Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35467 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35467 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PELUSO ROBERTO N. IL 25/12/1977
avverso il decreto n. 3/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
04/06/2013
sentita7lazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/se ite le conclusioni del PG Dott. e l (“_,stputitì e.,Lke

e-CeAek

Data Udienza: 09/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 4.6.2013 la Corte di appello di Roma rigettava il
ricorso proposto da Roberto Peluso avverso il provvedimento del tribunale della
stessa sede che il 2.11.2012 aveva applicato al predetto la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza per la durata di
anni due.
In particolare, l’attualità della pericolosità sociale del predetto veniva

violazioni in materia di stupefacenti, commessi per un lungo periodo dal 2003
sino al 2010 senza soluzione di continuità.

2. Avverso il decreto di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il
proposto, personalmente, deducendo la violazione di legge ed il vizio della
motivazione lamentando, in particolare, la mancanza del presupposto della
attualità della pericolosità.
Rileva che la Corte di appello si è spinta al di là del devolutum svolgendo
ampia attività istruttoria ai fini della decisione.
Afferma che il curriculum criminale del proposto si ferma al 2010 e che i
precedenti relativi a fatti risalenti nel tempo, l’intervenuta assoluzione per il
reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, l’esclusione di altri fatti contestati
del 2007 e la definizione con patteggiamento di quelli più recenti escludono la
prognosi di pericolosità sociale attuale.
Deduce, inoltre, la inesistenza di frequentazioni con soggetti pregiudicati e
rileva che la valutazione di pericolosità è contraddetta dal riconoscimento di
benefici penitenziari sulla base di positiva valutazione del magistrato di
sorveglianza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Le doglianze proposte dal ricorrente non sono fondate.
Premesso che nessuna violazione processuale specifica è stata dedotta dal
ricorrente in ordine alla attività istruttoria svolta dalla Corte di appello, deve
rammentarsi che il procedimento di prevenzione è disciplinato in via generale,
alla luce degli espressi rinvii normativi contenuti nell’art. 4 legge n. 1423 del
1956 (ora artt. 7 comma 9 e 10 comma 4 d.lgs. n. 159 del 2011), secondo le
norme del procedimento di esecuzione e di quello per l’applicazione della misura
di sicurezza che attribuiscono, ai sensi dell’art. 666 comma 5 cod. proc. pen. e
dell’art. 185 disp. att. cod. proc. pen., poteri istruttori al giudice che procede,
purchè sia rispettato il regolare contraddittorio delle parti.
2

ritenuta sulla base delle numerose condanne per reati contro il patrimonio e per

Tanto precisato, la Corte di appello ha fondato la decisione su una compiuta
valutazione di tutti gli elementi di fatto acquisiti nel procedimento facendo
corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in ordine alla verifica
della sussistenza dei presupposti necessari per formulare il giudizio di
pericolosità attuale che rende necessaria e legittima le limitazioni che derivano
dall’applicazione della misura di prevenzione personale.
In specie, ha operato una puntuale verifica delle condotte poste in essere
del proposto, in particolare con riferimento a quelle oggetto di procedimenti

per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, lo stesso è stato rinviato a
giudizio con riferimento a numerose violazioni di cui all’art. 73 del citato d.P.R.
indicate in nove distinte contestazioni relative a fatti commessi tra il 2006 ed il
2007 in un contesto associativo. Ha, altresì, sottolineato le vicende oggetto di
altro procedimento relativo a ben ventuno episodi di falso, ricettazione e truffa,
commessi tra novembre e febbraio 2003 ed il più recente episodio del 2010
relativo ad ulteriore violazione in materia di stupefacenti e all’art. 4 legge n. 110
del 1975 con riferimento al quale il proposto è attualmente detenuto.
L’accertamento della pericolosità sociale che prescinde dall’affermazione
della penale responsabilità deve fondare su una valutazione da parte del giudice
di elementi di fatto dai quali si possa desumere, tenuto conto delle oggettive
condotte di vita del proposto, la pericolosità sociale dello stesso secondo le
categorie cui la normativa vigente riconduce l’applicabilità delle misure di
prevenzione personali. Quindi, la misura di prevenzione è applicabile, in ragione
dell’autonomia tra il giudizio di cognizione e quello di prevenzione, anche nel
caso in cui sia intervenuta l’assoluzione del proposto per il reato in
contestazione, purchè il giudice indichi le concrete circostanze di fatto, non
smentite dalla decisone assolutoria, dalle quali si possa desumere la pericolosità.
Quanto alla valutazione dell’attualità della pericolosità, deve rilevarsi che la
Corte di appello ha ritenuto correttamente che la lunga carriera delinquenziale ed
il coinvolgimento del proposto in un allarmante contesto criminale, anche alla
luce dei più recenti fatti del 2010 per i quali è tuttora in stato di detenzione,
consentano di affermare la attuale pericolosità che deve essere valutata al
momento della decisione di primo grado.
I giudici di merito hanno, altresì, ritenuto con argomenti logici che la
perseveranza nelle condotte illecite sia dimostrazione che il proposto non ha
colto le finalità dei benefici penitenziari ottenuti. In ogni caso, stante l’attuale
detenzione, la persistenza della pericolosità dovrà essere verificata al momento
della effettiva sottoposizione alla misura di prevenzione, secondo quanto
affermato dalla Corte cost. con sentenza n. 291 del 2013.

3

penali pendenti a carico del Peluso, rilevando che, pur essendo stato prosciolto

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso, il 9 aprile 2014.

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