Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35443 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35443 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRONI CARMELO N. IL 02/04/1972
avverso l’ordinanza n. 672/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
25/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
1et4e/sentite le conclusioni del PG Dott. p ojéc,
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Uditi difensor Avv. kb <-1t G,1) Data Udienza: 04/03/2014 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di Messina, con ordinanza del 25 luglio 2013, rigettava la richiesta di riesame proposta da Perroni Carmelo avverso l'ordinanza del G.i.p. della sede che aveva applicato nei confronti del predetto indagato la misura della custodia cautelare, siccome raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di partecipazione ad un sodalizio mafioso riconducibile a "Cosa Nostra" siciliana, denominato "dei barcellonesi". barcellonesi" emergeva da molteplici elementi investigativi ed aveva formato oggetto di numerose pronunce giudiziali, anche a carattere definitivo. Quanto alla partecipazione ad esso dell'indagato si richiamavano in particolare: (a) le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Bisignano Carmelo, esponente apicale almeno dal 1991 di uno dei gruppi delinquenziali riconducibili alla famiglia "dei barcellonesi" quello di Mazzarà Sant'Andrea, il quale, seppure detenuto per lunghi periodi, aveva potuto verificare, in occasione della sua scarcerazione, l'effettiva partecipazione dell'indagato al sodalizio riferitagli da Rottino Stefano e da Crupi Pierangelo, avendo constatato, personalmente, che lo stesso si accompagnava ("camminava assieme") a Trifirò Maurizio, soggetto sicuramente organico al gruppo, riscontrate (b) dalle propalazioni di Campisi Salvatore, altro soggetto di elevato spessore criminale che aveva fatto parte del sodalizio in epoca più ravvicinata, il quale aveva riferito di una partecipazione del Perroni all'azione incendiaria realizzata ai danni della ditta "Alessandro Conglomerati" ed alla distruzione di un capannone industriale di proprietà dell'imprenditore Giambò, finalizzata ad una richiesta estorsiva; (c) dall'interessamento dello stesso all'imposizione del pizzo all'imprenditore Rotella Michele, nonché all'estorsione perpetrata in danno dell'imprenditore Stefano Catania, precisando, altresì, che l'indagato, da ultimo, in seguito all'arresto del Trifirò, aveva assunto anche un ruolo apicale all'interno del sodalizio (quello di reggente della cellula di Mazzarà Sant'Andrea) come da lui appreso in occasione di una riunione tenutasi presso la sede dell'impresa di Aliberti Francesco, imprenditore barcellonese legato da rapporti di cointeressenza illecita con il sodalizio, e di essersi, per ciò, con lui relazionato personalmente anche per il "mantenimento" del fratello Vincenzo, durante un periodo di detenzione dello stesso. 2. Il difensore dell'indagato, avvocato Tindaro Celi, ha proposto ricorso per cassazione avverso detta ordinanza, prospettando un unico articolato motivo d'impugnazione. 1 1.1 Rilevava il Tribunale che l'esistenza del sodalizio mafioso "dei 2.1 Più specificamente in ricorso si deduce - sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la insussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, diffusamente rimarcando la difesa del Pirroni la dubbia attendibilità dei collaboratori che accusano l'indagato, ove sì consideri, quanto alle dichiarazioni del Campisi, che le stesse non risultano aver trovato alcun effettivo riscontro nelle dichiarazioni del Bisognano; con riferimento alle propalazioni di tale collaboratore, che lo stesso, solo nell'ottobre del 2012, su sollecitazione del PM, aveva riferito di aver appreso dell'appartenenza del Perroni collaboratore, per altro, ha riconosciuto essere assolutamente inaffidabili per i gravi problemi di alcolismo che li affliggono); che la conferma da parte del Bisognano di tale partecipazione si basava su elementi del tutto !abili, quali la frequentazione dell'indagato con Trifirò Maurizio ed il defunto Artino Maurizio, e che la circostanza, appresa dall'imprenditore Gulino, che allorquando lo stesso aveva ricevuto una richiesta di favori dal summenzionato Artino, costui sarebbe stato accompagnato da una persona che guidava una Golf grigia e che portava gli occhiali, non risultava in alcun modo riscontrata, posto che il Gulino non era mai stato sentito in proposito; che l'indagato non ha mai portato occhiali e che né lo stesso né un suo familiare ha mai posseduto una Golf. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell'interesse di Perroni Carmelo non può trovare accoglimento, per le ragioni di seguito esposte. 1.1 Il Tribunale ha adeguatamente motivato sulle ragioni che militano per un giudizio di complessiva attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia Bisignano e Campisi, le quali hanno significativamente integrato il materiale di gravità indiziaria in danno del ricorrente, relativamente all'imputazione associativa. Ha proceduto, con criterio di logica coerenza, ad una positiva verifica di attendibilità soggettiva delle suddette dichiarazioni, motivatamente escludendo, anche in applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte, qualsiasi apprezzabile "inquinamento del narrato" ovvero l'assenza di elementi che disvelassero il carattere artificioso e precostituito delle stesse, evidenziando, tra l'altro, come le dichiarazioni dei predetti collaboratori di giustizia avevano già costituito la rilevante fonte di prova nell'ambito dei procedimenti cautelari promossi nei confronti di numerosi affiliati. 1.2 II Tribunale poi, anche attraverso il legittimo ricorso alla tecnica della motivazione per relationem, richiamando il provvedimento applicativo della misura cautelare, ha preso in esame specificamente le dichiarazioni dei predetti 2 al gruppo dei "mazzarroti" dal Crupi e dal Rottino (soggetti che lo stesso collaboratori Bisignano e Campisi e Cuttone, evidenziando come le stesse si sono connotate per sufficiente precisione, coerenza, costanza e spontaneità ed assoluta convergenza relativamente al nucleo essenziale della narrazione, quanto all'effettiva intraneità alla famiglia mafiosa. 1.3 In presenza di un apparato motivazionale logico e coerente, tutte le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ed in particolare quelle del Bisignano, sarebbero scarsamente attendibili e prive di adeguati riscontri, non essendo tra loro dell'ordinanza impugnata, si risolvono sostanzialmente in una sollecitazione a compiere una rilettura delle risultanze processuali in senso più favorevole agli indagati. Di talché, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull'attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell'ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall'art. 273 cod. proc. pen. per l'emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l'intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito. 2. In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere all'adempimento prescritto dall'art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter. P.Q.M. %.--- 1 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. I 1 ,— ci E o rr Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell'Istituto Penitenziario, ai sensi dell'art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter. Così deciso in Roma, il 4 marzo 2014. significativamente convergenti, lungi dal segnalare effettivi profili di illegittimità

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