Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35503 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35503 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KIEM STEFAN N. IL 24/12/1969
avverso l’ordinanza n. 230/2013 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di BOLZANO, del 03/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/seMte le conclusioni del PG Dott.
MLk

1 1/4A-12 3,1;

Uditi difensor Avv.;

t. Q

,Gìr

Data Udienza: 24/06/2014

1. Con sentenza del 3 giugno 2013 la Corte di appello di Bolzano
condannava Kiem Stefan alla pena di anni sei e mesi quattro di
reclusione e per essa, decorso il termine di giorni 90 per il deposito
e tenuto conto del termine di sospensione feriale, maturava il
termine del 31 ottobre 2013 senza che venisse impugnata per
cassazione. Su tale premessa, a cura della cancelleria, la sentenza
veniva munita di clausola di irrevocabilità ed iscritta nel casellario
giudiziale. In data 23 novembre 2013 la Procura della repubblica
emetteva ordine di carcerazione, notificato ed eseguito il 27
successivo nonostante il precedente 5 novembre l’interessato avesse
proposto ricorso di legittimità.
Veniva pertanto proposto dal Kiem incidente di esecuzione avverso
l’ordine di carcerazione sul presupposto che la sentenza di
condanna non era passata in giudicato e non si era pertanto
formalizzato alcun titolo esecutivo dappoichè proposta
impugnazione avverso di essa, ancorchè oltre il termine di
decadenza. La presentazione della impugnazione infatti, secondo
avviso difensivo, fino alla eventuale declaratoria di inammissibilità,
precludeva l’ordine di carcerazione giacchè non definitiva né
esecutiva la sentenza de qua.
Il G.I.P. del Tribunale di Bolzano, in funzione di Giudice
dell’esecuzione, con ordinanza del 3 dicembre 2013, oggetto del
presente scrutinio di legittimità, provvedendo sull’incidente di
esecuzione come innanzi promosso, ai sensi dell’art. 670 c.p.p.,
rigettava il relativo ricorso.
Deduceva in particolare il G.E. che, ai sensi dell’art. 648 co. 2
c.p.p., la irrevocabilità della sentenza si produce quando è
inutilmente decorso il termine per l’impugnazione; che nella
fattispecie tale termine era maturato il 31 ottobre 2013; che
l’impugnazione per cassazione proposta dal ricorrente il 5
novembre 2013, in quanto tardiva, non aveva impedito la
maturazione del giudicato e che irrilevante, ai fini della legittimità
della esecuzione del titolo come innanzi formatosi, si appalesava
l’impugnazione in corso avverso di esso.
Con la stessa ordinanza il G.E. rigettava altresì l’istanza di
sospensiva dell’ordine di esecuzione in attesa della decisione di
legittimità richiesta con il ricorso proposto il 5 novembre 2013.
2. Ricorre per cassazione avverso detta ordinanza Kiem Stefan,
assistito dal difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

perché inficiata da violazione di legge (arti. 588, 591, 648, 670
c.p.p.) ed illogicità della motivazione.
Lamenta in particolare la difesa ricorrente: la sentenza impugnata è
stata posta erroneamente in esecuzione senza attendere l’esito del
procedimento di legittimità; ciò integra violazione dell’art. 648 cod.
proc. pen., il quale trova applicazione solo se, prima dell’ordine di
esecuzione, non sia stata proposta impugnazione, ancorchè tardiva;
la presentazione del ricorso per cassazione ha impedito il passaggio
in giudicato della sentenza impugnata; la tesi difensiva trova
conforto nella lettura degli artt. 591 co. 2 e 648 co. 2 c.p.p., norme
queste in forza delle quali è il giudice dell’impugnazione a
dichiarare eventualmente la inammissibilità di essa impugnazione
perché tardiva ed a disporne l’esecuzione; in pendenza
dell’impugnazione del titolo è inibito al giudice dell’esecuzione la
verifica o meno della sua valida sussistenza; l’art. 648 c.p.p. può
trovare applicazione soltanto se non vi sia stata impugnazione
ovvero se l’impugnazione sia stata proposta prima dell’inizio
dell’esecuzione; l’esecuzione ha inizio proprio con l’ordine di
carcerazione.
3. Il Procuratore generale in sede, con argomentata requisitoria
scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso, sul rilievo che la
sentenza diventa irrevocabile automaticamente alla scadenza del
termine per l’impugnazione.
4.11 ricorso è infondato.
L’art. 648 cod. proc. pen., comma 2, dispone che la sentenza contro
la quale è ammessa l’impugnazione è irrevocabile quando è
inutilmente decorso il termine per proporla o quello per impugnare
l’ordinanza che la dichiara inammissibile.
Il secondo termine contiene un riferimento al disposto dell’art. 591
c.p.p., comma 2, secondo cui il giudice dell’impugnazione, anche di
ufficio, dichiara con ordinanza l’inammissibilità e dispone
l’esecuzione del provvedimento impugnato.
Orbene, tanto premesso quanto alle fonti normative, due sono le
questioni proposte con il ricorso: se, in presenza di
un’impugnazione palesemente tardiva, possa essere avviata
l’esecuzione della sentenza impugnata senza attendere che
l’ordinanza di inammissibilità da parte del giudice
dell’impugnazione sia divenuta irrevocabile per mancata
impugnazione o per rigetto dell’impugnazione; se, nel caso che
l’esecuzione sia stata iniziata, il giudice dell’esecuzione possa, o
piuttosto debba, sospenderla in presenza di impugnazione
oggettivamente tardiva.
2

