Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35462 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35462 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal

PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di TREVISO

avverso l’ordinanza del Tribunale di Treviso, in data 24 luglio 2013, nel proc. n.
108/2013, nei confronti di
SYAR Rachid, nato in Morocaino (Marocco) 1’11 giugno 1975,

Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita, nella camera di consiglio del

10 aprile 2014, la relazione svolta dal

consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del pubblico ministero presso questa corte di cassazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Oscar Cedrangolo, il quale ha chiesto

l’annullamento dell’ordinanza con restituzione degli atti al giudice a quo per
nuova deliberazione.

Data Udienza: 01/04/2014

RILEVATO IN FATTO
1. Il Tribunale di Treviso, giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta
avanzata da Syar Rachid, cittadino del Marocco, diretta ad ottenere la revoca
della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dallo stesso Tribunale in
data 11/11/2006, irrevocabile il 28/12/2006, con riguardo al reato di cui all’art.

domanda di revoca con riguardo alla condanna inflitta, con la stessa sentenza,
per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del medesimo T.U. imm.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso per denunciare la
violazione della legge processuale, poiché il Giudice dell’esecuzione aveva deciso
sulla richiesta di revoca della sentenza di condanna senza applicare il
procedimento in camera di consiglio previsto dall’art. 666, comma 3, cod. proc.
pen.; e la violazione della legge sostanziale, perché il Giudice dell’esecuzione
aveva erroneamente ritenuto che non fosse intervenuta l’abrogazione del reato
previsto dall’art. 6, comma 3, T.U. 1mm., nel testo vigente al tempo della
contestata violazione, risalente al 10 novembre 2006, mentre esso era stato
diversamente configurato dall’art. 1, comma 22, lett. h), della successiva legge
n. 94 del 2009, che aveva riscritto il comma 3 del medesimo art. 6 come illecito
commettibile dal solo straniero regolarmente soggiornante in Italia, il quale
rifiuti, senza giustificato motivo, l’esibizione agli ufficiali e agenti di pubblica
sicurezza sia dei documenti personali sia dei documenti legittimanti il suo
soggiorno nel territorio nazionale; con la conseguenza che il Syar, essendo
irregolarmente presente nel territorio nazionale alla data del 10 novembre 2006,
era stato condannato per un fatto non più previsto come reato dalla normativa
successiva.

3.

Il Procuratore generale presso questa Corte, ritenuta fondata e

assorbente la prima censura, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
con restituzione degli atti al Tribunale di Treviso per nuova deliberazione.

4. In data 11 marzo 2014 è pervenuta memoria difensiva del ricorrente, il
quale insiste per l’accoglimento del ricorso proposto dal pubblico ministero.

2

6, comma 3, d.lgs. 25/07/1998, n. 286 (T.U. imm.); mentre ha accolto la

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in entrambe le denunce formulate, con prevalenza da
accordare all’immediata declaratoria dell’abrogazione del reato previsto dall’art.
6, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo vigente al tempo della
commissione del fatto.

giudizio di cassazione, di una causa estintiva del reato ovvero (e a maggior
ragione: n.d.r.) di una causa di proscioglimento nel merito, da un lato, e di una
nullità processuale anche assoluta e insanabile, dall’altro, deve essere data
prevalenza alla prima, per effetto del principio della immediata declaratoria di
determinate cause di non punibilità, sancito dall’art. 129 cod. proc. pen., salvo
che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e
valutazioni riservati al giudice di merito, prevalendo in tal caso la nullità, in
quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio (Sez. 3, n.
1550 del 01/12/2010, dep. 19/01/2011, Gazzerotti, Rv. 249428; Sez. 6, n.
21459 del 26/03/2008, dep. 28/05/2008, Pedrazzini, Rv. 240066; Sez. U, n.
17179 del 27/02/2002, dep. 08/05/2002, Conti, Rv. 221403); accertamenti e
valutazioni non necessari, ovviamente, quando ricorre una causa di
proscioglimento nel merito.
Nel caso di specie, sussiste radicale violazione del contraddittorio, poiché il
giudice dell’esecuzione ha deliberato “de plano”, senza fissare l’udienza in
camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, con la
conseguente nullità d’ordine generale e di carattere assoluto del provvedimento
adottato, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, per omessa
citazione del condannato e assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria
la presenza (Sez. 3, n. 46786 del 20/11/2008, dep. 18/12/2008, Bifani, Rv.
242477; conformi: 44859 del 2008, Rv. 242196; n. 10747 del 2009, Rv.
242894).
In particolare, il giudice dell’esecuzione, ove rigetti per motivi di merito
l’istanza di revoca della sentenza di condanna per sopravvenuta “abolitio
criminis”, deve adottare necessariamente la procedura camerale prevista dall’art.
666, comma 3, cod. proc. pen., e non può emettere il provvedimento “de plano”,
consentito solo nel caso di inammissibilità della richiesta perché manifestamente
infondata per difetto delle condizioni di legge o perché mera riproposizione di
una richiesta già rigettata, ai sensi dello stesso art. 666, comma 2 (Sez. 1, n.
42900 del 27/09/2013, dep. 18/10/2013, Pretto, Rv. 257159; conformi: n. 1759
del 1995 Rv. 201896 e n. 14040 del 2007 Rv. 236216).
3

