Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35484 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35484 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ANTONIO MARIO N. IL 21/04/1973
avverso l’ordinanza n. 3794/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
27/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
1e/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 27/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in esito all’udienza camerale celebratasi in data 27.12.2013, il
Tribunale del riesame di Roma confermava il provvedimento emesso il 18.12.13 con il quale il
G.I.P. del Tribunale di Cassino aveva applicato a D’ANTONIO Mario la misura della custodia
cautelare in carcere per il delitto di tentato omicidio, commesso in danno degli abitanti
dell’immobile in cui egli viveva e degli occupanti l’immobile limitrofo saturando il suo

cautelare era stato emesso anche per i concorrenti reati di resistenza a pubblico ufficiale e
lesioni personali.
1.1. Nella ricostruzione dell’episodio, accaduto verso le ore 3 del 15.12.2013 in
Minturno, il Tribunale ripercorreva la sequenza descritta nel verbale di arresto, culminata
nell’irruzione di agenti del locale Commissariato di P.S. nell’appartamento del D’ANTONIO,
ubicato al civico 29 di via Dalla Chiesa, previo abbattimento della porta d’ingresso.
Giunti all’interno dell’alloggio, gli operanti vennero investiti dal gas e dalla furia
dell’indagato, il quale, dopo aver minacciato di appiccare il fuoco con un accendino che teneva
stretto nella mano, si scagliò contro di loro. Ne nasceva una colluttazione, nel corso della quale
l’uomo, bloccato a terra, ingiuriò ripetutamente i pubblici ufficiali e tornò ad aggredirli dopo
che costoro avevano provveduto a chiudere quattro bombole di gas e ad aprire le finestre.
Condotto in ospedale ed esclusa all’esito di visita psichiatrica la presenza di
psicopatologie acute e la necessità di ricovero, il D’ANTONIO venne dichiarato in arresto.
In sede d’interrogatorio l’indagato aveva tentato di ridimensionare l’accaduto,
riconducendo il gesto ad un contrasto con la compagna che, dopo una lite, lo aveva
abbandonato; aveva negato, inoltre, ogni intento omicidiario, sostenendo di voler solo attirare
l’attenzione ed ottenere il ritorno della donna.
In sintonia con il Giudice della misura, il Collegio del riesame disattendeva la versione
difensiva, in quanto contrastante con la situazione di fatto verificata dagli operanti nei termini
prima descritti.
1.2. Tenuto conto della situazione riscontrata, delle condizioni di tempo e di luogo – il
fatto si verificò in ore notturne, con conseguente ridotta possibilità di percezione immediata
della situazione di pericolo – dei mezzi usati e dell’idoneità degli stessi a cagionare l’esplosione
dell’appartamento e la morte di numerose persone, il Tribunale romano riteneva ravvisabile il
quadro indiziario grave del reato di tentato omicidio.
L’idoneità causale della condotta dell’indagato a mettere in pericolo l’incolumità dei
condomini era evidente, atteso che il D’ANTONIO aveva riferito all’operatore del pronto
intervento della Polizia di Stato “113” di volersi accendere una sigaretta e far saltare in aria il
palazzo e gli occupanti, precisando di aver aperto l’erogatore di quattro o cinque bombole e di
aver saturato l’ambiente.

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appartamento con il gas e minacciando di appiccare il fuoco con un accendino; il titolo

Pertanto, la contestazione difensiva circa il numero di bombole di gas aperte, il livello di
saturazione degli ambienti ed il mero proposito suicidiario doveva reputarsi smentita dalle
stesse affermazioni dell’indagato.
Sussisteva il dolo diretto del reato, nella forma del dolo alternativo, trattandosi di caso
in cui l’agente aveva previsto e voluto, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro
degli eventi (nella specie morte o grave ferimento delle vittime), causalmente ricollegabili alla
sua condotta cosciente e volontaria.

