Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35470 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35470 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI STEFANO CATIA N. IL 14/06/1966
avverso l’ordinanza n. 6855/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 26/09/2013
sentita la rJ.azione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/settfe le conclusioni del PG DotttaNn s-c-o 01/.4. t&

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Data Udienza: 09/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 26.9.2013 il Tribunale di sorveglianza di Roma
dichiarava inammissibili le istanze presentate da Catia Di Stefano, volte
all’applicazione delle misure alternative di cui agli artt. 47 -ter e 50 Ord. Pen. e
rigettava la richiesta relativa all’affidamento in prova al servizio sociale.
Premetteva che già era stata in precedenza sospesa l’esecuzione della pena
ed avanzata istanza di applicazione della misura alternativa dell’affidamento in

inammissibilità del relativo ricorso per cassazione il 18.7.2013

(rectius

il

16.7.2013), il pubblico ministero aveva disposto l’esecuzione della pena residua
di anni due, mesi sette e giorni diciassette di reclusione.
Riteneva, quindi, inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare perché la
pena residua è superiore a due anni e così pure quella di semilibertà non
risultando espiata la metà della pena inflitta (anni tre e mesi cinque di
reclusione) avendo espiato solo mesi nove e giorni quindici.
Quanto alla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, il tribunale
richiamava le valutazioni già operate con il provvedimento emesso il 27.9.2012,
pur tenuto conto della documentazione lavorativa, formulando, quindi, un
giudizio prognostico negativo.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la condannata,
a mezzo del difensore di fiducia, denunciando, primo luogo, la violazione di legge
ed il vizio di motivazione con riferimento alla misura dell’affidamento in prova al
servizio sociale, rilevando che il tribunale si è limitato a richiamare la valutazione
della precedente ordinanza che, peraltro, era di contenuto contraddittorio
rispetto al provvedimento coevo con il quale era stato ritenuto il fumus boni iuris
ed era stata disposta la sospensione dell’efficacia della predetta ordinanza di
rigetto in attesa della decisione del ricorso per cassazione.
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione di legge con
riferimento all’art. 656 comma 4-bis introdotto con il d.l. 78 del 2013.
Si afferma che il tribunale non doveva pronunciare la inammissibilità della
istanza di detenzione domiciliare, atteso che il magistrato di sorveglianza è
competente a decidere sulla detenzione domiciliare infrabiennale.
Assume, altresì, che il tribunale non avrebbe dovuto provvedere sulla
detenzione domiciliare, ma rimettere la decisione al magistrato di sorveglianza
perché l’art. 656 comma 4-bis introdotto dal d.l. n. 78 del 2013 impone l’obbligo
al pubblico ministero di chiedere al magistrato di sorveglianza l’applicabilità della
liberazione anticipata quando la pena residua da espiare non è superiore a tre
anni.
2

prova al servizio sociale che era stata rigettata e, a seguito della dichiarazione di

Infine, contesta la ritenuta inammissibilità della semilibertà, affermando che
quella surrogatoria dell’affidamento in prova può essere applicata anche al
condannato che non ha espiato metà della pena o che non ha ancora eseguito la
pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Non è fondato, ad avviso del Collegio, il primo motivo di ricorso con il quale

prova al servizio sociale limitandosi a richiamare la valutazione della precedente
ordinanza del 27.9.2012. Invero, la richiamata decisione di rigetto è divenuta
irrevocabile a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per
cassazione, circostanza che supera la dedotta difformità di valutazione rispetto al
provvedimento con il quale era stata disposta la sospensione dell’efficacia della
stessa ordinanza. Il provvedimento richiamato-che è stato allegato all’ordinanza
impugnata-risulta compiutamente motivato e il tribunale ha dato atto che unico
elemento di novità è rappresentato dalla possibilità lavorativa della condannata o
che, tuttavia, è stata ritenuta recessiva alla luce della prognosi negativa
formulata; né vi è stata osservazione successiva significativa rispetto alla
precedente ordinanza, atteso che l’esecuzione della pena è iniziata soltanto pochi
mesi prima della decisione.
Il tribunale, pertanto, ha fatto corretta applicazione del principio per il quale
la concessione delle misure alternative alla detenzione implica un giudizio
prognostico attinente alla rieducazione, al recupero e al reinserimento sociale del
condannato e alla prevenzione del pericolo di reiterazione di reati e, tenuto conto
dell’effettiva e ampia portata precettiva della funzione rieducativa della pena, la
concedibilità o meno delle misure alternative alla detenzione postula la
valutazione, in concreto, delle specifiche condizioni che connotano la posizione
individuale del singolo condannato e delle diverse opportunità offerte da ciascuna
misura secondo il criterio della progressività trattamentale.
Detta valutazione, nella specie per quanto si è detto, è stata rappresentata
con motivazione connotata dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di
logicità sui quali può intervenire il sindacato di legittimità.
Sono manifestamente infondati i rilievi in ordine alla declaratoria di
inammissibilità della detenzione domiciliare.
Premesso che la misura dell’esecuzione presso il domicilio di cui all’art. 1
legge n. 199 del 2010 e ss. modifiche, di competenza del magistrato di
sorveglianza, è applicabile alla pena non superiore a diciotto mesi anche se
residua di maggior pena, deve rilevarsi, quanto all’applicazione della disciplina
introdotta dal d.l. n. 78 del 2013 r che la stessa non era vigente all’epoca in cui
3

la Di Stefano lamenta che il tribunale ha rigettato la misura dell’affidamento in

era stata disposta la sospensione dell’esecuzione da parte del pubblico ministero
e che l’ordine di esecuzione della pena è stato emesso a seguito del rigetto della
misura alternativa richiesta. Peraltro, la ricorrente deduce solo genericamente
che nella specie poteva essere riconosciuta la liberazione anticipata «in
prevenzione» ex art. 656 comma 4 -bis cod. proc. pen., nè indica se il
quantum di pena detraibile a seguito della liberazione anticipata fosse idoneo a
rientrare nei limiti di pena residua da espiare richiesti per la misura della
detenzione domiciliare. In ogni caso le questioni in ordine alla sospensione

dell’esecuzione.
Anche la doglianza relativa alla ammissibilità della misura della semilibertà è
inammissibile palesandosi generica e scarsamente perspicua. Invero, la misura
alternativa della semilibertà di cui al comma 1 dell’art. 50 Ord. Pen. cui sembra
riferirsi la ricorrente ha riguardo alla espiazione della pena non superiore a sei
mesi.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso, il 9 aprile 2014

Il Coìnsigliere estensore

dell’esecuzione della pena devono essere fatte valere dinanzi al giudice

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