Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35424 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35424 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZINDATO FRANCESCO N. IL 13/06/1977
ZINDATO GAETANO ANDREA N. IL 29/07/1984
avverso la sentenza n. 17/2012 CORTE ASSISE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 14/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 18/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 32.713/2013 R.G.

* Udienza del 1 8 giugno 2014

– il Pubblico Ministero, in persona del dott. Gabriele Mazzotta,
sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte suprema di cassazione, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e per la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della
cassa delle ammende;
– il difensore della parte civile, Regione Calabria, in persona del
legale rappresentante pro tempore, avvocata Maria Elena Mancuso Severini, intervenuta per delega dell’avvocato Michele
Rausei, procuratore speciale e difensore dell’Ente territoriale,
ha concluso, per iscritto, per il rigetto del ricorso degli imputati
e per la condanna di costoro alla rifusione delle spese del presente giudizio, giusta sparata notula;
– i difensori dei ricorrenti, avvocati Giovanni Aricò e Giuseppe
Nava, i quali hanno concluso per l’ accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. — Nel giudizio a carico — per quanto qui rileva — di Francesco
Zindato e di Gaetano Andrea Zindato, imputati:
• entrambi del delitto di associazione di tipo mafioso per la
compartecipazione nella omonima cosca Borghetto-CaridiZindato, con permanenza protratta dal luglio 2003 fino al 30
giugno 2011 (capo A della rubrica); dei delitti di detenzione e di
porto illegali, aggravati di armi comuni da sparo, di detenzione
e di porto di armi clandestine, commessi in Reggio di Calabria
nell’ottobre (rectius: novembre) 2008 (capo L); del delitto di
trasferimento fraudolento di valori ai sensi dell’articolo 12quinquies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito
nella legge 7 agosto 1992 n. 356, in relazione alla fittizia intestazione dell’impianto sportivo Palaghiaccio alla società di comodo Pro loco sport organization, in Reggio di Calabria nel febbraio 2008 (capo O); nonché in relazione alla fittizia intestazione di una loro sala giochi alla associazione creata ad hoc de-

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Uditi, altresì, nella pubblica udienza:

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Udienza del 18 giugno 2014

• Z in dato Francesco, inoltre, del delitto di danneggiamento aggravato in danno dell’imprenditore Pietro Praticò, (capo
H); dei concorrenti delitti di detenzione e di porto illegali aggravati di arma da guerra (capo H-bis), commessi il Reggio di
Calabria il 26 luglio 2004; del delitto di omicidio pluriaggravato in danno di Giuseppe Lauteta (capo M) e dei concorrenti reati di detenzione e di porto illegali di arma comune da sparo
(capo M-bis), commessi in Reggio di Calabria l’ 11 gennaio
2006; del delitto di trasferimento fraudolento di valori, ai sensi
dell’articolo 12-quinquies del decreto legge 8 giugno 1992, n.
306, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356, in relazione
alla fittizia intestazione a Tommaso Paris della propria impresa edile, in Reggio di Calabria il 12 aprile 2001 (capo N); in relazione alla fittizia intestazione a Carmela Nava del proprio
appartamento con autorimessa, sito in via Ciccarello, e della
impresa Apan Costruzioni di Amaddeo D. e di Nucera A., s.r.1.,
in Reggio di Calabria il 21 luglio 2008 (capo P-bis); e in relazione alla fittizia intestazione a Franco Fabio Quirino della
propria imprese di pulizie, in Reggio di Calabria il 19 giugno
2010 (capo P-ter);
il giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Reggio di Calabria, con sentenza 2 febbraio 2012, esclusa in relazione ai capi M ed M-bis l’aggravante di cui all’articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito
nella legge 12 luglio 1992, n. 203, ha dichiarato Francesco Zindato e Gaetano Andrea Zindato responsabili dei ridetti reati,
loro rispettivamente ascritti, ha condannato il primo e il secondo alle pene principali, rispettivamente alla pena dell’ergastolo e della reclusione in anni quattordici e mesi otto; ha applicato le pene accessorie di legge; e ha confiscato gli immobili
e le aziende sopra menzionati.

2. Con sentenza deliberata il 14 gennaio 2013 e depositata il
12 aprile 2013, la Corte di assise di appello di Reggio di Calabria, in parziale riforma della sentenza appellata, ha escluso

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nominata Circolo ricreativo Las Vegas, in Reggio di Calabria tra
aprile e maggio 2009 (capo P);

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nei confronti di Gaetano Andrea Zindato la ipotesi della promozione e della direzione della associazione di tipo mafioso, e
ha ridotto la pena a tredici anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione; ha assolto Francesco Zindato dai delitti di cui ai capi
H), H-bis), M) e M-bis) per non aver commesso il fatto, e ha rideterminato la pena per i residui delitti in sedici anni e otto
mesi di reclusione; ha confermato nel resto la sentenza appellata nei confronti dei succitati Zindato.
3. — Sulla base delle intercettazioni telefoniche, eseguite nel
corso delle indagini, i giudici di merito hanno accertato quanto
segue.
3.1 — Gli imputati avevano compartecipato alla associazione di
tipo mafioso, denominata cosca Borghetto, Caridi e Zindato,
inserita nella più vasta compagine della famiglia Libri e insediata nei quartieri della città di Reggio di Calabria, Ciccarello,
San Giorgio Extra e Modena.
La associazione criminale aveva monopolizzato il controllo della attività edilizia e la imposizione delle tangenti nel territorio
di radicamento.
Nella attività imprenditoriale mafiosa si inserivano i reati scopo di trasferimento fraudolento di valori.
La cornice criminale di riferimento ha costituito oggetto di
plurimi accertamenti giurisdizionali.
In particolare i germani Zindato, in relazione alla associazione
alla cosca Libri, avevano già riportato condanne, giusta sentenze del 16 luglio 2003 (irrevocabile dal 26 novembre 2004) e
del 13 giugno 2003 (irrevocabile dal 27 marzo 2007).
Le intercettazioni di conversazioni del 6 e del 7 settembre 2005
e del 10 luglio 2008 disvelano gli stretti rapporti tra i Libri e gli
Zindato.
3.2 — Significative evidenze emergenti dalle intercettazioni di
varie conversazioni (dell’8 settembre 2005, del 14 dicembre
2007, del 19 dicembre 2007) dimostrano l’accaparramento della

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attività edilizia esercitata dalla cosca, in regime di monopolio
assoluto, nei quartieri Modena e Ciccarello.

Concorrono le evidenze probatorie acquisite in proposito attraverso le intercettazioni (riportate nelle sentenze).

3.4 La attività imprenditrice mafiosa degli Zindato, estrinsecatasi mediante «infiltrazione obliqua del mercato», risulta attuata sotto lo schermo di prestanome e di fittizie intestazioni.

