Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35478 del 27/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35478 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRISBALTO ALESSANDRO N. IL 31/10/1969
avverso il decreto n. 87/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/matite le conclusioni del PG Dott. [?
IJLL.0
(2£,Pc.i.A Q/A4.A4.1

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 27/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 4.4.2013, la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto
nell’interesse di TRISBALTO Alessandro avverso il provvedimento del 13-16.3.2012 con il
quale il Tribunale di Napoli aveva rigettato la richiesta di revoca ex art. 7 L. n. 1423/56 del
decreto emesso dallo stesso Tribunale il 19.2.2008, confermato dalla Corte territoriale con
decisione del 10 aprile 2010 e divenuto definitivo il 27.10.2011.

interamente eseguita, era esclusivamente volto a ottenere la revoca in funzione di revisione
della confisca ex tunc secondo l’invocato strumento di cui all’art. 7, comma, 2 L. n. 1423/56
(oggi lo strumento della revocazione e’ stato espressamente previsto dall’art. 28 del D. Lgs. n.
159/2011), per l’accertamento dell’insussistenza originaria della pericolosità sociale a motivo
della intervenuta sentenza di assoluzione di esso TRISBALTO dal reato associativo ex art. 74
D.P.R. n. 309/90 emessa dalla Corte di Appello partenopea in data 1.3.2010 e divenuta
irrevocabile.
Sul punto, la Corte di merito evidenziava (pag. 4) come il Tribunale, nel citato decreto
reiettivo dell’istanza di revoca della confisca, avesse osservato che nel decreto confermativo
della confisca (e della pericolosità del proposto), i Giudici di seconde cure avevano già valutato
la sentenza di assoluzione dell’1.3.2010 valorizzata dalla difesa, ritenendo la sussistenza di
indizi di appartenenza all’associazione finalizzata al narco-traffico in base a tutti gli elementi
oggetto della sua disamina.
Correttamente, secondo la Corte, il Tribunale aveva escluso di poter riconoscere nella
citata sentenza assolutoria – nelle more divenuta irrevocabile – il fatto “nuovo” attestante la
cessazione ex tunc della pericolosità qualificata del prevenuto, tale fatto non potendosi
individuare nella intervenuta irrevocabilità della sentenza.
Né era decisivo, al fine di revoca, il dato dello svolgimento, in epoca più recente, di
stabile e lecita attività lavorativa.
2. Ha proposto ricorso per cassazione TRISBALTO Alessandro, per il tramite del suo
difensore di fiducia, deducendo, in un unico motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 7,
co. 2, L. n. 1423/56; 1, 2 ter L. n. 565/75; 24 e 28, comma 1, D.L.vo n. 159/11.
Assume il difensore ricorrente che il Giudice della Prevenzione abbia posto a
fondamento della misura gli elementi che hanno portato al rinvio a giudizio del TRISBALTO per
i reati ascrittigli sulla base delle indagini di P.G. e dei successivi approfondimenti istruttori.
Una volta ancorata l’applicazione della misura unicamente al quadro indiziario
emergente in un primo tempo dal procedimento indicato, lo stesso Giudice non poteva più
discostarsi dall’esito di quel procedimento, pena la formulazione di un giudizio apodittico.
L’affermazione circa la già intervenuta valutazione della sentenza assolutoria doveva
considerarsi erronea e apparente: in primo luogo, perché non si rinvenivano dalle indagini, dai
provvedimenti emessi, dallo stile di vita o da altro, indizi sintomatici di pericolosità del

L’interesse dell’appellante, essendo stata la misura di prevenzione personale

proposto; in secondo luogo, perché l’irrevocabilità della assoluzione era intervenuta
successivamente al decreto n. 66/10 della Corte di Appello.
Il rinvio operato dalla Corte alle valutazioni sulla pericolosità contenute nel detto
decreto n. 66/10 – antecedenti alla irrevocabilità della sentenza assolutoria – integrava il vizio
di violazione di legge sub specie di motivazione apparente.
Andava censurata l’affermazione che negava il carattere della novità alla irrevocabilità
dell’assoluzione (pag. 7), essendo giuridicamente incomprensibile e in violazione dell’art. 7 e

