Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35437 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35437 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARBA SALVATORE N. IL 04/05/1969
avverso l’ordinanza n. 19/2010 CORTE ASSISE APPELLO di
CAGLIARI, del 05/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. g

c/Let-i/rotkik
-1/0

Uditi difensor Avv.;

7

Data Udienza: 06/02/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 5.3.2012 la Corte di assise d’appello di Cagliari, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza con la quale ARBA SALVATORE aveva chiesto che, ai sensi
dell’art.671 c.p.p., fosse riconosciuta la continuazione tra reati di omicidio, rapina, furto,
ricettazione, evasione commessi tra l’anno 1988 e l’anno 1992.
In particolare, seguendo le postazioni del certificato penale, risultavano i seguenti fatti-reato:
-1) furto commesso il 6.9.1987 (relativo ad oggetti sottratti da un’autovettura);
– 4) ricettazione di un ciclomotore accertata il 24.3.1992;

– 12) evasione commessa il 5.4.1994;
– 13) ricettazione fucile commessa il 15.7.1991 (ritenuta la continuazione con sent. punto 9);
– 14) omicidio Lecca commesso il 22.2.1988;
– 19) omicidio Stori commesso il 9.11.1991;
-3), 5), 6), 9) riguardanti condanne per rapine ed altro di cui alle sentenze 1.10.1992,
30.1.1993, 23.2.1993 e 7.6.1994, reati uniti dal vincolo della continuazione (in particolare la
rapina commessa il 26.11.1991 e quella commessa il 27.5.1992) con ordinanza del Tribunale
di Milano in data 11.8.1999.
L’Arba aveva iniziato a collaborare con l’autorità giudiziaria nell’ottobre 1994.
Tra l’altro, aveva confessato la partecipazione a rapine aggravate commesse tra il 1990 e il
1991, ma per la maggior parte di questi reati era stata pronunciata declaratoria di
improcedibilità per intervenuta prescrizione (sentenza del GIP del Tribunale di Cagliari in data
21.10.2009).
Aveva commesso occasionalmente ulteriori reati nel 1998 e nel 2004, per i quali era stato
condannato (punti 17 e 18 del certificato penale), ma per questi reati non vi era richiesta di
continuazione.
Il giudice dell’esecuzione prendeva in considerazione le circostanze in cui erano stati commessi
i reati per i quali era stata chiesta la continuazione e riteneva che gli stessi non facessero parte
di un originario disegno unitario, concepito prima dell’inizio dell’attività criminosa, non
potendosi comunque identificare l’unitarietà del disegno criminoso con la volontà – manifestata

– 8) evasione commessa 1’8.6.1993;

dall’Arba – di assumere un ruolo criminale di rilievo negli ambienti criminali da lui frequentati.
L’Arba aveva dichiarato di aver conosciuto Mascia Giuseppe nell’estate 1991; su incarico del
predetto e dietro compenso aveva commesso l’omicidio Stori (il 9.11.1991) insieme a Cabiddu
Salvatore.
Con il Mascia e con il Cabiddu aveva commesso numerose rapine in danno di uffici postali e
banche, ma non si poneva – secondo il giudice dell’esecuzione – il problema di riconoscere la
continuazione tra questi reati sia perché erano stati quasi tutti dichiarati prescritti, sia perché
gli unici due per i quali era intervenuta condanna (la rapine del 26.11.1991 e quella del
27.5.1992) erano stati già riuniti in continuazione dal Tribunale di Milano con ordinanza
dell’11.8.1999.
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L’omicidio di Lecca Ignazio (del 22.2.1988) appariva slegato dall’ambiente delle bande
criminali ed era stato commesso dall’Arba su istigazione di Lecca Gianfranco, nei confronti del
quale l’Arba nutriva ammirazione e fiducia.
L’omicidio Stori (del 9.11.1991) l’aveva commesso su incarico del Mascia, criminale di rilevante
spessore, il quale aveva deciso di uccidere tre pastori le cui proprietà confinavano con la sua,
avendoli presi in odio.
Tra i due omicidi non poteva ravvisarsi alcun rapporto, poiché all’epoca del primo omicidio

era stato coinvolto negli stessi come killer da altri soggetti.
In conclusione, secondo il giudice dell’esecuzione, l’aspirazione di diventare un delinquente di
rango, che è una scelta di vita, non può essere confusa con la continuazione, che comporta
una programmazione preventiva unitaria di un gruppo di reati.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione nonché per mancata valutazione
di prove che dimostravano la sussistenza del medesimo disegno criminoso.
La Corte di assise d’appello, secondo il ricorrente, non aveva considerato i nessi esistenti tra gli
omicidi per i quali l’Arba era stato condannato e le rapine (commesse il 26.11.1991 e
27.5.1992) e gli altri reati per i quali il Tribunale di Milano, con ordinanza in data 11.8.1999,
aveva riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione.
I reati tra i quali in sede esecutiva era stata già riconosciuta la continuazione erano stati
commessi nello stesso periodo (in particolare la rapina del 26.11.1991) in cui era stato
commesso l’omicidio Stori e in concorso con persone che facevano parte dello stesso contesto
delinquenziale.
Anche l’altra rapina (del 27.5.1992) aveva collegamenti con il primo omicidio (del 22.2.1988),
poiché uno degli autori della rapina (Angioi Andrea) risultava coinvolto nella vicenda
dell’omicidio Lecca.
La sussistenza dei presupposti per l’applicazione della continuazione si desumeva anche dalle
numerose rapine commesse tra il 1990 e il 1991 con persone appartenenti allo stesso
contesto, anche se la continuazione non era stata dichiarata poiché detti reati di rapina
confessati dall’Arba erano stati dichiarati prescritti.
L’unicità del disegno criminoso, secondo il ricorrente, doveva essere riconosciuta tra tutti i reati
commessi tra il 1988 e il 1992, ed il disegno unitario poteva considerarsi interrotto solo
nell’ottobre 1994, quando l’Arba aveva manifestato la volontà di confessare i reati commessi e
di collaborare con la giustizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi di ricorso sono infondati.