Circa la fittizia intestazione della impresa Paris, significativi
elementi probatori emergono dalle intercettazioni del 25 giugno 2008, del 2 ottobre 2008, del 31 magio 2010 e del 6 giugno
2010, dalle dichiarazioni dell’imprenditore Carmelo Ficara e
dalle propalazioni del collaborante Mesiano.
L’interposizione relativa all’impianto Palaghiaccio risulta dalle
intercettazioni del 28 marzo 2008, del 5, 6 e 30 aprile 2008, del
1°, 7 e 8 maggio 2008. Peraltro la info line indicata nella pubblicità dell’impianto, faceva capo a utenza intestata a Sebastiano Sapone, pregiudicato estremamente vicino ai germani
Zindato. Soccorrono, infine, le dichiarazioni rese da Massimo
Orazio Sconti, ideatore dell’impianto e intestatario della utenza elettrica.
Le conversazioni tra Francesco Zindato e Biagio Consolato Parisi e tra i fratelli Zindato (intercorse il 14, il 17, il 26 aprile
2009, il 2, il 4, il 6, il 13 e il 14 maggio 2009) disvelano la effettiva titolarità degli imputati della sala giochi del circolo ricreativo Las Vegas, fin dal momento della intrapresa della attività
commerciale.
Le ulteriori conversazioni con familiari e con l’agente immobiliare del 23 ottobre 2008, del 26 e del 29 gennaio 2010, relative
alla messa in vendita dell’appartamento abitato da Francesco
Zindato, nell’edificio del condominio La Polveriera, e fittiziamente intestato alla madre del giudicabile, Carmela Maria Na-

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3.3 — Il collaborante Carlo Mesiano ha riferito in ordine alla
attività estorsiva perpetrata da Francesco Zindato e dagli altri
esponenti della cosca.

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va, dimostrano che l’effettivo proprietario dell’appartamento
era lo stesso Zindato, il quale dimostrava di disporre dell’immobile uti dominus.
Le telefonate intercorse nel giugno 2010 (precisamente il 10, il
15 e il 17) tra Francesco Zindato e Franco Fabio Quirino comprovano che il reale promotore e titolare della impresa di pulizie, fittiziamente intestata al Quirino (all’epoca in precarie
condizioni economiche), era lo Zindato; e, per l’ appunto, proprio nell’interesse di costui Tommaso Paris telefonava il 24
giugno 2010 a Consolato Ivan Gattuso per procacciare commesse alla impresa neocostituita; la testimonianza di Angela
Del Giglio, amministratrice di condomini, dimostra l’accaparramento mafioso del mercato da parte dello Zindato.
3.5 — Ulteriori intercettazioni del 18 dicembre 2008, del 23 dicembre 2008 e del 28 gennaio 2009 danno conto del «serrato
controllo del territorio» da Francesco Zindato e dai suoi sodali.
3.6 — Quanto ai delitti di detenzione e di porto illegali, aggravati di armi comuni da sparo, di detenzione e di porto di armi
clandestine (capo L) i giudicabili sono attinti dalla chiamata in
correità del cedente delle due pistole Mauro Ferrito e dalla
convergente dichiarazione di reità del collaborante Vittorio
Fregona.
Ferrito, guardia giurata, ed assuntore di cocaina, ha dichiarato
di aver regolarmente acquistato le due pistole (successivamente punzonate), presso una armeria per conto degli Zindato, i
quali gli fornivano la droga; aveva, quindi, ceduto le armi agli
appellanti (i quali avevano finanziato l’acquisto) in cambio di
cocaina.
Le dichiarazioni di vendita delle armi, rilasciate dall’armaiolo,
l’ 8 e il 14 novembre 2008, al Ferrito sono state sequestrate
presso la abitazione di costui.
Fregona ha confermato la cessione delle pistole da parte di
Ferrito agli imputati.

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Risultano, infine, coevi contatti di Ferrito con Sebastiano Sapone, stretto sodale degli Zindato.

4. — Con riferimento ai motivi di gravame degli Zindato e in re-

4.1 — I motivi di gravame non investono specificamente la sussistenza del gruppo criminale.
Il dato storico del locale dei quartieri reggini Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra è da ritenersi assodato alla stregua dell’accertamento del primo giudice.

4.2 — Contrariamente all’assunto degli appellanti le condotte
relative ai reati scopo di trasferimento fraudolento di valori
(intestazioni fittizie) sono espressive — e dimostrative — del delitto associativo, in quanto estrinsecazione di «mafia imprenditrice».
Eloquenti sono le dichiarazioni di reità al riguardo di Umberto
Sconti.
La impresa di pulizie, fittiziamente intestata al Quirino, sbaragliò la concorrenza costringendo alla «rinuncia per improvvisi
motivi personali» l’imprenditore che forniva il servizio di pulizia
delle scale del condominio La Polveriera, accaparrandosi l’appalto.
Di contro, il delitto di trasferimento fraudolento di valori di
cui al capo P-bis (fittizia intestazione dell’appartamento del
condominio La Polveriera alla madre dell’appellante), in relazione al quale non è stata contestata la aggravante dell’articolo
7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella
legge 12 luglio 1992, n. 203, neppure è stato considerato dal
primo giudice per trarre dalla condotta relativa elementi di
prova in ordine al delitto associativo.

4.3 — La perpetrazione dei delitti concernenti le armi si collega
al carattere peculiare della associazione mafiosa armata, alle
connotazioni di «valenza militare o paramilitare» della cosca, al-

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lazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio
di legittimità, la Corte territoriale ha osservato quanto appresso.

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la esigenza di operatività in tal senso, chiaramente espressa da
Zindato nella conversazione con Domenico Antonio Laurendi
del 23 dicembre 2008.
4.4 — Non è fondata la censura del difensore degli appellanti
circa la supposta utilizzazione ai fini della prova delle condotte
associative della conversazione intercorsa tra Domenico Libri e
Matteo Alampi il 23 febbraio 2002, sotto il profilo che si tratta
di circostanza ormai coperta dal pregresso giudicato di condanna.
Il primo giudice ha, infatti, valutato la evidenza probatoria in
parola per dimostrare non già la responsabilità dei giudicabili
in ordine al delitto di associazione di tipo mafioso, bensì il presupposto «contesto delinquenziale» capeggiato dai Libri colla
compartecipazione degli Zindato, costituente la matrice della
associazione criminale oggetto del presente giudizio, successivamente costituitasi.
4.5 — I riferimenti onomastici (diminutivo e vezzeggiativo) di
carattere univoco nel contesto della indagine rendono infondata la contestazione dell’appellante circa la identificazione dei
Francesco Zindato tra gli interlocutori delle conversazioni intercettate.
4.6 — Prive di giuridico pregio sono le censure difensive circa la
valutazione e la valenza probatoria delle intercettazioni.
Non coglie nel segno l’obiezione dell’appellante in ordine alla
conversazione del 10 luglio 2008 tra Silvana Libri e Francesco
Zindato. Per vero non è in discussione che il secondo compisse
un atto di cortesia nei confronti della prima. Conta, invece, il
carattere non estemporaneo del gesto e la sintomaticità della
«stabilità delle pregresse intese» e del vincolo di solidarietà.
4.7 — Del pari è infondata la negativa degli appellanti circa la
attività estorsiva.
Significative sono in proposito le intercettazioni della conversazione del 22 giugno 2010 tra Francesco Zindato e Antonino

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Il complesso delle evidenze delle intercettazioni offre lo «spaccato di [una] società economica e civile che ha accettato l’egemonia
mafiosa come fatto ineludibile cui consegnare una quota dei propri
proventi e della propria libertà di autodeterminazione» nel quadro
di una «anomala pacificazione sociale ed economica» penalmente
illecita.
Sicché deve essere disatteso l’assunto difensivo circa la esclusione della pericolosità di Francesco Zindato, che, invece, emerge dalla intercettazione della conversazione del 18 dicembre 2012 nel corso della quale l’appellante proclama minacciosamente la intangibilità del proprio locale. E significative sono
in tal senso pure le intercettazioni del 23 dicembre 2008.

