squilibrio del
bilancio domestico, determinerebbe una seria compromissione delle
possibilità di recupero e di reinserimento sociale dell’interessato,
senza omettere la fondamentale considerazione, sempre affermata dal
giudice di legittimità (Cass. pen. 8 marzo 1994, Spagnolo) che il
requisito delle disagiate condizioni economiche non va inteso nel
senso che sia necessario uno stato di assoluta indigenza, essendo
sufficiente una situazione caratterizzata da difficoltà e ristrettezze
economiche che, in riferimento a parametri di normalità, non
consentono di far fronte alle fondamentali esigenze di vita. E nel caso
di specie, come detto, il debito erariale supera la considerevole somma
di euro 171.900,00.
Dalle esposte considerazioni deve trarsi la lezione giurisprudenziale di
questa Corte, intesa a porre la necessità, per il decidente investito della
domanda di remissione del debito per spese processuali, di una
valutazione complessiva circa le condizioni economiche del
richiedente, da operare con criteri di ragionevolezza, valutazione non
disgiunta da puntuali considerazioni in ordine agli effetti
dell’adempimento della pretesa erariale sulle condizioni di vita
dell’interessato e sulle conseguenze relative alle finalità costituzionali
della detenzione.

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