Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35481 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35481 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ANTONI GIUSEPPE N. IL 23/06/1981
avverso l’ordinanza n. 25/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 27/05/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10.6.2013, la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto, accoglieva l’istanza presentata da D’ANTONI Giuseppe per ottenere l’applicazione
della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., limitatamente ai reati di cui
all’art. 73 D.P.R. n. 309/90 giudicati con le sentenze indicate ai numeri 1) (sentenza
13.12.2004 Corte di Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto irrevocabile il 22.1.2006)

il 23.6.2006) del provvedimento stesso; rigettava, viceversa, l’istanza, per i reati di cui all’art.
73 D.P.R. n. 309/90 giudicati con le sentenze indicate ai numeri 3) e 4) dell’ordinanza
(rispettivamente: sentenza ex art. 444 c.p.p. 30.6.2006 G.I.P. di Taranto, irrevocabile il
16.10.2007; sentenza 24.1.2011 Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto,
irrevocabile il 20.12.2011), sia in considerazione del lasso di tempo intercorso tra questi ultimi
reati (commessi tra il 2006 e il 2009) e quelli oggetto delle prime due sentenze (commessi nel
biennio 2000-2001), sia perché l’ultimo delitto era stato commesso dal D’ANTONI in concorso
con PASQUINO Pasquale, non appartenente all’aggregazione di SAMBITO Cataldo (nella cui
orbita era inserito l’istante).
2. Ha proposto ricorso per cassazione D’ANTONI Giuseppe, per il tramite del suo
difensore di fiducia, deducendo, in un unico motivo, violazione di legge per l’esistenza di un
precedente giudicato e vizio di motivazione.
Si duole la difesa ricorrente che la Corte territoriale, con il provvedimento impugnato,
abbia sciolto il giudicato formatosi su provvedimento emesso in data 15.7.2008, con il quale il
G.I.P. di Taranto, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, aveva già riconosciuto l’esistenza del
vincolo della continuazione non solo tra i reati oggetto delle sentenze indicate sub 1) e 2), ma
anche tra i predetti e il reato giudicato con la sentenza di applicazione della pena pronunciata
dal G.I.P. di Taranto in data 30.6.2006 (indicata sub 3) nell’ordinanza censurata).
Il provvedimento, inoltre, era carente di motivazione, perché non aveva spiegato le
ragioni per le quali aveva inteso sciogliere il giudicato precedente.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata in sintonia con gli argomenti
svolti dal ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
1. Il principio del ne bis in idem permea l’intero ordinamento giuridico e fonda il preciso
divieto di reiterazione dei procedimenti e delle decisioni sull’identica regiudicanda, in sintonia
con le esigenze di razionalità e di funzionalità connaturate al sistema.

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e 2) (sentenza 14.6.2005 Corte di Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto irrevocabile

A tale divieto va, pertanto, attribuito, il ruolo di principio generale dell’ordinamento dal
quale, a norma del secondo comma dell’art. 12 preleggi, il giudice non può prescindere quale
necessario referente dell’interpretazione logico – sistematica.
Esso è, quindi, finalizzato ad evitare che per lo “stesso fatto” – inteso, ai fini della
preclusione connessa al predetto principio, come corrispondenza storico – naturalistica nella
configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi del reato (condotta,
evento, nesso casuale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, (Sez.

Sez. 2, 18 aprile 2008, n. 21035, rv. 240106) – si svolgano più procedimenti e si adottino più
provvedimenti anche non irrevocabili, l’uno indipendentemente dall’altro, e trova la sua
espressione in rapporto alle diverse scansioni procedimentali disegnate dal legislatore.
2. Anche se l’art. 669 c.p.p., detta una disciplina dettagliata solo riguardo ai conflitti
concernenti le sentenze e i decreti di condanna, esso è applicabile in via analogica anche con
riferimento alle ordinanze del Giudice dell’Esecuzione, ogniqualvolta esso rappresenti l’unico
strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro
la stessa persona.
La ragione che giustifica l’applicazione analogica dell’art. 669 c.p.p. anche ai
provvedimenti emessi in executívis va ricercata nella finalità stessa della disposizione,
rappresentando l’unico rimedio all’eventuale violazione del ne bis in idem (Sez. 1, 21 gennaio
1992, n. 4556, rv. 188955); essa rappresenta l’espressione di un costante orientamento di
sistema dettato ad evitare, per evidenti ragioni di razionalità, di economia processuale e di
tutela del diritto di difesa, che per lo stesso fatto – reato si svolgano più procedimenti, si
emettano provvedimenti l’uno indipendente dall’altro, si verifichi una duplicità di decisioni (Sez.
1, 20 novembre 2008, dep. 15 gennaio 2009, n. 1285, rv. 242750; Sez. 5, 10 luglio 1995, n.
1919, rv. 202653).
3. Nel caso di specie è indubbio che sul medesimo petitum, fondato sulle stesse
circostanze di fatto, sono stati adottati in tempi diversi due provvedimenti di segno opposto
all’esito di differenti procedure esecutive e ciò in palese violazione del principio del ne bis in
idem.
Di conseguenza deve trovare applicazione il disposto di cui all’art. 669 c.p.p., in base al
quale, in presenza di identità di pronunce sul medesimo “fatto”, trova applicazione la decisione
più favorevole.
Posto che il provvedimento reso dal G.I.P. di Taranto, quale Giudice dell’Esecuzione, in
data 15.7.2008 (riportato alla pag. 4 del certificato del casellario in atti con il n. 12), aveva
esteso il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze in precedenza indicate
sub 1) e 2) (sentenze 13.12.2004 e 14.6.2005 Corte di Appello di Lecce – sezione distaccata di
Taranto) al reato giudicato con la sentenza sopra menzionata sub 3) (sentenza ex art. 444
c.p.p. 30.6.2006 G.I.P. di Taranto, irrevocabile il 16.10.2007), mentre l’ordinanza oggi ricorsa
ha escluso dall’unico disegno criminoso il medesimo fatto-reato oggetto della predetta
2

Un., 28 giugno 2005, n. 34655, rv. 231799; Sez. 1, 21 aprile 2006, n. 19787, rv. 234176;

condanna sub 3), è quest’ultimo provvedimento a dover essere annullato senza rinvio, nella
parte impugnata, in quanto meno favorevole al condannato.
La presente sentenza va comunicata al Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte di Appello di Lecce.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Si comunichi al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di
Lecce.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014

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P.Q.M.

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