Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35464 del 14/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35464 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dall’Avvocato Pietro Chiodo, quale difensore di
Passalacqua Antonio (n. il 06/05/1989), avverso l’ordinanza del Tribunale di
Catanzaro, in data 02/11/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Mario
Fraticelli, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Osserva:

Data Udienza: 14/05/2013

Con ordinanza del 20/09/2012, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catanzaro dispose la misura cautelare della custodia in carcere
di Passalacqua Antonio, indagato per i reati di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90
(associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti) e artt.
110 e 73 D.P.R. 309/90 (più reati di detenzione e spaccio di sostanze
stupefacenti).

Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 02/11/2012, annullò l’impugnata
ordinanza limitatamente al capo 1 della rubrica (art. 74 D.P.R. 309/90) e
confermò nel resto l’impugnata ordinanza e la misura in atto applicata.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo la
mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari
e all’adeguatezza della misura della custodia in carcere.
li difensore dell’indagato conclude, pertanto, per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia —
come nel caso di specie – compatibile con il senso comune e con “i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula
giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4 sent. n. 47891 del 28.09.2004
dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep.
31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep.
25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze sono
prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento

Avverso tale provvedimento il ricorrente propose richiesta di riesame. Il

impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto
di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti il
Tribunale ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione,
evidenziato tutte le ragioni dalle quali desume i gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’indagato per i reati di cui sopra (gravi indizi non contestati dal
ricorrente se non in relazione alla loro valutazione ai fini della scelta della

la misura della custodia in carcere l’unica adeguata a soddisfare le esigenze
cautelari. Si deve osservare che per quanto riguarda il pericolo di cui
all’articolo 274 lettera C del c.p.p. il Tribunale del riesame ha, poi,
correttamente valutato — seppur implicitamente – il “tempo trascorso dalla
commissione del reato” (a norma dell’art. 292, comma primo, lett. c, cod.
proc. pen.; si veda ad esempio alle pagine 2 e ss. dell’ordinanza ove si
affronta il problema della cd. contestazione a catena) ed ha ritenuto — con
motivazione incensurabile – che l’oggettiva gravità e modalità di esecuzione
dei fatti e la personalità dell’indagato – che ha anche un precedente penale
specifico ed è stato attinto da altra misura cautelare per reati dello stesso tipo
– fanno ritenere sussistente il pericolo di reiterazione del reato nonostante il
tempo trascorso dalla commissione del reato. In particolare il Tribunale
sottolinea che la vicenda è sintomatica dell’inserimento del Passalacqua nel
circuito malavitoso dedito alla cessione al minuto di sostanze psicotrope ed
espressione “di un vero e proprio habitus delinquendi”; per questi motivi
ritiene che la misura della custodia in carcere sia l’unica misura idonea. In
proposito questa Suprema Corte ha affermato il principio che in tema di
misure coercitive, il tempo trascorso dalla commissione del reato non
esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui
all’art. 274 comma primo, lett. c) cod. proc. pen. (nella fattispecie la Corte ha
ritenuto congrua la motivazione della misura custodiale fondata
sull’accertamento dell’attuale adesione del ricorrente, inquisito per reati
risalenti nel tempo, ad un’associazione criminale per lo spaccio di droga;
Sez. 4, Sentenza n. 6717 del 26/06/2007 Cc. – dep. 13/02/2008 – Rv.
239019). Infine, come già rilevato, il Tribunale ben motiva sul perché ritiene
impossibile ritenere adeguate altre misure cautelari (in particolare gli arresti
domiciliari; si veda pag. 21 dell’impugnata ordinanza).

misura) dai quali ricava, poi, il giudizio di pericolosità che lo porta a ritenere

Sulla correttezza di tali considerazioni del Tribunale è sufficiente
richiamare il principio giuridico, più volte ribadito da questa Corte e condiviso
dal Collegio, che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del
reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen., tra i quali
sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto, sicché non deve essere
considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere

correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della
pericolosità dell’indagato. (Sez. 4, Sentenza n. 34271 del 03/07/2007 Cc. dep. 10/09/2007 – Rv. 237240). Inoltre, in tema di misure cautelari, ai fini
della prognosi della cosiddetta pericolosità sociale, il giudice deve porre
particolare attenzione ai dati riguardanti i precedenti penali del soggetto,
stante l’alta significazione, a tale fine, della recidiva nel reato e deve, altresì,
tenere conto delle specifiche modalità e delle circostanze del fatto (Sez. 5,
Sentenza n. 21441 del 17/04/2009 Cc. – dep. 22/05/2009 – Rv. 243887).
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. – dep. 16/12/1999 – Rv.
214794).
A fronte di ciò la difesa del ricorrente contrappone solo generiche
contestazioni in fatto. In proposito questa Corte ha più volte affermato il
principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione
quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591,
comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda
fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv
230634).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di

valutate — come congruamente è stato operato nel caso di specie – situazioni

inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione
in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui

del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, 11 14/05/2013.

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano !asino

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l’indagato trovai ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis

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