4.8

Le censure degli appellanti circa la attendibilità del collaborante Carlo Mesiano, sotto il profilo che costui sarebbe stato
animato dal rancore nei confronti di Francesco Zindato non
sono decisive.

Deve innanzi tutto considerarsi che nella sentenza appellata le
propalazioni di Mesiano rivestono «una valenza probante di corredo» rispetto alle evidenze delle intercettazioni.
Il riferimento alle estorsioni, operato da Mesiano, non costituisce poi «un elemento nuovo» a fronte di quanto «accertato autonomamente dal compendio intercettivo»; sicché «per quanto voglia
coltivarsi il pregiudizio» nei confronti del collaborante, affatto
ingiustificato resta l’assunto del mendacio.
Le propalazioni di Mesiano convergono con quelle dell’ulteriore
collaborante Vittorio Fregona, laddove il modus operandi del
gruppo criminale risulta rappresentato nelle dichiarazioni di
Umberto Sconti.

4.8

In relazione alla «giurisdizione domestica», arrogatasi della cosca nell’esercizio della propria egemonia territoriale, la negativa dei difensori è priva di pregio, siccome resistita dal contenuto della conversazione dell’8 gennaio 2008 tra Claudio Ca—

Caridi e del 30 ottobre 2008 (non specificamente contestata nei
motivi di gravame) tra i germani appellanti.

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nale e Giuseppe Modafferi a proposito della restituzione (negata) di un computer dato in comodato a tale Pippo e dell’intervento di Gaetano Andrea Zindato.

4.9

Neppure sono calzanti le deduzioni difensive in ordine alle intercettazioni del 25 ottobre 2008, del 3 maggio 2008 e del 6
novembre 2008, correttamente apprezzate dal primo giudice in
relazione alla prova del capillare controllo e monitoraggio del
territorio di radicamento della cosca da parte degli associati.

4.10

Conclusivamente merita conferma l’accertamento del
primo giudice circa il ruolo di promotore e di dirigente esercitato nella compartecipazione associativa, da Francesco Zindato,
propugnatore, addirittura, di una propria «etica estorsiva» nella
pianificazione di taglieggiamenti «correlati alla capacità contributiva» di ciascuna delle vittime, assoggettate al pizzo, senza
necessità del ricorso a minacce espresse, essendo il territorio
«talmente impregnato e assoggettato al potere mafioso», che gli
imprenditori considerano ormai le tangenti come «costo di impresa».

Quanto a Gaetano Andrea Zindato, la disponibilità dimostrata
da costui nell’accompagnare Domenico Libri, in occasione del
viaggio da Prato a Reggio di Calabria, costituisce espressione
di «deferente solidarietà» offerta al «bos della casa madre Libri».
In seno alla cosca Borghetto — Caridi — Zindato l’appellante è
risultato possedere «un suo grado di rappresentatività», come
dimostra l’episodio del Canale.
Il giudicabile è, inoltre, compartecipe dei delitti di cui ai capi
O) e P) — v. infra — che rappresentano la estrinsecazione della
imprenditoria mafiosa.

4.11

Deve essere disattesa la richiesta degli appellanti di riconoscimento della continuazione con i delitti associativi, oggetto delle precedenti condanne riportate da entrambi.

Le condotte associative oggetto del presente giudizio sono pertinenti a «realtà mafiosa» che costituisce «un nuovo aggregato»
con «propria fisionomia e autonoma identità soggettiva».

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Sicché è da escludere che gli Zindato già al momento della loro
precedente associazione alla cosca Libri, potessero essersi rappresentata e aver deliberato la costituzione del «nuovo gruppo
criminale che avrebbe operato in piena autonomia rispetto alla cosca Libri»; laddove la continuità (pur dopo il luglio 2003 data
della cessazione della permanenza dei delitti associativi giudicati) dei rapporti personali con i Libri, si inquadra nell’assetto
della «composizione dei rapporti con [tutte le altre] consorterie
in una regimentazione di interessi consorziati».

4.12 Con riferimento ai delitti scopo di trasferimento fraudolento di valori non è, innanzi tutto, fondata la obiezione difensiva circa la necessità di uno specifico atto fittizio di trasferimento a favore del soggetto interposto e circa la dimostrazione
della provenienza del bene trasferito dal patrimonio del titolare dissimulato.

Giova in proposito il richiamo alla giurisprudenza di legittimità in punto di configurazione del delitto, quale reato a forma
libera, il quale è integrato da qualsiasi condotta idonea a realizzare la intestazione fittizia, anche mediante partecipazione,
in qualità di socio occulto, a società preesistente.
Priva di pregio è, poi, la generica e immotivata negativa dell’elemento psicologico dei delitti in parola.
Ai fini della ricorrenza del dolo specifico è del tutto irrilevante
che sia stata già adottata la misura di prevenzione.
Peraltro entrambi gli appellanti erano già stati condannati per
il delitto di associazione dei tipo mafioso. E Francesco Zindato
era stato pure sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, giusta decreto del Tribunale
ordinario di Reggio di Calabria 28 novembre 2003.

4.13 Circa la fittizia intestazione della impresa edile a Tommaso Paris (capo N) l’accertamento della interposizione è fondato su un cospicuo «complesso di elementi […] ben più ponderoso di quello attinto dai motivi di appello»: soccorrono in proposito le risultanze delle intercettazioni del 25 giugno 2008, del 2

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ottobre 2008, del 31 maggio 2010, del 6 e del 7 giugno 2010.
Rivelatori della reale titolarità della impresa in capo al Zindato sono i contatti col cliente appaltante Sebastiano Sapone:
Paris prima di assumere l’appalto, esige che il committente sia
accordato con Zindato. Sicché le segnalazioni all’imprenditore
Concetto Ficara da parte dei germani Zindato non sono suscettibili di essere riduttivamente interpretate in chiave di «mere
sponsorizzazioni».
Nessuna contraddizione è, poi, apprezzabile nelle propalazioni
del collaborante Mesiano, in proposito, trattandosi, piuttosto,
dei «tangibili effetti» della fittizia titolarità della impresa in capo al Paris.
Né, infine, rileva che l’avvio della impresa risalisse al 2000 in
epoca concomitante colla detenzione dell’appellante, essendo
successiva la «entrata di Zindato quale dominus [e] socio di fatto» della ridetta impresa.

4.14 — Circa la fittizia intestazione del Palaghiaccio (capo O) la
ricostruzione difensiva della vicenda, operata con i motivi di
appello (ovverosia: mera espressione di interesse per la intrapresa scevra da veruna partecipazione, erronea attribuzione di
conversazione a Gaetano Andrea Zindato, contrasto tra supposta interpozione e la condotta degli appellanti di presenza alla esecuzione dei lavori e alla inaugurazione dell’impianto)
«non è conforme alle risultanze processuali».
Risultano per vero acclarati in modo inconfutabile: il
reperimento da parte di Francesco Zindato del capitale investito nella intrapresa, pari a 25.000 euro (conversazione del 27
marzo 2008 tra l’appellante e Giuseppe Modafferi); la committenza dei lavori relativi all’impianto da parte dell’appellante
(conversazione del 28 marzo 2008 tra Giuseppe Modafferi e
Vincenza Irto); l’acquisto da parte dell’appellante dei materiali
da costruzione (conversazione del 2 aprile 2008 tra Francesco
Zindato e Matteo Perla); la ricerca dell’appellante dell’acqua da
utilizzare per la pista (conversazioni del 2 e del 5 aprile 2008).

