Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35506 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35506 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUDETTA CARLO N. IL 16/08/1948
avverso la sentenza n. 16981/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 19/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
dietge/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 24/06/2014

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. Budetta Carlo, assistito dal difensore
di fiducia, con atto tempestivamente depositato in cancelleria propone
ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, a suo avviso
contenuto nella sentenza emessa in data 19 novembre 2013 da questa
Corte, sez. V, sentenza le cui motivazioni sono state depositate il 26
febbraio successivo, con la quale è stata dichiarata inammissibile
l’impugnazione di legittimità proposta dal ricorrente per
l’annullamento della sentenza resa il 18 marzo 2013 dalla Corte di
appello di Salerno che lo aveva condannato perché giudicato
colpevole del reato di falso ideologico.
1.1 Deduce la difesa ricorrente, in particolare, che la condotta di reato
delibata con la pronuncia impugnata, della quale non indica la data di
consumazione, si è estinta per prescrizione il 14 aprile 2013
eppertanto prima della data del 14 maggio 2013, giorno in cui il primo
presidente della Corte di cassazione ha fissato l’udienza per la
discussione del ricorso di legittimità proposto avverso la sentenza di
condanna pronunciata in seconde cure.
La circostanza, deduce ancora la difesa ricorrente, benché portata
esplicitamente all’esame della corte, non è stata presa in
considerazione e su di essa nulla è stato neppure argomentato.
1.2 La parte civile costituita nel processo definito con la sentenza per
cui è causa ha depositata memoria difensiva resistendo alla pretesa del
ricorrente sul rilievo che la pronuncia di legittimità impugnata fu a suo
tempo dichiarativa della inammissibilità del ricorso.
2. La doglianza è manifestamente infondata.
2.1 Il nuovo testo dell’art. 625 bis c.p.p. prevede due istituti distinti:
uno, il ricorso per la correzione di errore materiale, costituisce un
mezzo di emenda del testo grafico; l’altro, il ricorso per correzione di
errori di fatto, costituisce viceversa una vera e propria impugnazione
(Cass., Sez. Unite, 27/03/2002, n. 16104).
L’errore di fatto appena evocato consiste nell’erronea percezione di un
dato di fattuale, così come rappresentato (o non rapppresentato) negli
atti del giudizio di cassazione, dalla quale derivi uno sviamento
decisivo della deliberazione assunta (deliberazione che abbia
implicato l’irrevocabilità di una sentenza di condanna). L’errore, che
può riguardare sia fatti processuali che circostanze pertinenti alla
vicenda sottoposta a giudizio, è rilevante quando sia riconoscibile ictu
()culi, senza alcuna necessità di valutazione critica delle risultanze e
quando sia riferibile in via esclusiva al giudice di legittimità (dovendo
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gli errori di fatto dei giudici di merito essere emendati con gli ordinari
mezzi di impugnazione)
L’errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen.
deve inoltre possedere il carattere della decisività, nel senso che in sua
assenza la pronunzia sarebbe comunque stata diversa da quella
adottata (Cass. Sez. I, 10/02/2010, n. 15422; Cass., Sez. V,
20/03/2007, n. 20520; Cass. Sez. IV, 08/03/2006, n. 15137; Cass.,
Sez. IV Sent., 17/01/2008, n. 6770) non potendosi provvedere in caso
contrario — se, cioè, la decisione impugnata non sarebbe stata diversa
anche se assente l’errore- ad alcuna decisione favorevole all’istante,
dappoichè non incidente sul precedente giudicato.
2.2 Orbene, nel caso di specie, la difesa dell’imputato ricorrente
chiede l’applicazione della prescrizione e con essa la declaratoria di
estinzione del reato, atteso che la Corte, sez. V, con la sentenza
impugnata, nulla ha disposto sul punto, limitandosi al rigetto del
ricorso mentre, se fondata la tesi difensiva, opportunamente portata a
conoscenza del collegio giudicante, la pronuncia avrebbe dovuto
essere di annullamento senza rinvio perché, appunto, estinto il reato in
giudizio.
Nella fattispecie va pertanto delibata la fondatezza della eccezione
difensiva, dappoichè soltanto in tale ipotesi l’errore in fatto denunciato
si appaleserebbe, altresì, decisivo ai fini della decisione.
Ebbene, l’eccezione difensiva è manifestamente errata.
Ed invero, anche solo considerando la data, peraltro errata, indicata
dalla difesa ricorrente come quella nella quale sarebbe maturata la
prescrizione del reato (il ricorso non indica la condotta giudicata e la
data di commissione del reato) e cioè il 14 aprile 2013, non può che
prendersi atto che la sentenza di secondo grado è stata pronunciata il
18 marzo precedente e che la sentenza di illegittimità frutto del
preteso errore di fatto ha dichiarato la inammissibilità del ricorso.
Tanto premesso, richiama il Collegio l’insegnamento di questa Corte
di legittimità, nella sua più autorevole composizione, secondo cui, già
a far tempo da Cass., Sez. Unite, 22/11/2000, n. 32, De Luca,
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Nella
specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla
sentenza impugnata)
Il principio, come universalmente noto, ha ricevuto una successiva
quanto significativa integrazione con Cass., Sez. Unite, 22/03/2005, n.
23428, Bracale, la quale ha affermato il principio che
“l’inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude ogni possibilità
sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.,
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3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed alla declaratoria
di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle
spese del procedimento, sia quella al versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo
determinare in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 24 giugno 2014
Il consigliere estensore

l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore
alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da
quel giudice”.
Nel caso in esame, giova ribadirlo, la prescrizione viene indicata dal
difensore stesso come maturata al 14 aprile 2013 eppertanto in epoca
successiva alla decisione di secondo grado, deliberata il 18 marzo
2013, di guisa che nessun effetto estintivo può ad essa riconoscersi
giacchè dichiarato inammissibile il successivo ricorso per cassazione
avverso detta sentenza di merito.

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