Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35495 del 03/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35495 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOVANNI CATERINA N. IL 06/11/1968
avverso la sentenza n. 541/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
11/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per

c9e-ttAk___

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 03/07/2013


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Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Di Giovanni Caterina, in stato di arresti domiciliari, avverso la sentenza della
Corte di appello di Messina in data 11 giugno 2012 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di
condanna in ordine al reato di furto in appartamento in concorso, nonché duplice tentato furto in altri
appartamenti, reati commessi tutti il 6 maggio 2010.

Deduce
Con particolare riferimento al furto consumato, la difesa sostiene che la affermazione di responsabilità
dell’imputata è stata effettuata nonostante che la persona offesa- un’anziana signora che aveva aperto
la cassaforte per consegnarle la somma di C 100, da quella richiesta per farle conseguire una pensioneavesse escluso di avere visto l’imputata impossessarsi anche di una busta contenente C 16.000, in
precedenza riposta nella cassaforte: una cassaforte le cui chiavi erano in possesso anche di un
congiunto della persona offesa.
Con riferimento all’ipotesi di tentato furto, poi, le deposizioni acquisite non facevano riferimento ad
atti idonei diretti in modo non equivoco alla apprensione di beni, essendosi, la sentenza, limitata a
constatare che l’imputata aveva bussato alla porta asserendo di essere testimone di Geova oppure
dipendenti dell’Inps;
2) la violazione dell’articolo 213 cpp e il vizio della motivazione, con riferimento al riconoscimento della
imputata, essendo stata effettuata una semplice individuazione di persone che è atto delle indagini
preliminari;
3) il vizio della motivazione sulla attendibilità della persona offesa.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Il primo motivo è inammissibile. Esso è stato preceduto da una formulazione , della medesima questione,
con motivo di appello del tutto generico e non sorretto da circostanze di fatto, con la conseguenza che
sulla questione stessa, già inammissibile in sede di appello, si era formata una preclusione alla ulteriore
deduzione.
Il secondo motivo è destituito di fondamentila luce della costante giurisprudenza di legittimità.
Questa ha posto in evidenza come il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia
giudiziaria non sia regolato dal codice di rito e costituisca un accertamento di fatto utilizzabile in giudizio in
base ai principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice; la certezza della
prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma dall’attendibilità accordata alla
deposizione di chi si dica certo dell’individuazione (N. 46024 del 2003 Rv. 226722, N. 16902 del 2004 Rv.
228043, N. 25762 del 2008 Rv. 241459).
Nel caso di specie il giudice ha motivato la particolare affidabilità dei riconoscimenti fotografici che sono
stati effettuati in modo concorde da tutte le persone citate nell’imputazione, anche nei confronti della
coimputata della ricorrente la quale, dal canto suo, ha formulato richiesta di patteggiamento.
Si tratta di una valutazione in fatto che soddisfa il dovere motivazionale che sul giudice incombe senza che
rimanga spazio a una censura, da parte della corte di legittimità, in punto di esaustività della motivazione o
di violazione di legge.

1) la violazione di legge e il vizio di motivazione.

Il terzo motivo tenta di introdurre una questione su tema non devoluto al giudice dell’appello e pertanto
oggetto di preclusione.
PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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