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E risultano, altresì, accertati l’impegno profuso da entrambi gli appellanti nella intrapresa (conversazioni del 5 e del
6 aprile 2008 della madre dei giudicabili, rispettivamente, col
fratello Giuseppe e con una amica); l’impegno di Gaetano Andrea Zindato, nei giorni successivi alla inaugurazione, per il
lancio pubblicitario; il coinvolgimento del medesimo appellante nella attività commerciale di concessione del locale a terzi
per eventi particolari (conversazione del 30 aprile 2008 tra Gaetano Andrea Zindato e una dipendente della locale concessionaria della Mercedes); l’intervento di entrambi i germani Zindato in seguito alla liquefazione del ghiaccio della pista (conversazioni del 15 maggio 2008).
La interposizione è, infine, asseverata dalle ulteriori intercettazioni del 1° maggio 2008, del 7 maggio 2008, dell’8 maggio 2008
e del 10 ottobre 2008, nonché dalle dichiarazioni di Umberto
Sconti.

4.15 — In ordine alla fittizia intestazione della sala giochi del
circolo Las Vegas (capo P), l’assunto difensivo di un «mero aiuto gestionale», offerto a Biagio Consolato Parisi, è resistito dal
contenuto delle intercettazioni del 16, del 17, del 26 aprile
2009, del 2, del 4, del 6, del 7, del 13 e del 14 maggio 2009, le
quali comprovano la condivisione di interessi tra Zindato e Parisi e la cogestione del circolo da parte del primo.

4.16 — Circa la interposizione nella impresa di pulizie intestata
al Quirino (capo P-ter), l’assunto dell’ appellante, secondo il
quale si sarebbe, invece, trattato di semplici consigli e suggerimenti forniti da Francesco Zindato al Quirino, è contraddetto
dal tenore delle disposizioni impartite dell’appellante al prestanome e dei ragguagli richiesti dal primo al secondo (conversazioni del 10, del 16, del 17 e del 24 giugno 2010).
A dispetto della negativa dei difensori, la testimonianza della
amministratrice del condominio La Polveriera in ordine alle

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Il servizio di osservazione, attivato prontamente dalla polizia
giudiziaria, consentiva di verificare la realizzazione dell’ impianto sportivo.

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modalità del subentro della impresa mafiosa al precedente appaltatore comprova l’illecito accaparramento del mercato.

4.17 — Deve essere rigettato anche il motivo di gravame in ordine alla ritenuta aggravante di cui all’articolo 7 del decreto
legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio
1992, n. 203, in relazione ai succitati delitti ascritti ai capi N),
O), P) e P-ter).
Tutti i reati in parola costituiscono estrinsecazione della imprenditoria mafiosa, la quale, avvalendosi del potere criminale
e dell’assoggettamento sul territorio, «forte della egemonia […],
lucra i propri proventi, facendo recedere la concorrenza e imponendo, indisturbata e incontrastata, le proprie prestazioni».
Il «camuffamento» delle intraprese economiche, inoltre, agevola
la organizzazione criminale, in quanto impedisce o, comunque,
ostacola non solo «l’immediata riconducibilità delle attività svolte, ma anche la tracciabilità dei beni» di illecita provenienza e,
così, ne consente la circolazione.

4.18 — Quanto alla intestazione fittizia alla madre dell’appartamento ubicato nel succitato condominio (capo P-bis), la produzione documentale dell’appellante finalizzata a dimostrare la
compatibilità delle condizioni economiche della Nava con l’acquisto dell’immobile è superata dalla sostanziale ammissione
della effettiva proprietà dell’immobile, emergente da numerose
intercettazioni.