devastanti per terzi ignari ed inermi, e per le precedenti condanne subite dal D’ANTONIO per
guida in stato di ebbrezza, lesioni, molestia e disturbo alle persone e procurato allarme quest’ultima significativa dell’abituale ricorso dell’indagato a gesti esasperati per risolvere
situazioni conflittuali private – il Tribunale del riesame ravvisava nei confronti del medesimo
un più che fondato pericolo di reiterazione, ad arginare il quale la misura di massimo rigore
doveva considerarsi l’unica idonea, tenuto conto dell’estrema pericolosità dell’azione e della
determinazione dimostrata dall’indagato.
2. Ha proposto personalmente ricorso per cassazione D’ANTONIO Mario.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza
della gravità indiziaria ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen..
Nello sviluppare il motivo, il ricorrente contesta pressoché integralmente la ricostruzione
dei fatti descritta nella impugnata ordinanza, con particolare riferimento alla saturazione di gas
degli ambienti, al numero delle bombole presenti nell’appartamento da lui occupato ed alla
presunta chiusura delle finestre dell’appartamento stesso.
Quanto all’elemento psicologico, la motivazione non spiegava, a suo dire, perché, se il
ricorrente avesse davvero voluto porre in essere l’insano gesto, avrebbe dovuto poi avvisare il
“113” della sua intenzione e chiedere aiuto, indicando l’esatta ubicazione dello stabile ove
dimorava, facendo segnali dalla finestra agli operanti e aprendo il portone d’ingresso dello
stabile.
Il Tribunale, nell’affermare la sussistenza del dolo diretto nella forma del dolo
alternativo aveva omesso di spiegare per quale motivo l’evento non si era poi concretamente
realizzato, trascurando di valutare la configurabilità di un’ipotesi di desistenza.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge in punto di
esigenze cautelari.
Il Tribunale aveva omesso di considerare l’eventuale idoneità della misura degli arresti
domiciliari a tutelare le esigenze ravvisate, idoneità che in concreto discendeva dalla
disponibilità abitativa in altro luogo fornita dal padre.
Né escludevano a priori un rapporto fiduciario con l’Autorità gli occasionali e non
particolarmente rilevanti precedenti a suo carico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

1.3. Per la gravità del fatto, costituito da un’azione eclatante con eventuali effetti

Il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Premesso che, con il presente atto impugnatorio, il ricorrente ha censurato, sotto il
profilo della violazione di legge, la sussistenza della gravità indiziaria con esclusivo riferimento
al delitto di tentato omicidio e non anche ai reati concorrenti di resistenza a pubblico ufficiale e
lesioni personali, occorre rilevare che, con ordinanza resa in data 8.4.2014 – depositata dal
difensore oggi in udienza – il Tribunale di Cassino, nel corso della fase dibattimentale del
giudizio di primo grado, ha sostituito la misura della custodia in carcere con quella degli arresti

tentato omicidio nel caso di specie, piuttosto caratterizzato “principalmente come un tentativo
di suicidio”.
Conseguentemente, detto Tribunale ha ritenuto adeguata, in relazione agli altri due
reati di minore gravità, la misura degli arresti domiciliari.
Ciò posto, il D’ANTONIO non ha più interesse a coltivare né il primo motivo di ricorso,
come detto afferente alla ravvisata sussistenza del delitto di tentato omicidio (esclusa nei
termini suesposti dal Giudice della cognizione in fase dibattimentale), né il secondo motivo, con
cui aveva censurato la mancata concessione della misura gradata della custodia domiciliare,
nelle more ottenuta.
La sopravvenuta inammissibilità non comporta provvedimenti accessori di condanna, in
adesione alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, qualora il venir meno
dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione, alla
dichiarazione di inammissibilità indipendente dalle cause previste dagli artt. 591, comma 1, e
606, comma 3, cod. proc. pen. non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del
procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende
(Sez. U, n. 20 del 9/10/1996, Vitale, Rv. 206168; Sez. U, n. 7 del 25/6/1997, Chiappetta, Rv.
208166; Sez. 6, n. 22747 del 6/3/2003, Caterino, Rv. 226009; Sez. 2, n. 30669 del
17/5/2006, De Mitri, Rv. 234859).

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il c
Così deciso in Roma, il

per sopravvenuta carenza di interesse.

a.r t 2014

domiciliari, manifestando il proprio convincimento circa la non configurabilità del reato di

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