Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35458 del 21/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35458 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARERE MILCO N. IL 15/05/1969
avverso l’ordinanza n. 179/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
07/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. TAA TIre..02. ~310lA

Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 21/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7.6.2013 (dep. 19.6.2013), il Tribunale di Roma in composizione
collegiale, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, rigettava l’istanza proposta da PARERE Milco per
il riconoscimento della continuazione ex art. 671 c.p.p. in relazione ai reati contro il patrimonio
oggetto delle cinque seguenti sentenze:

aveva condannato il PARERE per il reato di furto aggravato alla pena di mesi quattro di reclusione
e £ 200.000 di multa (fatto commesso in Roma il 23.7.1991);
b) sentenza emessa in data 2.6.1993 dal Pretore di Roma, sez. distaccata di Frascati,
irrevocabile dal 6.7.1993, che aveva condannato il PARERE per il reato di furto aggravato alla
pena di mesi quattro di reclusione e £ 200.000 di multa (fatto commesso in Rocca di Papa, prov.
Roma, il 16.8.1991);
c) sentenza emessa in data 22.9.1995 dal Pretore di Roma, irrevocabile dal 18.9.1996, che
aveva condannato il PARERE per il reato di furto aggravato alla pena di mesi cinque di reclusione e
£ 400.000 di multa (fatto commesso in Roma il 3.3.1991);
d) sentenza emessa in data 10.5.1996 dal Pretore di Roma, irrevocabile dal 19.11.1996,
che aveva condannato il PARERE per il reato di furto aggravato alla pena di mesi quattro di
reclusione e £ 400.000 di multa (fatto commesso in Roma il 21.5.1991);
e) sentenza emessa in data 23.9.1996 dal Pretore di Roma, irrevocabile dal 12.4.1997, che
aveva condannato il PARERE per il reato di ricettazione alla pena di mesi otto di reclusione e £
400.000 di multa (fatto commesso in Roma il 5.7.1991).
Il Tribunale negava la sussistenza di un unico disegno criminoso poiché i reati di furto,
come si evinceva dall’esame delle sentenze di condanna, risultavano commessi in situazioni
eterogenee, con complici diversi e con oggetti materiali della condotta indifferenti.
2. Ha proposto ricorso per cassazione PARERE Milco, per il tramite del suo difensore di
fiducia, deducendo, quale unico motivo, carenza di motivazione (art. 606, lett. e), c.p.p.).
Secondo la difesa ricorrente, al di là della citazione di riferimenti giurisprudenziali in
materia, era carente nel provvedimento censurato un’analisi puntuale dei fatti e delle loro
modalità, nonché del luogo e del tempo di loro commissione alla cui stregua consentire
un’effettiva verifica del ragionamento posto a fondamento dell’esclusione del vincolo della
continuazione.
Eccepiva, tra l’altro, che tre delle cinque sentenze in discussione avevano ad oggetto furti
di autovetture, a confutazione del rilievo del Tribunale sulla diversità degli oggetti trafugati.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso
per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo il contenuto del ricorso.

1

a) sentenza emessa in data 23.7.1991 dal Pretore di Roma, irrevocabile dall’1.10.1991, che

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2.

Va premesso che appartiene al consolidato orientamento della giurisprudenza di

legittimità l’affermazione, secondo la quale l’unicità del disegno criminoso, presupposto

dell’istituto sia invocata in sede esecutiva, richiede sotto il profilo soggettivo la rappresentazione
dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin dall’inizio dell’attività
illecita, nel senso che l’autore deve avere già previsto e deliberato in origine ed in via generale
l'”iter” criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo, che nella loro
oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in essere in un contesto
temporale di successione o contemporaneità. Ne consegue che tale problema si risolve in una
“quaestio facti” la cui soluzione è rimessa di volta in volta all’apprezzamento del giudice di merito.
Resta comunque escluso che l’unicità di disegno criminoso possa identificarsi con
l’abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione delle norme penali, così
come, sul fronte opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati in
dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di
commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del “disegno”
criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il conseguimento di un unico intento,
sufficientemente specifico e rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di un
apprezzamento in punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se congruamente
motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità (Sez. 5, n. 23370 del 14/5/2008,
Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n. 18340 dell’11/2/2011, Scarda, Rv. 250305; Sez. 1, n. 12905 del
17/3/2010, Bonasera, Rv. 246838; Sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, Notaro, Rv. 245833).
A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di fatto contenuti nelle
sentenze che hanno giudicato le singole vicende criminose, deve riguardare una pluralità di indici
sintomatici, rivelatori dell’ideazione e della determinazione volitiva unitaria, quali la prossimità
temporale di commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le circostanze
concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene giuridico leso, le finalità perseguite, le abitudini
programmate di vita, con la specificazione che non è necessario rintracciare la compresenza di
tutti questi elementi, potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza di uno o più di essi
e che tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi tanto maggiore sarà la possibilità di
riconoscere la continuazione.
3. Ciò posto, sussiste il vizio denunciato sotto il profilo della carenza ed illogicità della
motivazione, in quanto il provvedimento in verifica ha omesso di prendere adeguatamente in

2

indefettibile per la configurabilità della continuazione fra più reati anche quando l’applicazione

esame, anche soltanto per respingerle – come pur avrebbe potuto fare nell’esercizio dei poteri
valutativi discrezionali, spettanti anche al Giudice dell’Esecuzione, con l’onere del rispetto delle
norme giuridiche e dei principi di logica, nonché della necessità di fornire appropriata
giustificazione delle scelte effettuate – le argomentazioni a sostegno della richiesta del ricorrente,
che aveva indicato l’omogeneità dei reati per natura giuridica e modalità esecutive, nonché la loro
consumazione in un arco temporale limitato.

oggetti materiali dei reati o delle “situazioni”, rilievo non tradottosi nella compiuta illustrazione
delle ragioni di fatto giustificative in relazione alle circostanze concrete delle azioni.
Inoltre, il Giudice di merito pare non aver dedicato alcuna attenzione al fattore cronologico,
ossia alla commissione dei fatti di reato entro il breve lasso di tempo di circa cinque mesi nel corso
dello stesso anno 1991.
Sotto tali profili la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta soltanto apparente e tale
da potersi ritenere del tutto insufficiente, sicché se ne impone l’ annullamento con rinvio al
Tribunale di Roma in diversa composizione (v. sentenza C. Cost. n. 183 del 19.6.2013, che ha
dichiarato l’ illegittimità costituzionale degli articoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod.
proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo
l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o
rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai
sensi dell’art. 671 del medesimo codice) perché proceda a nuovo esame dell’istanza del ricorrente
che tenga conto dei rilievi sopra esposti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, il 21-22 marzo 2014

DEPOSITATA

Né può ritenersi sufficiente il rilievo sulla natura ostativa della diversità dei complici o degli

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