Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35450 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35450 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

Data Udienza: 18/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEGNI KAMEL N. IL 23/10/1986
avverso la sentenza n. 377/2010 TRIBUNALE di MODENA, del
20/02/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/li-le conclusioni del PG Dott. 902 c,
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Uditi difensor Avv.;

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Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 20 febbraio 2010, il Tribunale di Modena, deliberando su
richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a Segni Kamel
la pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, con riferimento al delitto di
illecita permanenza nel territorio nazionale di cui all’art. 14, comma 5 ter d. Igs.

2. Avverso detta sentenza, ha interposto ricorso la difesa del condannato,
chiedendone l’annullamento, per omessa motivazione in ordine all’insussistenza
di elementi tali da pervenire ad un proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..

Considerato in diritto

1. Rileva preliminarmente il Collegio che la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore, posta in essere prima della
scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, non è più prevista dalla
legge come reato, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia U.E. 28 aprile
2011 (nell’ambito del processo El Dridi, C-61/11PPU), che ha affermato l’incompatibilità della norma incriminatrice di cui all’art. 14 c. 5 ter d. Igs. n.
286/1998, con la predetta normativa comunitaria, determinando la sostanziale

“abolitio criminis” della preesistente fattispecie, con la conseguente applicazione
– per via interpretativa estensiva – della previsione dell’art. 673 cod. proc. pen.
(cfr. Sez. I, 28.4.2011, n. 22105 e 29.4.2011, n. 20130).
Il decreto legge 23.6.2011, n. 89, convertito con modificazioni con legge
2.8.2011, n. 129, recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione alla direttiva suindicata sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e
per il recepimento della direttiva sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi irregolari,
ha implicitamente confermato l’intervenuta aboliti° criminis. La nuova formulazione dell’art. 14 c. 5 ter introdotta con il testo suindicato non realizza infatti una
continuità normativa con la precedente disposizione, non tanto per il differente
tipo di sanzione che è stato previsto (di natura solo pecuniaria), quanto per la
diversa tipologia e struttura dell’illecito che è stato delineato che va quindi ritenuto nuova incriminazione, che si applica solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in
vigore della novella. Sul punto basti ricordare che oggi alla intimazione di allon-

GOA,

n. 286/1998, accertato in Modena il 20 febbraio 2010.

tanamento si può pervenire solo all’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori
della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un
CIE, il che significa che l’effettività dell’intimazione di allontanamento non è più
affidata alla sanzione penale detentiva.
L’intervenuta aboliti° criminis impone quindi di risolvere il problema che si
pone nella presente fattispecie, connotata dalla particolarità della inammissibilità
del ricorso, nel senso che l’evidenziata incompatibilità è destinata a prevalere

levare cause di non punibilità in costanza di ricorso inammissibile, resistono le
ipotesi di successione di leggi, riconducibili all’art. 2 cod. pen.
La nozione di condanna, ricavabile da tale norma in combinato con l’art. 673
cod. proc. pen., non può essere difatti che ricondotta al giudicato formale e ciò
comporta che, fin tanto che esso non si è formato, spetta al giudice della cognizione prendere atto, in particolare, della intervenuta aboliti° criminis e annullare
la condanna per fatto divenuto privo di rilievo penale.

2. Deve quindi essere annullata la sentenza impugnata senza rinvio, perché
il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto
dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2014.

anche sulla causa di inammissibilità del ricorso, in quanto alla impossibilità di ri-

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