Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35436 del 19/08/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 35436 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Stanescu Ovidio, nato in Romania il 26.4.91
imputato furto aggravato (come da sentenza di condanna della Pretura di Braila, Romania, del 7.3.12)

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna dell’.8.7.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Giulio Romano, che ha chiesto una declaratoria
di inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – – Il ricorrente è stato tratto in
arresto – e posto in custodia cautelare in carcere – a seguito di esecuzione di un mandato di
arresto internazionale emesso dall’autorità giudiziaria rumena dopo che lo Stanescu era stato
condannato per furto aggravato dalla Pretura di Braila.

Data Udienza: 19/08/2013

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Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello ha dichiarato la sussistenza delle
condizioni per accogliere la richiesta di assistenza giudiziaria avanzata dalle Autorità rumene
ed ordinato la consegna del ricorrente a quell’A.G.

Avverso tale decisione, l’interessato ha proposto ricorso,
2. Motivi del ricorso
tramite difensore, censurando il fatto che il MAE non abbia specificato il ruolo avuto dal
ricorrente nella vicenda e richiama l’attenzione sulla personalità dello Stanescu che vive in
Italia da diverso tempo e vi coltiva interessi lavorativi e familiari oltre ad avere sempre tenuto
un atteggiamento pacato e collaborativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Motivi della decisione
manifestamente infondato.

Il ricorso è inammissibile perché generico e, comunque,

La critica che il ricorrente muove al MAE è, come accennato, alquanto vaga ed
assertiva e, soprattutto, essa viene rivolta ad un provvedimento diverso da quello la cui
legittimità questa Corte è chiamata a valutare, e cioè, la sentenza della Corte d’appello. Era,
infatti, quest’ultimo organo giudiziario a dover verificare la validità del mandato di arresto
internazionale e, di conseguenza, la critica, in questa sede, avrebbe dovuto riguardare il modo
in cui la Corte aveva affrontato la disamina del MAE.
Al contrario, non solo, il ricorrente sollecita l’attenzione di questa S.C. direttamente sul
mandato di arresto (e non sulla motivazione dei giudici di merito) ma, per di più, una verifica sul
provvedimento impugnato conduce al convincimento che la Corte ha svolto bene il proprio
compito. In particolare, essa ricorda che, ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi
indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato
«sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su
un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo
di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna» (S.U. 30.1.07, Ramoci, Rv.
come sottolineano i giudici di appello — l’autorità rumena
235348). Dal momento, che, nella specie
«ha indicato in dettaglio gli elementi raccolti e ne ha soppesato positivamente la valenza
indiziaria», non è censurabile la conclusione di ritenere fondata e giustificata la richiesta di
consegna.
A fronte di ciò, peraltro, la prima censura del ricorrente appare meramente affermativa
di contenuti opposti.

Del tutto irrilevanti sono poi gli ulteriori argomenti difensivi svolti nel secondo motivo
dal momento che anche la presenza in Italia del ricorrente è attestata genericamente e non
certo avallata da certificati anagrafici o altri documenti idonei a dimostrare un radicamento
significativo e rilevante ai presenti fini (v. Sez. Fer. 3.8.10, Anthoi, Rv. 247811) mentre non è rilevante
il richiamo al comportamento processuale corretto.
per le finalità dedotte

Ne consegue che la aspecificità ed improprietà della doglianza impone la presente
declaratoria cui segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Ai sensi dell’art. 22 co 5 L. 69/05, va dato mandato alla cancelleria per le comunicazioni
di rito.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22 co. 5 L. 69/05.

Così deciso il 19 agosto 2013

TATA

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