4.19 — In ordine ai delitti di detenzione e di porto illegali di armi comuni da sparo, di detenzione e di porto di armi clandestine (pistola Beretta, calibro mm. 9 >< 21 e pistola Glock dello stesso calibro, con due caricatori per ciascuna pistola e con cinquanta cartucce) sono infondate le censure degli appellanti, sia in rito che nel merito. 14 La cessazione da oltre un anno della misura di prevenzione, applicata al Quirino, rende priva di pregio l'obiezione difensiva circa la inidoneità del coimputato a fungere da prestanome. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. Udienza del 18 giugno 2014 Non è ravvisabile la denunziata nullità, ai sensi dell'articolo 522 cod. proc. pen., in relazione alla «discrepanza temporale» tra la data di commissione dei delitti, indicata nel capo di imputazione (ottobre 2008) sulla base della indicazione del chiamante in correità Ferrito, il quale in tale epoca aveva collocato la cessione delle due pistole, e l'effettiva tradito delle armi avvenuta in date prossime (e non anteriori) all'8 e al 14 novembre 2008, corrispondenti alle dichiarazioni di vendita delle pistole rilasciate dall'armaiolo al Ferrito all'atto dell'acquisto in armeria. — La «evidente contiguità temporale [...] delle due date, ottobre o novembre 2008, estremamente prossime tra loro» consente di ritenere che «il fatto, compiutamente contestato [...] è lo stesso nella sua identità storico fattuale» sicché resta esclusa la eccepita «alterità fra le condotte [enunciate nel] capo di imputazione e le condotte ritenute in sentenza». 4.19.2 Nel merito non è condividibile il rilievo degli appellanti secondo i quali Fregona avrebbe riportato solo delle «dicerie» ovvero formulato mere deduzioni. — Quantomeno in relazione alla cessione della pistola Glock il collaborante ha rappresentato quanto gli constava personalmente, essendo promissario acquirente di quella medesima arma, che, invece, Ferrito aveva, poi, ceduto agli Zindato. In ordine alle conversazioni tra Ferrito e Sapone, già il primo giudice ha preso atto della precisazione di Ferrito che il colloquio non concerneva le armi, bensì la fornitura della cocaina; pur tuttavia il dato probatorio conferma che i Zindato erano gli abituali fornitori di droga del dichiarante, offrendo così riscontro alla chiamata di correo in merito al presupposto della cessione delle pistole (l'ulteriore fornitura di stupefacente). 4.19.3 Infondati sono pure i motivi di appello in ordine alla ritenuta aggravante a effetto speciale di cui all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1992, n. 203. — 15 4.19.1 * CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 Le condotte delittuose risultano attuate «nell'esercizio del potere e dell'agire mafioso» nel concorso degli «indici rivelatori della natura armata della associazione». 4.20 — Devono essere disattesi i motivi e le richieste degli apOsta alla elargizione delle attenuanti invocate la considerazione della gravità dei reati «nella loro entità ontologica», delle modalità di commissione, della intensità della lesione dei beni giuridici protetti, della carenza di veruna attenuazione del disvalore. 4.21 — Infondate sono le censure difensive circa la dosimetria delle pene, congruamente applicate nella osservanza dei criteri stabiliti dall'articolo 133 cod. pen., avuto riguardo alla gravità del fatto, testé apprezzata, alla «consolidata proclività a delinquere» e all' «evidente spessore criminale» degli appellanti, desunto dai rispettivi precedenti penali. Non di meno, per effetto delle statuizioni assolutorie (quanto a Francesco Zindato) e per effetto della esclusione della ipotesi del secondo comma dell'articolo 416-bis cod. pen. con derubricazione nel reato di semplice partecipazione alla associazione di tipo mafioso (quanto a Gaetano Andrea Zindato), il trattamento sanzionatorio deve essere rideterminato per entrambi i giudicabili. Sicché la pena per Gaetano Andrea Zindato è commisurata nella misura finale sopra indicata (pena base per il delitto associativo: anni dodici e mesi otto di reclusione, aumentata di due anni e otto mesi per la recidiva; ulteriormente aumentata per la continuazione interna in ragione di tre anni per il delitto di cui al capo L, in ragione di un anno e due mesi per il delitto di cui al capo O e in egual misura per il delitto di cui al capo P; con riduzione di un terzo — per effetto del rito abbreviato — della somma risultante pari ad anni venti e mesi otto). Per Francesco Zindato la pena è commisurata nella misura finale sopra indicata (pena base per il delitto associativo: anni quattordici di reclusione, aumentata di due anni per la recidi- 16 pellanti per la concessione di circostanze attenuanti generiche. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza de118 giugno 2014 5. — Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione col ministero del comune difensore di fiducia, avvocato Giuseppe Nardo, mediante unico atto in data del 23 maggio 2013, recante complessivamente quattordici motivi, dichiarando anche promiscuamente di denunziare, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettere b) [, c)] ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all' articolo 416-bis, commi primo, secondo, terzo, quarto e quinto, cod. pen. (primo motivo e secondo motivo); in relazione all'articolo 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen. (primo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono, motivo); in relazione all'articolo 192, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen. (secondo, decimo e undicesimo motivo); in relazione agli articoli 110 cod. pen. e 12-quinquies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo); in relazione all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1992, n. 203 (ottavo e undicesimo motivo); in relazione all'articolo 240 cod. pen. (nono motivo); in relazione agli articoli 110, 697 cod. pen., 12 legge 14 ottobre 1974, n. 497, e 23 legge 18 aprile 1975, n. 110 (decimo motivo); in relazione all'articolo 81, comma secondo, cod. pen. (dodicesimo motivo); in relazione agli articoli 62-bis, 69, 99, 133, 61, comma primo, numero 1 [?] e 577, comma primo, numero 3 [?] cod. pen.(tredicesimo motivo) e in relazione all'articolo 416-bis, comma primo — con riferimento all'articolo 81, comma secondo — cod. pen. (quattordicesimo motivo), nonché inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. (ottavo motivo); nonché man- 17 va; ulteriormente aumentata per la continuazione interna in ragione di tre anni per il delitto di cui al capo L, in ragione di un anno per il delitto di cui al capo P-bis, in ragione di un anno e tre mesi per ciascuno dei delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter; con riduzione di un terzo — per effetto del rito abbreviato — della somma risultante pari ad anni venticinque). CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 canza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova (con tutti i mezzi di impugnazione, tranne l'ultimo). del giudizio, in esito alla relazione delle causa, il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema di cassazione e i difensori dei ricorrenti hanno concluso nei termini riportati in epigrafe. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. — I ricorsi meritano accoglimento, nei limiti e nei termini che seguono, limitatamente alla aggravante a effetto speciale di cui all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n.152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, ritenuta a carico dei giudicabili in relazione delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter, nonché limitatamente al delitto associativo ascritto a Gaetano Andrea Zindato. Giova premettere la sintetica esposizione dei motivi di ricorso. 2. — Col primo motivo nell'interesse di Francesco Zindato il difensore contesta (oltre che genericamente in Loto l'affermazione della responsabilità) l'attribuzione della qualità di capo e promotore della cosca, opponendo che la consorteria preesisteva già dall'anno 2001 (a tale epoca risalendo la adesione di Gaetano Andrea Zindato), sicché essendo incoata nel 2003 la permanenza della condotta associativa di Francesco Zindato, costui non avrebbe potuto promuovere la costituzione del gruppo criminale. Il ricorrente censura, altresì, in relazione alla precedente condanna riportata l'attribuzione, considerata erronea, da parte della Corte territoriale delle qualità di promotore, organizzatore e capo della cosca Libri. 3. — Col secondo motivo, proposto nell'interesse di Gaetano Andrea Zindato, il difensore stigmatizza l'inferenza della compartecipazione associativa siccome tratta da circostanze affat- 18 6. — Alla odierna pubblica udienza, fissata per la celebrazione CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 Nega, ancora, il difensore che i residui reati ritenuti a carico del ricorrente (concernenti le supposte fittizie intestazioni di attività commerciali e le armi) possano di per sé suffragare la ipotesi associativa. Quindi il ricorrente soggiunge, in relazione all'episodio dell'accompagnamento del Libri, che costui era estraneo alla cosca Borghetto-Caridi-Zindato. 