Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35460 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35460 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
MORABITO Leo, nato a Bova Marina il 1°/01/1953,
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Palermo, in data 11 marzo 2013, nel
proc. n. 129/2012.

Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita, nella camera di consiglio del 10 aprile 2014, la relazione svolta dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del pubblico ministero presso questa corte di cassazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Sante Spinaci, il quale ha chiesto

Data Udienza: 01/04/2014

l’inammissibilità del ricorso con le conseguenti statuizioni.

RILEVATO IN FATTO
1. La Corte di appello di Palermo, giudice dell’esecuzione, con ordinanza
deliberata 1’11 marzo 2013, ha respinto l’istanza di Morabito Leo, condannato
con sentenza irrevocabile alla pena di anni ventidue di reclusione, diretta ad
ottenere la riduzione della pena subita, sul presupposto che, avendo egli
richiesto, in sede di cognizione, il giudizio abbreviato e non essendovi stato
ammesso per il dissenso manifestato dal pubblico ministero, la successiva

ciir–

modifica normativa, che non postulava più il necessario consenso della parte
pubblica per l’ammissione al rito speciale, lo abilitava a richiedere la revoca della
condanna e la conseguente riduzione della pena, alla luce della giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), in tema di art. 7, par. 1, e
art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), sulla
successione delle leggi penali nel tempo.

settembre 2009, caso Scoppola contro Italia, non era stata correttamente
invocata dall’istante, poiché attinente a modifica di norma penale sostanziale;
mentre la disposizione che subordinava l’ammissione dell’imputato al giudizio
abbreviato al consenso del pubblico ministero era di natura processuale, sicché
legittimamente era stata applicata, nel caso di specie, la regola tempus regit
actum, con esclusione del giudizio abbreviato richiesto dal Morabito in base alla
disciplina vigente al tempo del processo celebrato nei suoi confronti.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Morabito tramite il difensore, avvocato Giuseppe Serafino del foro di Messina, il
quale, con unico motivo, denuncia violazione di legge e motivazione mancante
e/o illogica, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in
relazione agli artt. 438 e 442 dello stesso codice, art. 2 cod. pen. e d.l. n. 341
del 2000.
Osserva il ricorrente di aver richiesto il giudizio abbreviato in tutti i gradi del
giudizio di merito, restandone escluso per il dissenso del pubblico ministero,
all’epoca ostativo, mentre la normativa successiva ha sancito il diritto
dell’imputato al giudizio abbreviato senza che il pubblico ministero possa
opporvisi o il giudice non ammetterlo.
Al suo caso avrebbe, dunque, dovuto applicarsi il principio sancito dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza dell’Il settembre 2009 (caso
Scoppola), che impone la pena meno severa nel caso di diversità tra quella
prevista al tempo della perpetrazione del reato e quella successivamente
disposta, secondo le norme che regolano la successione delle leggi penali nel
tempo, con il conseguente diritto di ottenere la riduzione di pena richiesta.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte, ritenuta la manifesta
infondatezza del reclamo, ne ha chiesto la declaratoria di inammissibilità.

4. Il 12 marzo 2014 è pervenuta memoria difensiva del ricorrente, il quale
insiste nella denuncia dell’evidente contrasto della decisione impugnata con i
2

Secondo la Corte di appello, invece, la sentenza n. 10249/03 del 17

principi espressi sia dalla Corte Edu che dalla Corte di cassazione in subiecta

materia, da applicare non solo ai condannati all’ergastolo, ma a tutti i condannati
per qualsiasi reato, una volta che, come nel caso del Morabito, sia stata
avanzata tempestiva e rituale richiesta di giudizio abbreviato, reiterata in tutti i
gradi del giudizio, ed essa sia stata respinta solo per l’esistenza, all’epoca, di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già delimitato i confini di applicabilità della sentenza della
Grande Chambre della Corte Edu n. 10249 del 17 settembre 2009, nel caso
Scoppola c. Italia, a favore del condannato alla pena dell’ergastolo con sentenza
passata in giudicato, il quale può ottenere, in sede esecutiva, la riduzione della
pena ex art. 442 cod. proc. pen., a condizione che abbia chiesto e sia stato
ammesso al rito abbreviato tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000 (e, cioè,
nella vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b), della legge n. 479 del 1999) e la
decisione sia stata pronunciata dopo il 24 novembre 2000, con applicazione
dell’art. 7, comma 1, d.l. 24/11/2000, n. 341, convertito, con modif., in legge
19/01/2000, n. 4, che ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno nei casi di
concorso di reati e di reato continuato (Sez. 1, n. 23931 del 17/05/2013,
dep. 03/06/2013, Lombardi, Rv. 256257; conformi: n. 4075 del 2012 Rv.
254212, n. 5134 del 2012 Rv. 251857, n. 25227 del 2012 Rv. 253093, n. 34233
del 2012 Rv. 252932, n. 48329 del 2012 Rv. 254096).
Ed è stato, altresì, precisato che la natura sostanziale della diminuente
premiale per il rito abbreviato, predicata dalla Cedu nella suddetta sentenza del
17 settembre 2009 (caso Scoppola c. Italia), non implica la trasformazione della
natura processuale di tutta la restante normativa concernente i presupposti, i
termini e le modalità di accesso al rito, aspetti rimessi alla scelta del legislatore
nazionale e non mutati dalla giurisprudenza comunitaria (Sez. 1, n. 48757 del
04/12/2012, dep. 17/12/2012, Aspa, Rv. 254524).
Nel caso di specie, è di tutta evidenza che la vicenda processuale del
ricorrente è estranea all’ambito di applicazione del principio sancito dalla Corte
europea e postula invece l’operatività di norme aventi esclusivamente natura
processuale in tema di accesso al giudizio abbreviato, subordinato, al tempo
della corrispondente richiesta del Morabito, nell’udienza preliminare del giorno 8
novembre 1996, al consenso negato del pubblico ministero, sia pure coi
mitigamenti di cui alle sentenze della Corte cost. 15 febbraio 1991, n. 81, e 31
3

condizioni ostative al rito alternativo, successivamente rimosse.

gennaio 1992, n. 23: la prima dichiarativa di illegittimità costituzionale del
combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442, nel loro testo originario,
nella parte in cui non prevedevano che il pubblico ministero, in caso di dissenso,
fosse tenuto ad enunciarne le ragioni e che il giudice, quando, a dibattimento
concluso, ritenesse ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, potesse
applicare la riduzione di pena di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen.; la

medesime norme nella parte in cui non prevedevano che analoga riduzione di
pena, ai sensi dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., potesse essere applicata
dal giudice, all’esito del dibattimento, quando ritenesse il processo definibile allo
stato degli atti già dal giudice per le indagini preliminari. Situazioni, l’una e
l’altra, non ricorrenti nel caso di specie, posto che, secondo le allegazioni dello
stesso ricorrente, egli non ebbe a beneficiare della riduzione di pena
conseguente al rito richiesto, pur avendo impugnato le ragioni del diniego e
insistito per il recupero dello sconto di pena fino al giudizio di cassazione.

2. Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione
pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in
euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla
cassa delle ammende.

Così deciso, in Roma, il 10 aprile 2014.

seconda dichiarativa di illegittimità costituzionale del combinato disposto delle

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