Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35436 del 09/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35436 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
INCERPI PAOLO N. IL 09/05/1972
avverso la sentenza n. 519/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
08/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FILIPPO CASA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/07/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 2.12.2011, il Tribunale di Firenze in composizione monocratica
condannava INCERPI Paolo alla pena di quindici giorni di arresto e 550,00 euro di ammenda per il reato
contravvenzionale di cui all’art. 681 cod. pen., consistito nell’aver esercitato

– quale legale

rappresentante della “YAB s.r.l.”, titolare dell’esercizio di discoteca denominato “YAB YUM” e intestatario
della relativa autorizzazione –

attività di pubblico intrattenimento danzante in violazione delle

primo piano, adibita allo svolgimento delle danze, un numero di persone pari a 724, superiore a quello
massimo di 450 stabilito nel provvedimento autorizzativo (fatto accertato il 21.2.2009).
Il Tribunale fiorentino concedeva la sospensione condizionale della sola pena detentiva.
2. Con sentenza resa in data 8.11.2013, la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della
prima decisione, dichiarava condizionalmente sospesa anche la pena pecuniaria, confermando nel resto la
decisione stessa.
3. Ha proposto ricorso per cassazione INCERPI Paolo per il tramite del difensore di fiducia.
3.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in
ordine all’affermazione della responsabilità dell’imputato.
In primo luogo, la Corte d’Appello aveva ricavato apoditticamente la credibilità dell’unico teste
d’accusa (l’Ispettore Cai) dalla specificità della delega a lui conferita, il che, oltre a palesarsi illogico,
integrava una violazione di legge in ordine alla valutazione degli elementi di prova che il Giudice è
chiamato a compiere ai sensi degli art. 192 e 546 cod. proc. pen..
Vizi analoghi si rilevavano nelle argomentazioni svolte per replicare ai rilievi formulati sul mancato
computo delle persone in entrata nel locale e di quelle presenti nella zona fumatori esterna: sul punto, la
sentenza risolveva solo apparentemente le incongruenze registrate tra il verbale e le risultanze
dell’accertamento.
La decisione aveva, inoltre, omesso di provvedere ad attenta disamina delle prove a discarico,
quali gli strumenti di controllo adottati dalla discoteca per verificare il rispetto del limite di capienza del
locale ovvero la possibilità di ampliamento dello spazio fumatori in serate di particolare affluenza.
Altro profilo di illogicità, infine, si manifestava nell’argomento secondo il quale il reato contestato
sussisterebbe anche ammettendo o ipotizzando alcuni vizi dell’accertamento in ragione della grande
differenza tra capienza autorizzata e persone contate.
3.2. Con il secondo motivo, si censura il vizio di motivazione in ordine alla mancata conversione
della pena ex art. 53 legge n. 689/81.
La Corte territoriale aveva ritenuto di negare la conversione della pena detentiva per la gravità
della condotta posta in essere dall’imputato.
Tale affermazione appariva illogica, sia perché si scontrava con la valutazione di maggiore tenuità
attribuita dal legislatore ai reati contravvenzionali, sia per l’omessa considerazione della condotta
concretamente attuata dall’imputato, condannato solo in quanto legale rappresentante del locale.
Ricordava il difensore del ricorrente una recente pronuncia di questa Corte, con la quale si è
affermata la necessità di un’adeguata motivazione in caso di diniego opposto alla richiesta di conversione
della pena (Sez. III, sent. n. 37814 del 6.6.2013).

1

prescrizioni imposte dalla autorità a tutela della incolumità pubblica, facendo entrare nella sala posta al

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nessuno dei motivi di ricorso può ritenersi manifestamente infondato per palese inconsistenza
delle censure, né appare articolato in modo tale da valicare i limiti propri del giudizio di legittimità il cui
accesso è subordinato all’osservanza del precetto dei comma 1 e 3 dell’art. 606 cod. proc. pen..
Il ricorso, quindi, non è inidoneo ad instaurare il rapporto di impugnazione, condizione che
preclude, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la possibilità di far valere una causa di non
punibilità ovvero di rilevarla di ufficio (v. S.U. sent. n. 32 del 22/112000, De Luca, RV. 217266; tra le

entrambi i casi oggetto delle citate decisioni – come in quello di specie – la prescrizione del reato era
maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; per l’estensione della preclusione
anche al caso di prescrizione maturata in data anteriore alla pronunzia d’appello, ma non dedotta né
rilevata da quel giudice, vedi S.U., sent. n. 23428 del 22.3.2005, Bracale, RV. 231164; Sez. 1″, sent. n.
24688 del 4.6.2008, Rayyan, RV. 240594; Sez. 3″, sent. n. 42839 dell’8.10.2009, Imperato Franca, RV.
244999).
Dal capo d’imputazione si evince che il reato contravvenzionale ascritto al ricorrente risulta
consumato in data 21.2.2009.
Da tale data è, dunque, iniziato a decorrere il tempo di prescrizione del reato, che risulta
ampiamente maturato alla data odierna – in assenza di periodi di sospensione – nella sua durata
massima di cinque anni prevista dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen., nel testo attuale
in concreto applicabile all’imputato.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620, comma
1, lett. a) cod. proc. pen., perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2014

Il Consigl’

sore

decisioni delle sezioni semplici, la recente Sez. 2″, sent. n. 28848 dell’8/5/2013, Ciaffoni, RV. 256463: in

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