4. — Col terzo motivo, dopo aver — nell'interesse di entrambi i ricorrenti e in relazione ai reati loro rispettivamente ascritti — riproposto a guisa di premessa comune ai motivi che seguono (fino al settimo) le deduzioni già sviluppate mediante l'appello circa la insussistenza sia dell'elemento oggettivo, che di quello soggettivo dei delitti di trasferimento fraudolento di valori (capi N, O, P, P-bis e P-ter) e dopo aver ribadito che difetta alcun «rapporto di signoria esclusiva e occulta» tra i beni e le attività, indicati nelle imputazioni, e i ricorrenti (in correlazione colla attribuzione di titolarità e gestioni «meramente apparenti» ai prestanome), il difensore deduce specificamente in ordine al delitto di cui al capo N) : le circostanze emergenti dalle intercettazioni dimostrano l'esatto contrario della ipotesi delittuosa e, cioè, «sussistenza di un reale e palese rapporto societario» tra il ricorrente e Tommaso Paris; costituisce mera congettura la negativa della Corte territoriale in ordine alla autonomia del socio e alla effettiva cogestione della società; irrilevante, oltretutto, ai fini dell'accertamento della condotta delittuosa, è la supposta «sottomissione» del Paris; la esternazione della gestione della impresa da parte di Francesco Zindato nelle conversazioni con terzi esclude ogni intento di occultamento e la pretesa interposizione fittizia del prestanome. 19 to neutre o, comunque, non significative della associazione, quali l'accompagnamento in macchina, a titolo di cortesia, di Domenico Libri, da Prato a Reggio di Calabria, sporadici incontri o contatti con Domenico Barbaro e con Salvatore Toscano, l'interessamento per il recupero del computer di Claudio Canale (al di là della incerta e non provata identificazione del ricorrente). CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 1 8 giugno 2014 5. — Il quarto motivo di ricorso investe l'affermazione della responsabilità in ordine al delitto di cui al capo O). Col quinto motivo di ricorso, relativo al delitto di cui al capo P), il difensore obietta che anche con riferimento alla sala giochi del circolo ricreativo Las Vegas i ricorrenti hanno gestito in modo pubblico e palese, in qualità di soci dei Parisi, la attività del locale. 6. — 7. — Col sesto motivo di ricorso il difensore, nell'interesse del solo Francesco Zindato, formula obiezione di analogo tenore in ordine all'esercizio della impresa di pulizie in società con Franco Fabio Quirino (capo P ter). - Soggiunge, ancora, il difensore con riferimento ai motivi che precedono, relativamente ai succitati capi N), O), P) e Pter): illogico è il riferimento della Corte territoriale al metodo mafioso, in quanto detto metodo non presenta alcun «nesso eziologico con la consumazione del reato di cui all'articolo 12quinquies L. 30611992» (rectius: del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356) né è idoneo a provare la «signoria esclusiva sui beni». 8. — I ricorrenti devono essere correttamente qualificati come soci di fatto delle intraprese in questione e non (per le ragioni indicate) come soci occulti. E, se anche si volessero qualificare come soci occulti, difetterebbe comunque la dimostrazione del dolo specifico della elusione dei provvedimenti ablatori. Illogicamente la Corte territoriale ha accomunato la posizione dei ricorrenti a quelle degli altri imputati (Latella e Modafferi) relativamente ai quali risultava comprovato l'intento elusivo per ammissione degli stessi interessati. 20 Il difensore obietta: Sconti, pur dolendosi dell'atteggiamento degli Zindato nei suoi confronti, non ha sostenuto di essere un semplice prestanome nella intrapresa del Palaghiaccio; l'interessenza degli Zindato è stata affatto palese e mai occultata. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. * Udienza del 18 giugno 2014 Col settimo motivo di ricorso il difensore, in relazione al capo P-bis), contesta in radice che il ricorrente fosse il reale proprietario dell'appartamento; denunzia il travisamento della prova; sostiene che l'immobile appartiene effettivamente alla madre del giudicabile, Carmela Nava; asserisce che lo Zindato si sarebbe semplicemente limitato a interessarsi per conto della genitrice della vendita della casa; peraltro nel corso delle conversazioni l'imputato ha precisato che l'appartamento era della madre (documentalmente acquirente, proprietaria e mutuataria); sicché ogni riferimento in prima persona, sia alla voltura del mutuo che alla disponibilità dell'immobile, è semplicemente frutto del modo di esprimersi «sbrigativo» e improprio di Francesco Zindato; inoltre è stata offerta la prova della capacità economica e reddituale della Nava. — 10. — Con l'ottavo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono della ritenuta aggravante di cui all'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1992, n. 203, in relazione ai delitti di cui ai capi N), O), P) e Pter) 10.1 — Il difensore denunzia la nullità della sentenza in ordine alla ritenuta ipotesi del metodo mafioso, eccependo il difetto di contestazione al riguardo. 10.2 In relazione alla ipotesi teleologica il difensore ne nega la sussistenza, opponendo che le supposte condotte delittuose sarebbero state semmai compiute nell'esclusivo interesse dei ricorrenti e delle loro famiglie (anagrafiche) e non per agevolare la ritenuta associazione di appartenenza, risultando affatto carente qualsiasi riscontro in tal senso. — Col nono motivo di ricorso censura che la Corte territoriale ha disposto anche la confisca delle quote di pertinenza dei soci dei ricorrenti e postula la restituzione, a favore, dei ridetti soci delle quote, di loro spettanza, in ragione della metà del «valore societario» per Paris e per Quirino, di un quarto per i due Parisi e di un terzo per lo Sconti. 11. — 21 9. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 Il difensore obietta: Fregona non ha detto che le armi viste a casa di Ferra° fossero quelle destinate ai ricorrenti; le dichiarazioni del collaborante sono contraddittorie; difetta la convergenza colla propalazione di Ferrito; se davvero costui rivendeva le armi acquistate in armeria per procurarsi i soldi per l'acquisto della cocaina, tanto non si attaglia alla supposta transazione tra Ferrito e i ricorrenti, venditori (della droga) e non acquirenti (delle armi). 13. — Con l'undicesimo motivo di ricorso il difensore censura la ritenuta aggravante dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1992, n. 203 con riferimento ai succitati reati concernenti le armi deducendo: la Corte territoriale non ha dato conto che le condotte delittuose «siano state inevitabilmente espressione di un potere mafioso»; né che le armi «fossero, per definizione, a esclusivo vantaggio della cosca», ben potendo la relativa detenzione rappresentare «una forma ordinaria di delinquenzialità degli imputati», eventualità che la Corte territoriale non ha dimostrato essere esclusa. 14. — Col dodicesimo motivo di ricorso il difensore si duole del diniego della continuazione con i reati associativi già giudicati (in relazione alla compartecipazione alla cosca Libri), deducendo: la Corte di merito ha erroneamente interpretato «fino a snaturarlo il concetto di programma criminoso»; tra i reati associativi ricorre la «sostanziale omogeneità soggettiva [...] oggettiva»; erroneamente la Corte di assise di appello ha negato che la persistenza dei rapporti tra i Libri e gli Zindato non fosse sintomatica della «continuità tra le due cosche»; le differenze costuituiscono l'effetto di fisiologici mutamenti dovuti al decorso del tempo in seno alla «unica e originaria cosca Libri - Zindato, della quale la cosca Borghetto - Caridi - Zindato costituisce una semplice ramificazione»; l'errore «di partenza» della Corte territoriale è consistito nel considerare «cosca madre la cosca Libri [...] piuttosto che la cosca Libri - Zindato», articolata in due componenti ben delineate, ovvero «la compagine Libri e quella 22 12. — Il decimo motivo di ricorso investe il capo della sentenza relativo al porto e alla detenzione delle armi (capo L). CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE * Udienza del 18 giugno 2014 Zindato»; il successivo inserimento nella componente Zindato delle famiglie Borghetto e Caridi non vale a escludere «la continuità nel reato associativo nella stessa componente Zindato»; per negare la continuazione la Corte di merito avrebbe dovuto dimostrare che gli associati avevano convenuto, all'atto della costituzione, del gruppo originario di escludere la associazione di nuovi sodali; le variazioni soggettive nella composizione del gruppo non comportano che debba reputarsi costituita una nuova associazione. Il difensore ripropone, quindi, le deduzioni formulate col primo motivo (ai fini della riqualificazione della condotta associativa di Francesco Zindato ai sensi del primo comma dell'articolo 416-bis cod. pen.) circa il ritenuto dies a quo della permanenza delle condotte di Gaetano Andrea Zindato (dal gennaio 2001) e di Francesco Zindato (dal luglio 2003) e argomenta: la cosca, siccome non è stata costituita da Gaetano Andrea Zindato (semplice compartecipe), né da Francesco Zindato, in quanto il gruppo preesisteva al suo ingresso, «altro non è se non una ramificazione della cosca madre Libri - Zindato» alla quale i ricorrenti sono rimasti sempre associati «sebbene, da un certo tempo in avanti [...] anche con nuovi membri» delle famiglie Borghetto e Caridi; l'episodio dell'accompagnamento di Domenico Libri da parte di Gaetano Andrea Zindato, nel viaggio in macchina da Prato a Reggio di Calabria, dimostra la continuazione tra il reato associativo, commesso dal ridetto ricorrente, già giudicato e quello oggetto del presente giudizio; la conclusione che la cosca Borghetto - Caridi - Zindato costituisce «ramificazione» della cosca Libri vale per ogni sodale di detta cosca «già da prima e a tutt'oggi associato alla cosca madre Libri, quale [...] è anche [...] Zindato Francesco» [sic] nella ipotesi difensiva gradata; il collaborante Fregona ha confermato, nel corso dell'interrogatorio del 25 maggio 2010, che la «Famiglia madre sono i Libri». 