Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35444 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35444 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZU’ CARMELO N. IL 09/03/1988
avverso l’ordinanza n. 622/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
27/07/2013

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sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
4et4e/sentite le conclusioni del PG Dott. Por2, aituau j2,e
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11 AGO 2014
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Data Udienza: 04/03/2014

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale del riesame di Messina, con ordinanza del 25 luglio 2013,
rigettava la richiesta di riesame proposta da Mazzù Carmelo avverso l’ordinanza
del G.i.p. della sede che aveva applicato nei confronti del predetto indagato la
misura della custodia cautelare, siccome raggiunto da gravi indizi di colpevolezza
in relazione al delitto di partecipazione ad un sodalizio mafioso riconducibile a
“Cosa Nostra” denominato “dei barcellonesi” (capo 1) ed al concorso nella

203/1991.
1.3 Con riferimento all’imputazione associativa, i giudici del riesame
valorizzavano in primo luogo, quale grave elemento di accusa, le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia Campisi Salvatore e Cuttone Salvatore.
Dalle dichiarazioni dei predetti collaboratori – ritenute, conformemente ad una
ormai consolidata lezione interpretativa di questa Corte (in termini,

ex multis,

Sez. 1, n. 23242 del 06/05/2010 – dep. 16/06/2010, Ribisi, Rv. 247585) non
assimilabili a pure e semplici dichiarazioni “de relato” allorquando riferiscono
notizie assunte nell’ambito associativo, costituenti un patrimonio comune, in
ordine ad associati ed attività proprie della cosca mafiosa – ed in particolare da
quelle rese dal Campisi, apprezzate come provenienti da soggetti credibili, come
intrinsecamente attendibili quanto al loro contenuto narrativo e munite di
adeguati riscontri individualizzanti, in quanto, seppure non perfettamente
sovrapponibili, convergevano relativamente al loro nucleo essenziale (così detta
valutazione frazionata) – emergeva, infatti, secondo i giudici del riesame, la
sicura stabile adesione dell’indagato, all’associazione mafiosa “Cosa Nostra”,
famiglia “dei barcellonesi”, e segnatamente al gruppo capeggiato da Perdichizzi
Giovanni del quale l’indagato era indicato come un “uomo fidato”, nonché il suo
coinvolgimento in un agguato organizzato proprio dal Perdichizzi ai danni del
sodale Maio Carmelo, desumendosi, per altro, la vicinanza tra i due, anche dal
contenuto delle intercettazioni di alcuni colloqui avuti dal Perdichizzi con la
sorella, i cui passaggi più significativi risultano trascritti nell’ordinanza
impugnata.
Ulteriore elemento indiziante era ritenuto anche il coinvolgimento dell’indagato
nei fatti contestati al capo 8 della rubrica, ovvero il danneggiamento con colpi di
pistola dell’autovettura in uso a Gentile Giuliano, dirigente generale della società
Centro Supermercati Regione Sicilia, riconducibile a tale Bonina Immacolato, ed
alle cui dipendenze lavorava il Perdichizzi e del quale aveva riferito il Cuttone;
vicenda per la quale, seppure inizialmente non era stata ravvisata una sufficiente
gravità del quadro indiziario, da giustificare l’applicazione di una misura
cautelare, non sussisteva però alcuna preclusione da giudicato, in presenza di
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detenzione e nel porto illegale di arma (capo 8) aggravata ex art. 7 legge n.

una rinnovata e più completa piattaforma indiziaria, nonché l’assidua
frequentazione con altri coimputati.
2. I difensori dell’indagato, hanno proposto, congiuntamente, ricorso per
cassazione avverso detta ordinanza, prospettando tre articolati motivi
d’impugnazione.
2.1 Con il primo motivo, si contesta, sotto il profilo della violazione di legge
e del vizio di motivazione, l’affermazione dei giudici del riesame in merito alla
sussistenza di un grave quadro indiziario a carico del Mazzeo, relativamente

provenienti dai collaboratori Campisi e Cuttone si configuravano intanto come
chiamate de relato e non invece dirette, come affermato dai giudici del riesame,
che del tutto incongruamente le avevano ritenute esaustive ed esaurienti, posto
che dei summenzionati collaboratori il Campisi si era limitato di aver appreso da
terzi (da tale “chiocchio” e dall’Aliberti, un imprenditore colluso) che il Mazzù era
personaggio di assoluta fiducia del Perdichizzi e che il Cuttone non può neppure
definirsi un intraneo alla famiglia mafiosa, essendo lo stesso solo un intimo
amico del Perdichizzi; che per riconoscere alle chiamate in correità de relato,
natura di gravi indizi conformemente al più recente dictum delle Sezioni Unite
(sentenza Aquilina) si richiede una approfondita valutazione delle stesse e
l’acquisizione di adeguati elementi di riscontro; che anche gli ulteriori elementi
indizianti (le conversazioni intercettate ed in particolare quelle tra il Perdichizzi e
la sorella, estranea per altro a qualsiasi consorteria di stampo mafioso) sono
privi di effettiva valenza dimostrativa di un effettivo concorso dell’indagato in
vicende di mafia, ove si consideri, quanto al fatto contestato al capo 8, che
rispetto a tale addebito già una precedente richiesta del PM era stata rigettata, e
che in ogni caso tale episodio, avuto riguardo alla sua causale (una vendetta del
Perdichizzi per la decurtazione del suo stipendio) non presenta effettiva valenza
indiziaria con riferimento alla contestata partecipazione alla famiglia mafiosa
barcellonese.
2.2 Con il secondo motivo si censura, invece, sotto il profilo della violazione
di legge e del vizio motivazionale, la ritenuta sussistenza dell’aggravante ex art.
7 legge n. 203/1991, relativamente ai fatti contestati al capo 8, difettando, con
riferimento a tale ipotesi delittuosa, sia una finalità agevolatrice di un sodalizio
mafioso sia l’utilizzo di un metodo prettamente di tipo mafioso.
2.3 Con il terzo motivo, da parte della difesa dell’indagato si deduce, sempre
con riferimento all’imputazione di cui al capo 8, che risultando incongrua la
contestazione dell’aggravante ex art. 7 legge n. 203/1991, in assenza di effettivi
nuovi elementi indizianti, la possibilità di una nuova contestazione in ambito
cautelare, doveva ritenersi preclusa dall’esistenza del giudicato.

