Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35483 del 30/07/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 35483 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Mondello Giuseppe, nato a Messina 1’11.7.1973, e
da Ceccoli Denis, nato a Rimini il 9.9.1973,
avverso la sentenza emessa il 26 ottobre 2012 dal giudice del tribunale di
Pesaro, sezione distaccata di Fano;
udita nella pubblica udienza del 30 luglio 2013 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Antonio Mura, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Pesaro, sezione distaccata di Fano, dichiarò Mondello Giuseppe e Ceccoli Denis colpevoli del
reato di cui all’art. 18, comma 1, d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, per avere,
nella qualità di amministratore unico della ditta Amistà Cooperativa Sociale srl
esercitato l’attività di somministrazione di lavoro senza la prescritta autorizzazione, avendo il primo occupato i lavoratori dipendenti presso la ditta Energo
srl di Ancona e il secondo presso la ditta Barberini Allestimenti srl di Ancona in
attività rientranti nel normale processo produttivo di queste aziende, e condannò
il mondello alla pena di E 14.800,00 di ammenda e il Ceccoli alla pena di E
33.900,00 di ammenda, mentre assolse il Ceccoli dai reati contestati ai capi C) e
D) per non avere commesso il fatto.
Gli imputati, a mezzo dell’avv. Claudio Savelli, propongono ricorso per
cassazione deducendo.
1) erronea applicazione dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. e nullità
della notificazione della sentenza contumaciale. Osservano che avevano dichiarato domicilio presso le rispettive residenze, rimaste immutate, mentre la sen-

Data Udienza: 30/07/2013

-2 tenza è stata notificata al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161, comma 4,
cod. proc. pen. Dalle relate di notifica non si evince la ragione per la quale non
è stato possibile effettuare la notificazione presso il domicilio dichiarato.
2) Nullità della sentenza per difetto di correlazione con l’imputazione ai
sensi degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. Osservano che il Mondello è imputato
di avere, quale amministratore unico della srl Amistà Cooperativa Sociale occupato alcuni lavoratori dipendenti presso la ditta Energo srl di Ancona. La sentenza ha invece ritenuto sussistente il reato per avere occupato i dipendenti non
già presso la ditta Energo bensì presso la ditta Barberini Allestimenti. Non si
tratta di diversa qualificazione giuridica ma di diversità del fatto contestato.
3) erronea applicazione dell’art. 18 d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Lamentano che la sentenza non motiva sulla effettiva sussistenza di una attività di
somministrazione non autorizzata di lavoro dipendente. Infatti i contratti di appalto sono stati regolarmente conclusi ed eseguiti e non poteva essere ravvisata
una somministrazione di mano d’opera. Invero il verbale si limita ad una mera
elencazione di lavoratori dipendenti dalla Energo che stavano operando presso
la ditta Barberini. Le attività svolte erano quelle specificate nel contratto di appalto ed è irrilevante la circostanza che lavorassero anche altri lavoratori della
ditta Barberini.
Motivi della decisione
Il primo motivo è manifestamente infondato. E difatti, quand’anche vi fosse stata una nullità della notificazione dell’estratto contumaciale, ciò non potrebbe mai determinare addirittura una nullità della sentenza ma semmai solo il
mancato decorso del termine per poter proporre ricorso per cassazione. Il ricorrente, però, non ha chiesto di essere rimesso in termini per presentare ricorso
(che del resto è stato regolarmente presentato) e non ha dedotto questa nullità
ma si è limitato a dedurre una inconfigurabile nullità della sentenza impugnata.
Il secondo motivo è infondato, non essendo ravvisabile alcuna mancanza
di corrispondenza tra imputazione e sentenza. Con il capo A), invero, al Mondello è stato contestato di avere, quale amministratore unico della srl Amistà
Cooperativa Sociale occupato alcuni lavoratori dipendenti presso la ditta Energo srl di Ancona. Come risulta dalla stessa contestazione di cui al capo C) e
come del resto chiarito nella sentenza impugnata, è poi risultato che questi lavoratori sono stati poi impiegati dal Ceccoli, amministratore della ditta Energo,
presso la ditta Barberini Allestimenti nel ciclo produttivo di quest’ultima, pur
risultando formalmente quali dipendenti dalla società cooperativa Amistà. In
sostanza è stato dunque accertato proprio quanto contestato, ossia che il Mondello aveva occupato presso la ditta Energo del Ceccoli i lavoratori da lui dipendenti affinché gli stessi fossero poi di fatto occupati presso la ditta Barberini
per svolgere la medesima attività.
In ogni modo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «Con riferimento
al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi
mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta
prevista dalla legge, sì da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue

-3 che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va
esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione
e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è
del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia
venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto
dell’imputazione» (Sez. Un., 19.6.1996, n. 16, Di Francesco, m. 205619). Nella
specie, nel ricorso non è stato nemmeno evidenziato quale pregiudizio e quali
limitazioni del diritto di difesa avrebbe in concreto subito l’imputato.
Il terzo motivo è anch’esso infondato, in quanto la sentenza impugnata ha
fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha
ritenuto raggiunta la prova che nella specie vi era stata una illegittima somministrazione di mano d’opera. La sentenza ha invero evidenziato: – che era stata
acertata una commistione tra soggetti dipendenti dalla Barberini e quelli dipendenti dalla altre società (fra cui quelli dipendenti dalla Amistà, di cui al capo
A)), che prestavano di fatto la loro attività nell’azienda Barberini e per l’attività
produttiva di questa; – che tutti i lavoratori erano inseriti nel ciclo produttivo
della Barberini timbrando regolarmente il cartellino d’ingresso, utilizzando le
sua attrezzature e ricevendo disposizioni da detta società; – che pur esistendo un
formale contratto di appalto di servizi con la ditta Energo, i lavoratori dipendenti da questa e dalla soc. coop. Amistà lavoravano di fatto quali dipendenti della
Barberini.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i4 – ricorrentfbal pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 30
luglio 2013.

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