Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35451 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35451 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul conflitto di competenza sollevato da:
GIP TRIBUNALE IMPERIA nei confronti di:
GIP TRIBUNALE VARESE
con l’ordinanza n. 1553/2013 GIP TRIBUNALE di IMPERIA, del
31/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
}/sentite le conclusioni del PG Dott. 4ttila-4:4Z
R,ti-oszz kvz, au’evic. ctec,Levtg),.
1d-te C.,) P ad- T4,..11,~ee, •

Data Udienza: 18/03/2014

Ritenuto in fatto

1. Il 25 marzo 2013 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Varese respingeva la richiesta di applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere avanzata dal Pubblico ministero presso quel Tribunale nei
confronti di Bellafiore Giuseppe e di altri undici indagati, dichiarando la propria
incompetenza e indicando la competenza dell’Autorità giudiziaria di Imperia.
Agli imputati, nell’unico procedimento originato dalla riunione di plurimi

erano contestati i reati di associazione per delinquere, falso, truffa e sostituzione
di persona.
Il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Varese declinava la propria competenza assumeva:
– che il reato associativo contestato, a prescindere dai profili di connessione
esistenti tra i diversi procedimenti, era da considerarsi l’ipotesi accusatoria più
grave ed esercitava, in relazione alla competenza, vis attractiva rispetto agli altri
reati contestati;
– che trattandosi di reato permanente, la competenza andava individuata ex
art. 8 comma 3 cod. proc. pen., con riferimento al luogo d’inizio della
consumazione, da individuarsi nel luogo di costituzione del vincolo associativo
diretto allo scopo comune; soltanto in difetto di prova del luogo e del momento
della costituzione dell’associazione, la competenza potendo essere determinata
con riferimento al luogo in cui la struttura organizzativa aveva in concreto
operato;
– che nel caso di specie, mancava la prova del luogo di costituzione del
vincolo associativo (secondo l’accusa, l’accordo criminoso si sarebbe perfezionato
tra soggetti residenti ed operanti sia in Italia sia all’estero), ma, prima di
ricorrere alle regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen. ai fini della
determinazione della competenza per territorio, occorreva far riferimento al
luogo in cui aveva sede la “base” e s’erano svolte le attività di programmazione e
di ideazione dell’associazione.
Ora, dall’analisi degli atti di indagine emergeva che il luogo in cui si era
realizzata l’operatività della struttura operativa era prevalentemente la Liguria
(province di Imperia e Savona), e che la consumazione del reato aveva avuto
inizio nel dicembre 2008, in provincia di Imperia

2. Con ordinanza 31 ottobre 2013 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Imperia ha sollevato conflitto, ritenendo la competenza del Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Varese e nel richiamare il
pronunciamento della Procura generale presso questa Corte sul contrasto
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procedimenti promossi da diverse Procure della Repubblica del Nord Italia,

sollevato dal Pubblico ministero di Sanremo nei confronti del Pubblico ministero
di Imperia, osservava che gli accertamenti svolti non permettevano di
individuare un luogo ove si sarebbero svolte la programmazione, ideazione e
direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio ed anzi, considerato
che i numerosi reati fine risultavano commessi in luoghi imprecisati ed accertati
in diverse parti del territorio nazionale (Cologna Veneta, Finale Ligure, Tortona,
Azzate, Diano Marina, Castello D’Annone, Trento, Parma) appariva del tutto
fondato ritenere che l’associazione di cui trattasi – finalizzata alla perpetrazione

credenziali di società realmente esistenti, per indurre la controparte alla
consegna dì ingenti forniture di merce senza pagarne il corrispettivo – non
presentava chiari collegamenti operativi ed era priva di uno specifico luogo di
radicamento, anche perché la merce veniva caricata all’estero e poi scaricata in
diverse località sparse nei territori dell’Italia settentrionale. Non appariva
condivisibile, in particolare l’osservazione del giudice varesino secondo cui la
prima sede operativa dell’associazione sarebbe stata individuata a Sanremo (IM),
nel senso che nella località ligure era ubicata solo una delle diverse sedi
operative del sodalizio, risultando essere state individuate dagli inquirenti anche
numerose altre basi operative – quali quella sita in Rocca D’Arazzo (Asti) e quella
sita in Cavaglià (Biella) – sicché, non ravvisandosi elementi utili all’individuazione
dì un luogo ove sì era manifestata e realizzata con prevalenza rispetto ad altri
luoghi, l’operatività della struttura delinquenziale ipotizzata, doveva farsi
necessario riferimento alle regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen., e in
particolare, stante il numero degli indagati e la varia localizzazione della
residenza, dimora e domicilio di questi in tutto il territorio nazionale, doveva farsi
riferimento al comma 3 di detto articolo, che radica la competenza nel luogo ove
ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere
la notizia di reato con riferimento all’art. 416 cod. pen., da individuarsi nella
procura della Repubblica di Varese.

Considerato in diritto

Il conflitto, ammissibile in rito, va risolto con la declaratoria di competenza
del GIP del Tribunale di Varese alla luce della giurisprudenza di questa Corte (cfr.
Sez. 1^ 26/10/94, Confl, in proc. Arrighetti, rv. 199.964; Sez. 1^ 18/12/95,
Confl., in proc. Dilandro, rv. 203609; Sez. 6″ 23/4/04, Loccisano, rv. 229.972;
Sez. 3″ 6/7/07, P.M. in proc. Pizzolante e altri) secondo cui, per individuare agli
effetti di cui all’art. 8 cod. proc. pen., comma 3, il luogo di inizio della
consumazione del reato permanente di carattere associativo, si deve avere
riguardo, quando come per lo più accade difettino elementi storicamente certi in
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di truffe e falsi che venivano commessi utilizzando fraudolentemente il nome e le

ordine alla formale costituzione del vincolo tra gli associati, al luogo in cui si sono
manifestati i primi segni concreti dell’esistenza e insediamento del centro
operativo del sodalizio.
Con la precisazione che, se alla stregua di questo criterio presuntivo non sì può
trascurare anche il luogo di commissione dei reati-fine, ciò non può però
avvenire dando senz’altro meccanicamente prevalenza all’aspetto della priorità
temporale, in quanto gli elementi presi in considerazione possono assumere, allo
scopo che qui interessa, rilievo solo in quanto appaiano sintomatici dell’origine

Orbene, nel caso di specie, come argomentatamente sostenuto dal giudice
remittente, non risultano evidenziati elementi utili all’individuazione di un luogo
ove si era manifestata e realizzata con prevalenza rispetto ad altri luoghi,
l’operatività della struttura delinquenziale ipotizzata, sicché deve farsi necessario
riferimento alle regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen., e in particolare,
stante il numero degli indagati e la varia localizzazione della residenza, dimora e
domicilio di questi in tutto il territorio nazionale, deve farsi riferimento al comma
3 di detto articolo, che radica la competenza nel luogo ove ha sede l’ufficio del
pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato
con riferimento all’art. 416 cod. pen., da individuarsi nella Procura della
Repubblica di Varese, soluzione questa, per altro, coincidente con il parere
espresso dalla Procura generale presso questa Corte nel proprio decreto n.
214/2013 espresso in sede di contrasto tra gli uffici del Pubblico Ministero ai
sensi dell’art. 54 cod. proc. pen., ribadito anche nella requisitoria orale svolta
all’odierna udienza camerale.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del GIP del Tribunale di Varese,c4•2 A/4** ,4- 04″ •
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2014.

dell’associazione in un determinato spazio.

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