In proposito, questa Corte ha già affermato che, in caso di concorso, nel

Su tale nullità processuale, sussistente nel caso in esame, prevale tuttavia
l’obbligo dell’immediata declaratoria, a norma dell’art. 129, comma 1, cod. proc.
pen., dell’intervenuta abrogazione del reato previsto dall’art. 6, comma 3, d.lgs.
25 luglio 1998, n. 286, nel testo sostituito dall’art. 1, comma 22, lett. h), legge
15 luglio 2009, n. 94, intitolata: “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno già chiarito che, nella nuova

l’avvenuta sostituzione della disgiuntiva “ovvero” con la congiunzione “e”,
relativamente alle due categorie di documenti da esibire, rende palese che, al
fine di adempiere il precetto, è necessaria l’esibizione congiunta tanto dei
documenti di identificazione che del titolo di soggiorno: donde un mutamento
della ratio della norma, non più legata all’identificazione dello straniero, ma alla
verifica della sua legittima presenza nel territorio nazionale. Ricostruita in tali
termini, la figura criminosa non è più applicabile al soggiornante irregolare, il
quale, proprio per tale sua condizione, non può essere in possesso del permesso
di soggiorno: conclusione a sostegno della quale militano, altresì, argomenti di
ordine sistematico, correlati alle ulteriori modifiche al testo unico in materia di
immigrazione introdotte dalla stessa legge n. 94 del 2009. La novella legislativa
del 2009 ha, dunque, comportato l’abolizione, ai sensi dell’art. 2, comma
secondo, del codice penale, della fattispecie criminosa preesistente, per la parte
in cui si indirizzava agli stranieri in posizione irregolare (Cass., sez. un., n. 16453
del 24/02/2011, dep. 27/04/2011, Alavec, Rv. 249546).
Nel provvedimento impugnato, il Giudice dell’esecuzione ha erroneamente
applicato la sentenza della Corte costituzionale n. 230 del 2012 con riguardo al
contestato reato di cui all’art. 6, comma 3, T.U. imm., come se si fosse verificato
un mutamento giurisprudenziale di norma già vigente al tempo del fatto,
commesso il 10 novembre 1996, mentre la presunta violazione ha preceduto la
modifica della norma incriminatrice di cui al comma 3 dello stesso art. 6, operata
dall’art. 1, comma 22, lett. h), della legge n. 94 del 2009, cit., la quale ha
escluso il reato per gli stranieri, come il Syar, irregolarmente presenti nel
territorio dello Stato.
Il Giudice dell’esecuzione ha, invece, correttamente rilevato l’abrogazione
dell’art. 14, comma 5-ter, T.U. imm., nel testo all’epoca vigente, sulla base della
sopravvenuta sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, in data
28/04/2011, la quale ha dichiarato l’incompatibilità delle disposizioni di cui al
predetto art. 14, comma 5-ter, con la direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio del 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE, in materia di rimpatri di
cittadini di paesi terzi irregolarmente presenti negli Stati dell’Unione.
4

descrizione della fattispecie, costruita in chiave di inottemperanza ad un ordine,

2. Segue, a norma dell’art. 620, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.,
l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con la revoca della
sentenza di condanna del Tribunale di Treviso, in data 11 novembre 2006,
irrevocabile il 28 dicembre 2006, anche con riguardo alla condanna del Syar per
il reato previsto dall’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata relativamente alla denegata
revoca, che dispone, della sentenza di condanna del Tribunale di Treviso dell’Il
novembre 2006, irrevocabile il 28 dicembre 2006, nei confronti di SYAR Rachid
per il reato di cui all’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998.

Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso.

Così deciso, in Roma, il 10 aprile 2014.

P.Q.M.

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