Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35470 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35470 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GENTILE DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTOLI SALVATORE N. IL 17/09/1971
avverso l’ordinanza n. 83/2011 TRIB. LIBERTA’ di AVELLINO, del
04/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor

;

Data Udienza: 21/05/2013

Udito il Sostituto Procuratore Generale dott. Vittorio Eduardo Scardaccione che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il Difensore Avv. Andrea Castaldo, che ha concluso per l’accoglimento dei
motivi di ricorso ;
Letti il ricorso ed i motivi proposti ;

Nell’ambito del procedimento penale a carico di:
Masucci Angelo Domenico, Lombardi Antonio ed altri, indagati per i reati ex
artt. 81-110- 640 bis CP commessi in relazione all’attività della società “Via Lattea”,
veniva emesso il sequestro preventivo dei beni della predetta società;
-successivamente, il Gip presso il Tribunale di Ariano Irpino respingeva l’istanza
avanzata dal Curatore della società “Via Lattea” :
DOTT. SALVATORE SANTOLI
pervenuti
dei beni della
società
dissequestro
volta ad ottenere il
all’Amministrazione fallimentare a seguito della dichiarazione di fallimento;
L’appello proposto dinanzi al Tribunale per il riesame, veniva respinto dal Tribunale
di Avellino;
Ricorre per cassazione il predetto Curatore fallimentare Salvatore Santoli,
deducendo:
1° MOTIVI ex art. 606 ,1° co , lett. b) c.p.p.
l’istante lamenta la violazione di legge atteso che il
1)-Con il primo motivo,
decreto di sequestro era stato originariamente disposto ex art. 321 /co.1 CPP con
espresso riferimento al “periculum in mora” mentre il Gip, nel rigettare l’istanza
di dissequestro della Curatela fallimentare, introduceva nuovi riferimenti
normativi, giustificando il sequestro ai sensi dell’art. 321/co.2 CPP mediante
l’osservazione che ai sensi dell’art. 322 ter CP , il sequestro era finalizzato alla
confisca dei beni;
a parere del ricorrente non sarebbe consentito al Gip mutare la natura e la
funzione del sequestro preventivo già disposto, mediante il richiamo a riferimenti
normativi diversi da quelli indicati nel provvedimento originario;
2)-Con il secondo motivo , il ricorrente deduce la violazione di legge riguardo al
“quantum” del provvedimento di sequestro , disposto per l’intero importo del
finanziamento richiesto, pari ad € 1.892.441,81 mentre, a parere del ricorrente, il
sequestro avrebbe dovuto riguardare l’importo di soli € 118.478,85 pari alla somma
delle fatture per operazioni inesistenti prodotte dall’indagato nella procedura in
esame;
-al riguardo, il ricorrente deduce che il sequestro finalizzato alla confisca dovrebbe
riguardare il profitto od il prezzo del reato che, appunto, andrebbe individuato nella
somma delle fatture per operazioni inesistenti e non anche l’intero importo del
finanziamento, corrispondente ad altri valori;
CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato ;

1

CONSIDERATO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va ricordato che il tribunale del riesame non può annullare il provvedimento
cautelare impugnato ravvisando difetto di motivazione, potendo il solo giudice di
legittimità pronunciare il relativo annullamento per tale vizio, ma deve provvedere
integrativamente a un’autonoma valutazione del quadro indiziario già conosciuto dal
giudice delle indagini preliminari. La dichiarazione di nullità dell’ordinanza
impositiva della misura cautelare da parte del tribunale del riesame costituisce,
infatti, l’extrema ratio, nel caso cioè in cui il provvedimento cautelare sia mancante di
motivazione in senso grafico o la motivazione si risolva in clausole di stile.
Cassazione penale, sez. II, 26/04/2012, n. 30448
Come è noto, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito purché
il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice
con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le
conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano
connotazione di antigiuridicità e consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi
dell’offesa al bene protetto. Cassazione penale, sez. V. 25/01/2007, n. 8441
Sul punto, il Tribunale ha adottato una congrua motivazione, osservando:
-che il sequestro è stato disposto a seguito della contestazione del reato ex art. 640
bis CP;
-che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 640 quater CP ed art. 322 ter CP, è
sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del
reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la
disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo;
-che, pertanto, la restituzione dei beni era , in ogni caso, preclusa dalla previsione
della obbligatorietà della confisca;
Tale motivazione è corretta posto che, in tema di impugnazione del provvedimento di
sequestro, il divieto di restituzione della cosa sequestrata di cui all’art. 324, comma 7,
c.p.p. è applicabile nei casi di confisca obbligatoria previsti dall’art. 240, comma 2,
c.p. Cassazione penale, sez. IV, 12/07/2011, n. 34459
Né può ravvisarsi il mutamento dei riferimenti normativi richiamati nell’originario
decreto di sequestro con espresso riferimento al “periculum in mora” posto che il
“periculum in mora” deve ritenersi “in re ipsa”, stante la finalità della misura
cautelare che è quella di rendere in concreto possibile la successiva confisca in caso
di condanna o di applicazione della pena su richiesta Cassazione penale, sez. IV,
09/06/2010, n. 24593

2

3.2.a)-I1 primo motivo è infondato, posto che dalla lettura del decreto del 22.06.2009
emerge che il sequestro è stato disposto ai sensi dell’art. 321 CPP senza altra
specificazione normativa, salvo l’accenno al “periculum”
contenuto nella
motivazione,
sicché il Gip non ha operato alcun mutamento dei riferimenti
normativi ma ha provveduto solo all’integrazione della medesima motivazione;

infatti:
nel delitto di cui all’art. 640 bis c.p. (truffa per il conseguimento di erogazioni
pubbliche) il danno patrimoniale dell’ente pubblico si identifica non con il lucro
cessante, bensì soltanto con il “danno emergente” sorto al momento della elargizione
in denaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la spesa. Ne
consegue che è ravvisabile il suddetto delitto nell’ipotesi in cui, al di là della effettiva
realizzazione dei lavori finanziati, siano state prospettate modalità di esecuzione
degli stessi del tutto diverse da quelle utilizzate. Cassazione penale, sez. VI,
13/11/2003, n. 38
in ogni caso, va osservato che nella specie, il Tribunale non ha ravvisato il “fumus”
del reato solo sulla scorta delle fatture per operazioni inesistenti atteso che il capo di
imputazione contesta agli imputati di avere costituito “un falso apparato contabile”
costituito dalle predette fatture ed anche da “dichiarazioni false attestanti pagamenti
mai avvenuti” sicché il calcolo del danno, anche a voler seguire la tesi difensiva,
non va ristretto ai soli importi delle fatturazioni false; né può provvedersi ad una
precisa ed accurata contabilità in questa fase cautelare.
3.3)-Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p. .

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in camera di consiglio, il 21.05.2013

3.2)-Ugualmente infondato è il motivo sull’importo sottoposto a sequestro posto che
risulta corretta la motivazione del tribunale laddove ha osservato che la produzione
delle fatture per operazioni inesistenti non esaurisce il danno per l’ente pubblico,
atteso che , presupposto per l’erogazione dei contributi e dei finanziamenti , è la
correttezza dell’intera operazione e della relativa procedura, sicchè il
finanziamento non può essere concesso nel caso di procedura sia pure in parte
fraudolenta;

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