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all’imputazione associativa, evidenziando, al riguardo: che le chiamate in correità

Considerato in diritto

1. Il ricorso proposto nell’interesse di Mazzù Carmelo non può trovare
accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.
1.1 Quanto al primo motivo d’impugnazione dedotto in ricorso, va rilevato
che il Tribunale ha motivato adeguatamente sulle ragioni che militano per un
giudizio di complessiva attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dai
collaboratori di giustizia Campisi e Cuttone, le quali hanno significativamente

all’imputazione associativa.
I giudici del riesame hanno infatti proceduto, con criterio di logica coerenza,
ad una positiva verifica di attendibilità soggettiva delle suddette dichiarazioni,
motivatamente escludendo, anche in applicazione dei principi di diritto enunciati
da questa Corte, qualsiasi apprezzabile “inquinamento del narrato” ovvero
l’assenza di elementi che disvelassero il carattere artificioso e precostituito delle
stesse, evidenziando, tra l’altro, come le dichiarazioni dei predetti collaboratori di
giustizia avevano già costituito la rilevante fonte di prova nell’ambito dei
procedimenti cautelarí promossi nei confronti di numerosi affiliati.
1.2 II Tribunale poi, anche attraverso il legittimo ricorso alla tecnica della
motivazione

per relationem,

richiamando il provvedimento applicativo della

misura cautelare, ha preso in esame specificamente le dichiarazioni dei predetti
collaboratori Campisi e Cuttone, evidenziando come le stesse si sono connotate
per sufficiente precisione, coerenza, costanza e spontaneità ed assoluta
convergenza relativamente al nucleo essenziale della narrazione, quanto
all’effettiva intraneità alla famiglia mafiosa ed in particolare alla sua vicinanza a
Perdichizzi Giovanni.
In presenza di un apparato motivazionale logico e coerente, tutte le
argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, secondo cui le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia, ed in particolare quelle del Cuttone, sarebbero
scarsamente attendibili e prive di adeguati riscontri, non essendo tra loro
significativamente convergenti, lungi dal segnalare effettivi profili di illegittimità
dell’ordinanza impugnata, specie con riferimento al contenuto della
conversazione intercettata, si risolvono, sostanzialmente, in una sollecitazione a
compiere una “rilettura” delle risultanze processuali in senso più favorevole agli
indagati.
Di talché, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul
grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa
degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di
certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata
supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può
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integrato il materiale di gravità indiziaria in danno del ricorrente, relativamente

non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità
ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza,
prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi
della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle
valutazioni riservate al giudice di merito.
1.3 Quanto poi al secondo e terzo motivo d’impugnazione, che investono
specificamente l’imputazione di cui al capo 8 relativa alle armi, ricollegabile al
danneggiamento dell’autovettura dell’imprenditore barcellonese Immacolato, la

considerare, per un verso, che se è vero che l’omessa impugnazione
dell’ordinanza reiettiva della richiesta di applicazione di una misura restrittiva dà
luogo alla formazione del giudicato cautelare, lo stesso, però, preclude sì la
reiterazione della richiesta ma solo laddove la stessa non sia fondata su elementi
nuovi (in termini, Sez. 5, n. 13083 del 09/02/2011 – dep. 29/03/2011, P.M. in
proc. Docea, Rv. 249845); per altro verso, che nessun specifico elemento è stato
fornito con il ricorso, che consenta di ritenere che il quadro indiziario sia rimasto
invariato rispetto alla prima richiesta.
Del tutto generica ed autoreferenziale è infine anche la deduzione difensiva
secondo cui l’episodio delittuoso relativo al danneggiamento dell’autovettura
dell’imprenditore barcellonese, ispirato dal Perdichizzi, non può ritenersi
aggravato ex art. 7 legge n. 203/1991, basandosi l’opposta valutazione dei
giudici del riesame, sulla complessiva piattaforma indiziaria, ed in particolare
sulle dichiarazioni rese dal Cuttone, ritenute confermative dell’ipotesi accusatorie
secondo cui il suddetto episodio si inseriva in un contesto associativo
d’intimidazione che ha visto il Mazzù ed il coindagato Alesci Santo, “operare su
mandato di un esponente di spicco della congrega criminosa presente sul
territorio”.
2. In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso
deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp.
att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del
provvedimento al Direttore dell’Istituto Penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp.
att. cod. proc. pen., comma 1 ter. Così deciso in Roma, il 4 marzo 201

difesa del Mazzù, nel censurare il provvedimento impugnato, omette di

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