15. — Col tredicesimo motivo di ricorso il difensore stigmatizza il diniego delle circostanze attenuanti generiche (con giudizio di 23 Ricorso n. 32.71312013 R.G. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.71312013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 prevalenza o, quanto meno, di equivalenza rispetto alla recidiva) e la dosimetria della pena. familiare, ambientale e sociale, per entrambi i ricorrenti, e, per Gaetano Andrea Zindato la giovane età e «il ruolo marginale» imponevano il riconoscimento delle attenuanti in parola; per Francesco Zindato doveva pure considerarsi la assoluzione dai reati di cui ai capi M) e M-bis). 15.2 — Quanto alla dosimetria della pena, la Corte territoriale, con mero richiamo alla gravità dei fatti e con «solo apparente cenno alla personalità dei rei», ha ignorato i «criteri indicati in appello [non meglio illustrati] che soli avrebbero potuto delineare la vera personalità dei due imputati, non particolarmente perversa o cattiva». 16. — Col quattordicesimo motivo di ricorso il difensore censura che la pena base computata per Gaetano Andrea Zindato, in relazione al delitto associativo (anni dodici e mesi otto di reclusione) eccede il massimo edittale (anni dodici), e ne postula la rettifica ai sensi dell'articolo 619 cod. proc. pen. 17. — Con memoria, recante la data del 10 giugno 2014, depositata il 12 giugno 2014, intitolata «Note di udienza», l'avvocato Giovanni Aricò, nell'interesse dei ricorrenti insiste per l'accoglimento della impugnazione e, con particolare riguardo alla posizione di Gaetano Andrea Zindato, sostiene: a carico di costui non è stata accertata alcuna condotta «in concreto finalizzata al perseguimento degli scopi associativi» e rivelatrice della «stabilità del vincolo di partecipazione in capo al medesimo ricorrente»; gli «e pisod i» considerati dalla Corte territoriale non sono significativi della prestazione di alcuno stabile contributo alla supposta compartecipazione associativa. Il difensore censura, inoltre, il diniego del riconoscimento della continuazione e soggiunge: «la pretesa nuova formazione» criminale si colloca — per come prospettato — in un «contesto di continuità con la cosca Libri, fenomeno associativo più ampio», e ne costituisce la «evoluzione»; mentre la «atomizzazione delle singole cosche», o- 24 15.1 — In punto di generiche il difensore sostiene: il contesto CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 perata dai giudici di merito, ha prodotto «effetti del tutto distonici rispetto alla corretta applicazione dell'istituto della continuazione»; per vero, proprio «l'episodio dell'accompagnamento del 'boss' Libri», assunto a indice sintomatico della partecipazione di Gaetano Andrea Zindato alla cosca, dimostra «la continuità sostanziale fra le due distinte compagini». 18. — Esaurita la rassegna dei motivi di impugnazione, rileva innanzitutto la Corte che risultano fondate le censure difensive, in rito, circa la aggravante del metodo mafioso, in relazione delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter. Le pertinenti imputazioni recitano, tutte, in relazione alla aggravante a effetto speciale, testualmente: «Con la aggravante d'aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca BorghettoCaridi-Zindato di comune appartenenza» (v. sentenza impugnata pp. X e XI). La carenza della specifica enunciazione, nelle imputazioni pertinenti ai suddetti capi, della metodologia criminale in relazione alla commissione delle condotte delittuose, rende la sentenza nulla, a' termini dell'articolo 522, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui ha ritenuto la ricorrenza della ipotesi de qua della aggravante a effetto speciale dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n.152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203. Al rilievo della nullità conseguono la adozione di pronuncia meramente rescindente della sentenza sui punti in questione e, ai sensi dell'articolo 622, comma 1, lettera l), la esclusione della aggravante del metodo mafioso in relazione ai succitati delitti. 19. — Anche in relazione alla ipotesi teleologica della previsione dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, cit., ritenuta a carico dei ricorrenti in relazione ai medesimi delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter, la sentenza impugnata deve essere annullata. La decisione è inficiata dal vizio della motivazione. : CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. I giudici di merito non hanno dato conto, indicando i pertinenti elementi di fatto idonei a sorreggere l'accertamento, sotto quale profilo le condotte di fittizia attribuzione della titolarità delle aziende delle imprese gestite o cogestite dai ricorrenti fossero finalizzate ad agevolare l'attività della cosca BorghettoCaridi-Zindato, piuttosto che a assicurare ai giudicabili, uti singuli, ovvero ai loro familiari il vantaggio della fittizia interposizione. La mancanza della motivazione al riguardo comporta la nullità della sentenza in relazione ai punti concernenti la aggravante de qua anche in relazione alla ipotesi teleologica della agevolazione, ritenuta dalla Corte territoriale a carico dei ricorrenti in ordine ai delitti in questione. Nella sede del giudizio di rinvio, previ se del caso gli accertamenti opportuni, la Corte di merito ad quem provvederà a verificare se ricorrano, ovvero no, elementi che consentano di collegare — e sotto quale profilo — le concorsuali condotte delittuose di interposizione (ovvero alcune di esse) alla finalità di agevolazione della associazione di tipo mafioso, alla luce del principio di diritto che questa Corte di legittimità, riafferma, a' termini dell'articolo 173, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., secondo il quale la aggravante in parola è configurabile solo quando «la fittizia intestazione [...] implementa la forza del sodalizio di tipo mafioso, determinando un accrescimento della sua posizione sul territorio attraverso il controllo di una attività economica» (Sez. 6, n. 9185 del 21/01/2012 — dep. 8/03/2012, Biondo e altri, Rv. 252082). 20. — La sentenza impugnata merita infine di essere annullata, nei confronti di Gaetano Andrea Zindato, in ordine al capo relativo al delitto di associazione di tipo mafioso, ascritto al ricorrente. Il costrutto argomentativo, che sorregge l'accertamento della condotta associativa del giudicabile, è viziato dalla manifesta illogicità della motivazione a cagione della carenza di verun 26 Udienza de118 giugno 2014 I CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 Gli elementi, censiti dai giudici di merito e addotti a fondamento della affermazione della penale responsabilità del ricorrente, sia ponderati uti singuli, sia valutati nel loro complesso e nella complessiva sinergia indiziaria, non suffragano sul piano logico la tesi di accusa. Per vero l'episodio dell'accompagnamento del Libri, nel viaggio affrontato da costui da Prato a Reggio di Calabria, laddove di per sé costituisce condotta affatto lecita, al di là di ogni valutazione di vicinanza, contiguità o connivenza, non appare certamente espressivo — in carenza di ulteriori elementi significativi — dalla specifica compartecipazione associativa attribuita a Gaetano Andrea Zindato. In relazione, poi, all'interessamento del ricorrente a favore del comodante pel recupero di un computer trattenuto dal cornodatario — accadimento peraltro rappresentato dalla Corte territoriale in termini affatto generici — nel tessuto motivazionale della sentenza è ravvisabile la fallacia della petizione di principio. In difetto della dimostrazione che, per particolari circostanze, dell'«interessamento» stesso, modalità, forme e mezzi l'intervento in parola costituisca estrinsecazione di vera e propria «giurisdizione domestica» nell'ambito della associazione criminale, la abduzione della compartecipazione associativa dal supposto esercizio della (non dimostrata) «giurisdizione domestica» si connota in tutta la fallacia della circolarità della argomentazione (diallele). Residua la inferenza che la Corte di merito ha tratto dalla commissione dei delitti fine di interposizione fittizia di cui ai capo O e P. Ma, in proposito, il negativo scrutinio di legittimità, testè operato, circa il rilevato vizio di motivazione in ordine all'accertamento della aggravante della agevolazione della associazione mafiosa, si ripropone e, a fortiori, si ripercuote sulla ragionevole nesso inferenziale tra le premesse e la conclusione della abduzione operata. a CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. * Udienza del 18 giugno 2014 Sicché si impone, nella sede del giudizio di rinvio, il riesame della posizione del giudicabile in ordine alla imputazione in parola. 