Per una esaustiva soluzione della prospettata questione di diritto,
occorre richiamare il disposto di altre norme: quanto alla prima
questione, l’art. 650 c.p.p., comma 1, il quale dispone che, salvo che
sia diversamente disposto, le sentenze hanno forza esecutiva
quando sono divenute irrevocabili; quanto alla seconda, l’art. 670
cod. proc. pen., il quale stabilisce che il giudice dell’esecuzione,
quando accerta che il provvedimento non è divenuto esecutivo, lo
dichiara con ordinanza sospendenso l’esecuzione (comma 1) e,
quando è proposta impugnazione, dopo aver provveduto sulla
richiesta dell’interessato, trasmette gli atti al giudice
dell’impugnazione competente (comma 2).
Il comma 2 stabilisce inoltre che la decisione del giudice
dell’esecuzione non pregiudica quella del giudice dell’impugnazione
il quale, se ritiene ammissibile il gravame, sospende con ordinanza
l’esecuzione che non sia già stata sospesa.
Quanto all’avvio dell’esecuzione della sentenza tardivamente
impugnata, il complesso delle norme sopra richiamate induce a
ritenere che essa non sia solo possibile, ma doverosa.
L’interpretazione dell’art. 648 c.p.p., comma 2, non può essere
infatti che nel senso seguente: quando è inutilmente decorso il
termine per proporre impugnazione, la sentenza è irrevocabile, a
prescindere dall’esito del relativo giudizio: in quella sede si potrà
verificare che l’impugnazione non era, in realtà, tardiva (si pensi ad
un’impugnazione presentata in luogo diverso da quello in cui fu
emesso un provvedimento, tardivamente trasmessa), ma se, al
contrario, la tardività verrà confermata, la relativa ordinanza non
potrà che prendere atto di un’irrevocabilità già verificatasi.
Impone questa soluzione l’utilizzo della particella disgiuntiva “o”
che separa le due ipotesi dell’inutile decorso del termine per
proporre impugnazione e dell’inutile decorso del termine per
impugnare l’ordinanza di inammissibilità dell’impugnazione,
particella la quale indica che l’evento della irrevocabilità si compie
quando si verifica anche una sola delle due ipotesi contemplate.
L’interpretazione contraria secondo cui l’art. 648 cod. proc. pen.,
comma 2, stabilisce il principio che, nel caso sia stata proposta
impugnazione tardiva, la irrevocabilità della sentenza interviene
solo con l’inutile decorso del termine per proporre impugnazione
avverso la pronuncia che dichiara la inammissibilità, mostra tutti i
suoi limiti là dove si consideri l’ipotesi di una impugnazione
largamente tardiva, che comporterebbe, accettando la tesi difensiva,
il venir meno dell’irrevocabilità della sentenza e l’obbligo di
sospensione dell’esecuzione di una sentenza da tempo ormai
definitiva. Manca, poi, detta tesi di base testuale: il legislatore
avrebbe usato una formula diversa, se avesse voluto stabilire
3