Infine, non era vero che TRISBALTO aveva iniziato a lavorare solo in epoca recente, in
quanto già lavorava da circa ventotto anni.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, non ritenendo fatto sopravvenuto
rilevante la irrevocabilità della sentenza assolutoria, importando, bensì, esclusivamente la
concreta valutazione già operata dal Giudice della Prevenzione sui fatti che avevano
determinato l’assoluzione.
D’altro canto, l’attività lavorativa sarebbe stata rilevante solo ai fini dell’applicazione
della misura personale, peraltro già interamente eseguita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
1. Va, preliminarmente, rammentato che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso
per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, con la conseguenza che il vizio della
motivazione del decreto può essere dedotto solo qualora se ne contesti l’inesistenza o la mera
apparenza (tra molte, Sez. 6, Sentenza n. 35240 del 27/6/2013, Cardone e altri, Rv. 256263;
Sez. 6, Sentenza n. 35044 dell’8/3/2007, Bruno e altri, Rv. 237277; Sez. 5, Sentenza n.
40731 dell’11/7/2006, Magrone e altro, Rv. 235758).
2.

Va, altresì, ricordato che, in tema di misure di prevenzione, l’irrevocabilità

dell’accertamento della pericolosità sociale è subordinata alla condizione “rebus sic stantibus”,
e pertanto la rivalutazione è possibile in presenza di elementi nuovi, perché mai valutati anche
se esistenti, ovvero sopravvenuti, che possono essere costituiti dall’intervento della sentenza
assolutoria nel giudizio penale, sempre che essa non sia dovuta ad una diversa valutazione di
quegli stessi elementi che, considerati nella prospettiva del giudizio di prevenzione, sono già
stati ritenuti sufficienti a fondare il giudizio di pericolosità “ante delictum” (Sez. 2, Sentenza n.
13544 del 6/12/2005, dep. 13/4/2006, Bocellari ed altro, Rv. 233798).
Con ciò si è inteso affermare, in sostanza, che, in materia di misure di prevenzione,
stante l’autonomia del relativo procedimento da quello penale, l’assoluzione, ancorché
irrevocabile, da un delitto associativo (che si tratti o meno del delitto di cui all’art. 416 bis cod.
pen.) non comporta automatica esclusione della pericolosità del soggetto, quando la
2

dell’art. 28.

valutazione di tale requisito sia stata effettuata in base ad elementi distinti, anche se
desumibili dai medesimi fatti storici venuti in rilievo nella sentenza di assoluzione (Sez. 5,
Sentenza n. 145 del 12/1/1999, Bonanno C. ed altri, Rv. 213189; Sez. Un., Sentenza n. 18 del
3/7/1996, P.G. in proc. Simonelli ed altri Rv. 205261).
3. La Corte di Appello di Napoli ha fatto esatta applicazione dei principi suesposti,
ritenendo, in sintonia con il Giudice di primo grado e con argomentare scevro da vizi logici, che
il carattere di irrevocabilità acquisito dalla sentenza che aveva assolto il TRISBALTO dal reato

divenuta irrevocabile il 16.7.2010) non fosse idoneo, quale elemento di novità sopravvenuto, a
travolgere il giudicato formatosi nel procedimento di prevenzione principale, dal momento che i
Giudici di seconde cure, nel corpo motivazionale del decreto n. 66/10 in data 10 aprile 2010
(confermativo di quello di primo grado), avevano già pienamente valutato la citata decisione
assolutoria (all’epoca non ancora divenuta irrevocabile), pervenendo a giudizio di conferma
della pericolosità sociale del proposto quale indiziato di appartenere all’associazione finalizzata
al narco-traffico investigata sulla base di un’analisi autonoma – e diversa da quella del Giudice
penale – di tutti gli elementi sottoposti al suo vaglio.
Da quanto detto consegue che, alla luce dei principi prima esposti, risulta preclusa da
precedente giudicato ogni valutazione in ordine alla richiesta di revoca della misura di
prevenzione patrimoniale, così come correttamente ritenuto dai Giudici di merito.
Infine, con riferimento all’attività lavorativa del TRISBALTO, si rivela assorbente
l’avvenuta esecuzione della misura di prevenzione personale, con la conseguenza,
puntualmente evidenziata dal Procuratore Generale presso questa Corte, che l’impugnazione è
sul punto carente d’interesse.
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle
Ammende, che si stima equo fissare in € 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014

Il Consigli

DEPOSITATA

di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90 (resa dalla stessa Corte territoriale il 1° marzo 2010 e

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