2

l’Arba neppure conosceva il Mascia. Entrambi i fatti omicidiari apparivano occasionali e l’Arba

Si deve innanzi tutto osservare che il ricorrente, benché formalmente nel ricorso abbia
concluso che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto riconoscere l’unicità del disegno
criminoso tra tutti i reati commessi da Arba Salvatore tra il 1988 e il 1992, non ha in alcun
modo criticato la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui il giudice
dell’esecuzione ha escluso che i reati di cui ai punti 1, 4, 8 e 12 (furto, ricettazione ed
evasione) potessero essere unificati dal vincolo della continuazione, rilevando che gli stessi
apparivano come episodi isolati ed occasionali, senza alcun collegamento tra loro o con altri

I motivi di ricorso, nella sostanza, si concentrano nella seguente critica alla motivazione
dell’ordinanza impugnata: il giudice dell’esecuzione non aveva considerato i nessi esistenti tra
le rapine commesse dall’Arba e i delitti di omicidio; in particolare, vi era uno stretto nesso
anche temporale tra l’omicidio Stori, commesso il 9.11.2011, e la rapina commessa il
26.11.1991 in concorso con Sanna Alessandro (il quale dagli atti risultava a conoscenza della
commissione dell’omicidio); vi era altresì un nesso tra l’omicidio Lecca, commesso il
22.2.1988, e la rapina commessa il 27.5.1992 in concorso con Angioi Andrea, il quale era
coinvolto nell’omicidio Lecca.
Poiché tra le predette rapine era stata riconosciuta dal Tribunale di Milano (con ordinanza in
data 11.8.1999) la continuazione, si sarebbe dovuto riconoscere la continuazione anche tra le
rapine e i suddetti delitti di omicidio, quindi anche tra gli omicidi tra loro, in quanto per ognuno
di essi sussistevano collegamenti con il delitto continuato, comprendente le rapine commesse il
26.11.1991 e il 27.5.1992.
La tesi della difesa è priva di fondamento non solo perché smentita dall’accurata analisi di
ciascuno degli omicidi compiuta dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza impugnata, ma
anche perché il ricorrente non ha fornito alcun valido elemento dal quale desumere che vi
fosse un collegamento tra l’omicidio Stori e la rapina del 26.11.1991 o tra l’omicidio Lecca e la
rapina del 27.5.1992.
Per quanto riguardo l’omicidio Stori, il giudice dell’esecuzione ha escluso che lo stesso potesse
essere collegato agli altri reati commessi dall’Arba, poiché il coinvolgimento nel delitto del
predetto era stato del tutto estemporaneo, essendo stato lo stesso ingaggiato dal Mascia

reati commessi dall’Arba.

all’ultimo momento per uccidere i tre pastori confinanti del Mascia che quest’ultimo aveva
preso in odio e deciso di uccidere.
Il ricorrente, peraltro, non ha indicato alcun elemento dal quale desumere che la commissione
del predetto omicidio fosse collegata con la rapina del 26.11.1991, a parte la vicinanza
temporale tra i due fatti, non essendo sintomatico della sussistenza di un originario disegno
criminoso il solo fatto che il complice della rapina fosse a conoscenza dell’omicidio. Né ha
mosso alcuna critica all’analisi dell’omicidio de quo contenuta nell’ordinanza impugnata,
secondo la quale l’Arba era stato coinvolto nella commissione dell’omicidio in modo
estemporaneo ed all’ultimo momento.

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i/6

Per quanto riguarda l’omicidio di Lecca Ignazio, il giudice dell’esecuzione ha messo in evidenza
che lo stesso era stato commesso dall’Arba, sotto l’influenza del coimputato Lecca Gianfranco,
del quale subiva l’influenza, in un periodo (1988) in cui praticamente neppure conosceva il
Mascia, e quindi non poteva nemmeno immaginare che si sarebbe introdotto nella banda
diretta da quest’ultimo, dedita alla commissione di rapine in banca e in danno di uffici postali.
Nel ricorso non è contenuta alcuna critica alle suddette affermazioni del giudice dell’esecuzione
che non consentono di individuare alcun collegamento con l’omicidio Stori (commesso oltre tre
anni dopo) o con le rapine commesse nei primi anni novanta.

unico disegno criminoso, il collegamento indicato dal ricorrente tra l’omicidio Lecca e la rapina
commessa il 27.5.1992.
L’ordinanza impugnata ha applicato un principio sempre ribadito da questa Corte, in base al
quale la generica decisione di commettere reati, eventualmente per diventare un delinquente
di rango e per procurarsi un prestigio in ambienti criminali, non può essere confusa con
l’unicità del disegno criminoso a cui fa riferimento l’art.81 c.p., che richiede il concepimento
delle diverse azioni, almeno nelle linee generali, prima dell’inizio dell’attività delittuosa.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 6 febbraio 2014
Il Consigliere estensore

resi’ ente

Sotto altro aspetto, appare del tutto oscuro perché immotivato, ai fini della sussistenza di un

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