l’inapplicabilità della prima ipotesi (quella dell’inutile decorso del
termine per proporre impugnazione) nel caso di un’impugnazione,
anche tardiva.
Questa Corte (Sez. U, n. 24246 del 25/02/2004 – dep. 27/05/2004,
Chiasserini, Rv. 227681), sia pure affrontando la diversa questione
dell’efficacia della remissione di querela intervenuta
successivamente ad un ricorso inammissibile, risolto., nel senso di
determinare l’estinzione del reato per tale causa, con l’unica
eccezione del ricorso proposto al di fuori dei termini indicati
dall’art. 585 cod. proc. pen„ ha osservato che “dall’esame
comparativo dell’art. 591 cod. proc. pen. 1930 e dell’art. 648,
comma 2, del vigente codice di rito si ricava che la scadenza del
termine per impugnare si iscrive quale condizione per la formazione
del giudicato formale, quando l’impugnazione non sia stata
proposta, secondo una linea di tendenza già affermatasi nel vigore
del codice abrogato. In caso contrario non si giustificherebbe la
collocazione della scadenza del termine fra le cause di
inammissibilità previste, in via generale, dall’art. 591; ed infatti, ove
si volesse accedere ad una diversa ricostruzione sistematica si
perverrebbe alla conclusione, davvero irragionevole, se non
addirittura paradossale, che l’atto di impugnazione, pur se tardivo,
mai consentirebbe la formazione del giudicato formale, con intuibili
riverberi anche sulla fase esecutiva”.
L’art. 648 c.p.p., comma 2, deve, quindi, essere interpretato nel
senso che il riferimento all’ordinanza di inammissibilità
dell’impugnazione contenuto nella seconda ipotesi riguardi le cause
di inammissibilità diverse dalla tardività dell’impugnazione.
Ciò premesso, l’irrevocabilità della sentenza attribuisce al titolo
forza esecutiva (art. 650 cod. proc. pen., comma 1), con la
conseguenza che il pubblico ministero deve dare corso alla sua
esecuzione, senza alcuna discrezionalità sul punto, in quanto organo
preposto all’esecuzione, titolare del potere-dovere di emettere il
relativo ordine (Sez. 1, n. 3791 del 31/10/2000 – dep. 31/01/2001,
P.M. in proc. Trotta, Rv. 218044).
Giova infine sottolineare che quanto stabilito dall’art. 28 reg. cod.
proc. pen., comma 4 (“Il pubblico ministero promuove senza ritardo
l’esecuzione del provvedimento”) è diretta attuazione del principio
sancito dall’art. 650 cit. e che nessuna norma attribuisce al P.M. il
potere di sospendere l’esecuzione della sentenza irrevocabile. Gli
artt. 28 e 29 reg. cod. proc. pen. disegnano poi un iter interamente
obbligatorio, sia per la Cancelleria del Giudice, che per il pubblico
ministero che riceve l’estratto del provvedimento.

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5. Alla stregua delle esposte considerazione il ricorso deve essere
rigettato ed il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al
pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
In Roma, addì 24 giugno 2014
Il cons. estens.

A poter sospendere l’esecuzione dell’esecuzione già iniziata può
essere solo il Giudice: quello dell’esecuzione o quello
dell’impugnazione.
Questa Corte ha già affermato che il giudice dell’esecuzione, a
fronte di un appello tardivo avverso una sentenza con attestazione
di irrevocabilità, non ha il dovere di sospendere automaticamente
l’esecuzione della pena in attesa che il giudice dell’impugnazione si
pronunci sull’ammissibilità dell’appello, tanto più che quest’ultimo
ha un autonomo potere di sospensione per il caso in cui ritenga che
l’impugnazione sia stata proposta nei termini (Sez. 1, n. 11665 del
27/02/2008 – dep. 14/03/2008, Emuakpeje, Rv. 239520; Sez. 1, n.
37354 del 28/09/2005 – dep. 13/10/2005, P.M. in proc. Crepaldi,
Rv. 232512): in effetti l’art. 670 cod. proc. pen. indica chiaramente
che la sospensione dell’esecuzione debba essere disposta dal giudice
dell’esecuzione solo quando accerta “che il provvedimento manca o
non è divenuto esecutivo”; ma, appunto, la sentenza divenuta
irrevocabile per inutile decorso del termine per l’impugnazione ha
acquistato forza esecutiva.
I principi sin qui espressi e le argomentazioni sostegno sviluppate
trovano puntuale conferma in Cass. sez. I, 28.11.2012, n. 4891.

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