Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35448 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35448 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Tedesco Luciano, nato a Cavallino (LE) il 5 gennaio 1975;
avverso la sentenza, in data 30 novembre 2011, del Tribunale di Lecce;
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’avv.to Luigi Capone del foro di Lecce, di fiducia per il ricorrente, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
L’Istituto SAN Paolo IMI ha presentato una istanza di conversione in appello del ricorso in
esame, stante l’interesse che, nella qualità di responsabile e civile, e, per quanto interessa nel
presente procedimento, di parte civile della trattazione unitaria di tutte le posizioni nel
procedimento principale già fissato in appello per l’udienza del 13 maggio 2013
RITENUTO IN FATTO
Tedesco Luciano ricorre avverso la sentenza, in data 30 novembre 2011, del Tribunale di
Lecce, con cui è stato assolto dal reato di cui all’art. 648 bis c.p. per non aver commesso il fatto
e chiedendone l’annullamento, chiede che nei suoi confronti venga adottata la formula di
proscioglimento “perché il fatto non sussiste”.
Il ricorrente, premesso di aver interesse all’impugnazione per i più ampi effetti favorevoli
che tale formula comporta, ripercorre tutta la vicenda , evidenziando come molti degli elementi
di fatto che legavano il Tedesco al principale imputato del procedimento Alberti, siano risultati

Data Udienza: 28/05/2013

in realtà infondati, e che comunque il lasso temporale di collaborazione tra il suddetto Alberti e
il ricorrente,in cui quest’ultimo negoziò assegni per conto dello stesso Alberti, sia stato talmente
esiguo, quattro mesi, da condurre all’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Osserva preliminarmente la Corte che sussiste astrattamente l’interesse dell’imputato
all’impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula “perché il fatto non
costituisce reato”, al fine di ottenere la più ampia formula liberatoria ‘perché il fatto non

nei diversi e più favorevoli effetti che gli artt. 652 e 653 cod. proc. pen., connettono al secondo
tipo di dispositivi nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio
disciplinare, a fronte degli effetti pregiudizievoli in tali giudizi derivanti dall’adozione della prima
formula assolutoria. (Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011 – dep. 19/12/2011, P.G. in proc. Di
Carlantonio e altro, Rv. 252150). Trattandosi di questione astrattamente di puro diritto e
dedotta sotto il profilo della violazione di legge, appare dunque formalmente possibile il ricorso
per saltum. In questo senso la richiesta, peraltro generica nei presupposti di fatto, e allo stato
ormai superata dalla celebrazione dell’udienza del 13 maggio 2013 davanti la Corte d’appello di
Lecce, avanzata con la memoria depositata dal responsabile civile e parte civile Istituto IMI San
Paolo, e comunque non reiterata all’odierna udienza, di conversione del ricorso in appello, non
può trovare accoglimento.
3. Ciò premesso tuttavia il ricorso ripercorre esclusivamente una esposizione degli
elementi fattuali cha hanno portato all’adozione della formula assolutoria nei confronti del
ricorrente, non ammissibile in questa sede.
In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una
valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel
giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità,(Cass. sez. 4,
2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare con il vaglio
operato nei confronti delle deposizioni dei testi la cui attendibilità è stata valutata in maniera
approfondita, con spirito critico ed in modo esaustivo, individuando logici riscontri nei
documenti acquisiti e nelle dichiarazioni dello stesso ricorrente, e con la considerazione della
sostanziale episodicità dei fatti, da cui trarre la logica conseguenza della inconsapevolezza del
disvalore penale delle condotte poste in essere.
Dunque nel ricorso si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto,
divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice d’appello con motivazioni congrue ed esaustiv
previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti.

sussiste, considerato che, a parte le conseguenze di natura morale, l’interesse giuridico risiede

Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di
valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi
logici, come nel caso di specie. (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).
4.

Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata

inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorso, si determina equitativamente in

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, l

aggio 2013

Euro 1000.

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