Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35443 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35443 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Antonio Sesta, quale difensore di Govoni
Fabrizio (n. il 26/05/1971), avverso la sentenza della Corte di Appello di
Trieste, Il Sezione penale, in data 19/07/2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Roberto
Aniello, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito l’Avvocato Antonio Di Cicco — difensore di Govoni Fabrizio — che ha
concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 28/05/2013

OSSERVA:

Con sentenza del 26/11/2009, il Tribunale di Udine dichiarò Govoni
Fabrizio responsabile del reato di insolvenza fraudolenta e – concesse le
attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva — lo condannò alla
pena di mesi 2 di reclusione.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose appello ma la Corte d’appello

tardività.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato eccependo la nullità
della notifica per estratto della sentenza di primo grado effettuata ex art. 159,
I comma, c.p.p., perché illegittimi i due decreti di irreperibilità — datati
24.10.2008 e 15.01.2010 — essendo noto alla P.G. che il Govoni era
residente all’estero (il 02.04.2008 l’imputato era stato identificato dalla P.G.
per altro procedimento penale e in quella occasione dichiarò e fece
verbalizzare che era residente in Germania Augsburg, come d’altronde
risultava anche dall’AIRE, registro anagrafe e censimento degli italiani
all’estero). Quindi da tale nullità discende che il termine per impugnare di cui
all’art. 585, I comma, lettera c) del c.p.p. non sia mai spirato.
Il difensore dell’imputato conclude, pertanto, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

Si deve preliminarmente rilevare che quando sia stata dichiarata
l’inammissibilità dell’appello tardivo, non sono proponibili, come motivi di
ricorso per cassazione, questioni processuali diverse da quelle dirette a
contestare, specificamente, la preliminare e pregiudiziale declaratoria, che ha
valore meramente dichiarativo e produce effetti “ex tunc” (Sez. 2, Sentenza
n. 38860 del 21/09/2007 Ud. – dep. 19/10/2007 – Rv. 238219).
Il ricorso è, allora, inammissibile per violazione dell’art. 591 lettera c) in
relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze sono prive
del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le
cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di

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di Trieste, con sentenza del 19/07/2012, lo dichiarò inammissibile per

impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Ihfatti, la
Corte di appello ha ben evidenziato – con motivazione esaustiva, logica e non
contraddittoria – perché ritiene tardivo l’appello. In particolare rileva che in
data 25.01.2010 la sentenza di primo grado è stata notificata per estratto
all’imputato (si veda pagina 6 dell’impugnata sentenza). In data 24.02.2010
Govoni Fabrizio è stato rintracciato e identificato dal personale della
Questura di Venezia; in tale frangente il Govoni è stato informato della

pendenza dell’attuale procedimento e il ricorrente ha allora nominato il
difensore di fiducia — Avvocato Massimiliano Zuliani — presso il quale ha
eletto, anche, il domicilio. Lo stesso Avvocato Zuliani, poi, presenterà
l’appello tardivo (si veda pagina 7 dell’impugnata sentenza). Quindi l’imputato
e il suo difensore da tale data — e quando ancora non era decorso il termine
per impugnare, facendolo decorrere dalla data di notifica dell’estratto
contumaciale – erano a conoscenza della pendenza dell’attuale processo.
Quindi, a maggior ragione, l’appello risulta essere tardivo. Infatti, è noto che
la validità della dichiarazione di irreperibilità, fondata su ricerche complete
con riguardo agli elementi risultanti dagli atti al momento in cui dette ricerche
sono state eseguite, non è inficiata dalla sopravvenienza di notizie
successivamente acquisite (Sez. 2, Sentenza n. 45541 del 16/10/2009 Ud. dep. 26/11/2009 – Rv. 245599). E, comunque, seppur si volesse — solo in
ipotesi — dubitare della validità della dichiarazione di irreperibilità, la data del
24.02.2010 – allorchè l’imputato non solo è stato informato del procedimento
ma ha anche nominato l’avvocato di fiducia – segnerebbe il momento da cui
fare decorrere il termine di impugnazione di 45 giorni di cui all’art. 585, I
comma, lettera c) del cod. proc. pen., termine che sarebbe scaduto
1’08.04.2010. Invece, l’Avvocato di fiducia Massimiliano Zuliani ha presentato
l’appello tardivamente, depositandolo in data 06.05.2010 (nello stesso
appello si chiedeva, anche, la remissione in termine per appellare ex art. 175
c.p.p., richiesta ovviamente anch’essa tardiva perché presentata oltre il
termine di 30 giorni previsto dalla Legge). Pertanto sia l’imputato, sia il suo
difensore di fiducia avevano piena conoscenza dell’esistenza del presente
processo, non ancora concluso, e avevano la possibilità di difendersi e far
valere le proprie ragioni attraverso l’impugnazione in appello, ma lo hanno
fatto tardivamente.
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Il difensore dell’imputato non contesta quanto rilevato dalla Corte di
appello – sinteticamente sopra riportato — e in particolare nulla dice sulla
circostanza che dal 24.02.2010 sia l’imputato che il suo difensore di fiducia
avevano piena conoscenza dell’esistenza del processo. L’unico argomento
che propone è che la nullità della notifica per estratto della sentenza ha come
conseguenza che il termine per impugnare di cui all’art. 585, I comma, lettera

tesi giuridica che senza alcuna valida ragione — ed anche in contrasto con
l’esigenza di assegnare una ragionevole durata del processo ex ad 111 della
Costituzione — rende l’imputato e il suo difensore arbitri di decidere quando
presentare l’appello.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 28/05/2013.

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano lasillo

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Il Presidente

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Dottor Do nico G „Rjtz.9

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c) del c.p.p. non sia mai spirato. E’ evidente la manifesta infondatezza di tale

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