Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35447 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35447 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Schiavo Francesco, nato a Kenedel (Germania) il 13 dicembre 1968 ;
avverso la sentenza, in data 11 giugno 2012, della Corte d’appello di Salerno;
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’avv.to Giuseppe Cincione del foro di Roma, di fiducia per il ricorrente, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Schiavo Francesco ricorre avverso la sentenza, in data 11 giugno 2012, della Corte
d’appello di Salerno, con cui, a conferma della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore in
data 27 aprile 2009 è stato condannato per i reati di rapina,danneggiamento aggravato, furto,
tentata violenza privata ed altro e chiedendone l’annullamento, lamenta:
a) Violazione dell’art. 606 lett. b) e e) c.p.p. per contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione.
Il ricorrente censura il giudizio formulato dalla Corte d’appello in ordine alla sussistenza degli
elementi essenziali dei reati e degli elementi certi in ordine ai quali affermare la sua
responsabilità. Viene in particolare censurata la ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della
persona offesa, e le valutazioni relative al pregresso rapporto di convivenza tra lo Schiavo e la
parte offesa, che avrebbero dovuto far derubricare il furto delle chiavi dell’appartamento della

Data Udienza: 28/05/2013

Di Lorenzo in mero furto d’uso, come escludere il reato di danneggiamento dei mobili della Di
Lorenzo, nella cui abitazione si era introdotto, in ragione del diritto di proprietà vantato sui
beni danneggiati, e quello di rapina del cellulare, di cui si era impossessato temporaneamente,
e comunque nella mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 393 c.p.; anche il reato di
cui all’art. 497 ter c.p. per essere stato trovato in possesso di un distintivo in uso all’Arma dei
Carabinieri, doveva essere escluso, in quanto l’oggetto aveva caratteristiche differenti rispetto
all’originale

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una
valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel
giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità,(Cass. sez. 4,
2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare con il
vaglio operato nei confronti delle deposizioni della persona offesa, e degli altri testi la cui
attendibilità è stata valutata in maniera approfondita, con spirito critico ed in modo esaustivo,
individuando logici riscontri nei documenti acquisiti e nelle dichiarazioni dell’agente
intervenuto, ed anche, infine dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente, in sede di convalida
dell’arresto, all’interno di un giudizio svolto con il rito abbreviato. Tutte questi elementi fanno
ritenere infondate anche le richieste riqualificazioni dei fatti contestati nelle diverse fattispecie
criminose indicate dal ricorrente.
3. Alla luce delle suesposte considerazioni va, pertanto, rigettata l’ impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali

PQM
orso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il

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Il CL. llre estensore
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Il Presidente
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%.

1. Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.

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