21. — Il nono motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell'articolo 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. Evidente è, infatti, la carenza della legittimazione dei ricorrenti a dolersi della confisca di quote sociali delle quali postulano la titolarità di terzi. 22. — Destituita di fondamento è la censura, formulata col primo motivo di ricorso, proposto nell'esclusivo interesse di Zindato Francesco, circa la qualità di promotore della cosca Caridi-Borghetto-Zindato. Per entrambi i giudicabili (e, segnatamente, anche per Gaetano Andrea Zindato) il dies a quo della permanenza del delitto associativo decorre, alla stregua del formale e inequivoco tenore della contestazione: «dal luglio 2003». Orbene la cessazione della permanenza, alla data del 31 gennaio 2001, relativamente al delitto di associazione di tipo mafioso, per il quale Gaetano Andrea Zindato ebbe a riportare condanna passata in giudicato, non comporta — come pretende il difensore — che da quel momento dovesse essere incoata la permanenza della condotta associativa di Gaetano Andrea Zindato (reato oggetto della sentenza impugnata). Sicché la obiezione difensiva che nel 2003 Francesco Zindato non potessi farsi promotore della costituzione della cosca (assertivamente già esistente da due anni), si fonda su un presupposto affatto fallace. 23. — Esattamente la Corte di merito ha ritenuto la sussistenza dei delitti di trasferimento fraudolento di valori. inferenza in esame, travolgendo l'illazione che la commissione dei delitti in parola possa suffragare — in difetto di pregnanti e specifiche connotazioni — la dimostrazione della condotta associativa. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. * Udienza del 18 giugno 2014 Il reato in parola è «a forma libera» e si perfeziona colla «consapevole determinazione di una situazione di difformità tra la titolarità formale, meramente apparente, e la titolarità di fatto di un determinato compendio patrimoniale, qualificata dalla specifica finalizzazione» (Sez. 1, n. 14373 del 28/02/2013 — dep. 26/03/2013, Perdichizzi, Rv. 255405). In particolare, con specifico riguardo al delitto di trasferimento fraudolento di valori «riferito a una attività imprenditoriale», il reato è configurabile «non solo con riferimento al momento iniziale della impresa, ma anche in una fase successiva, allorquando in una impresa o società, sorta in modo lecito, si inserisca un terzo [...] che avvalendosi della interposizione fittizia, persegua le finalità previste dall'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356». Né rileva che il soggetto attivo compia in modo non clandestino atti di gestione del bene fittiziamente intestato, in tutto o anche in parte, ad altro soggetto, in quanto la norma incriminatrice sanziona ogni condotta che «realizzi di fatto [...] una situazione di apparenza, con la separazione tra colui o coloro che hanno la titolarità effettiva [...] e coloro che, in base alla fittizia attribuzione, risultano formalmente titolari» (Sez. 6, n. 15140 del 12/04/2012 — dep. 19/04/2012, Mangiaracina, Rv. 252610). 24. — Deve essere disattesa la censura, proposta col quattordicesimo motivo di ricorso, circa la dosimetria della pena irrogata a Gaetano Andrea Zindato, pel delitto associativo, e ritenuta illegittima dal difensore, sotto il profilo della supposta eccedenza del massimo consentito. Per vero il ricorrente non ha tenuto conto della aggravante della associazione armata, la quale consente di infliggere la reclusione fino al massimo di quindici anni. 29 Ai fini del perfezionamento della fattispecie delittuosa non è necessario alcun formale atto di trasferimento del bene dal soggetto attivo al titolare apparente. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. * Udienza del 18 giugno 2014 I difensori sovrappongono (confondendoli) il profilo criminologico del fenomeno associativo con quello giuridico della continuazione. Che una data realtà criminale radicata su un determinato territorio presenti nel corso del tempo sviluppi e trasformazioni è, per vero, dato di comune esperienza; ma il rilievo non è risolutivo. Gli è che, una volta accertato che la cosca Caridi-BorgettoZindato costituisce un novum (per composizione soggettiva, per organigramma della catena di comando, per ambito territoriale di azione) rispetto alla precedente compagine (oggetto dei giudicati di condanna a carico dei ricorrenti), è di tutta evidenza che gli imputati, allorché aderirono alla precedente associazione, non poterono prevedere, già illo tempore, le vicende e gli sviluppi, che, nel corso degli anni successivi, avrebbero condotto alla formazione del nuovo gruppo criminale. Sicché è da escludere che una medesima e remota, rappresentazione e risoluzione criminosa, possa aver avuto a oggetto, anche per linee generali, la compartecipazione dei giudicabili in entrambe le associazioni di tipo mafioso. 26. — Le ulteriori censure sono manifestamente infondate. 26.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge: — né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all'operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presuppo- 30 25. — Prive di giuridico pregio sono le doglianze dei ricorrenti (ribadite anche nella memoria) pel diniego del riconoscimento della continuazione in relazione alle pregresse condanne riportate dagli Zindato per delitti associativi. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 sto dell'accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie); —né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte di appello esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte. — Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione. La Corte di merito ha dato conto adeguatamente — come illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità. Questa Corte di legittimità non rileva nel residuo tessuto motivazionale del provvedimento impugnato: —né il vizio della contraddittorietà della motivazione che consiste nel concorso (dialetticamente irrisolto) di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro, tali che l'affermazione dell'una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell'altra e viceversa; — né il vizio della illo gicit à manifesta che consegue alla violazione di alcuno degli altri principi della logica formale e/o dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi dell'articolo 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità (o scorrettezza) dell'argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e la conclusione (v., per tutte, da ultima: Sez. Un. n. 20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri, non massimata sul punto). 31 26.2 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE R.G. * Udienza del 18 giugno 2014 Per vero i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dai ricorrenti, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione e del travisamento dei fatti, si sviluppano tutti nell'orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e della valutazione del giudice a quo il difensore non offre (così come impone la osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, v. Cass., Sez. I, 29 novembre 2007, n. 47499, Chialli, massima n. 238333; Sez. Feriale, 13 settembre 2007, n. 37368, Torino, massima n. 237302; Sez. VI, 19 dicembre 2006, n. 21858, Tagliente, massima n. 236689; Sez. I, 18 maggio 2006, n. 20344, Salaj, massima n. 234115; Sez. I, 2 maggio 2006, n. 16223, Scognamiglio, massima n. 233781; Sez. I, 20 aprile 2006, n. 20370, Simonetti, massima n. 233778) la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna decisiva evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l'intrinseca incompatibilità degli enunciati (Cass., Sez. I, 14 luglio 2006, n. 25117, Stojanovic, massima n. 234167 e Cass., Sez. I, 15 giugno 2007, n. 24667, Musumeci, massima n. 237207); bensì oppone la propria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa e del merito del giudizio. Sicché, sotto tale profilo, le correlate censure, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a' termini dell'articolo 606, comma 3, cod. proc. pen. 27. — Conseguono l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla aggravante del metodo mafioso, in relazione ai delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter; la esclusione della ridetta aggravante; l'ulteriore annullamento della sentenza medesima, limitatamente alla aggravante della agevolazione mafiosa, in relazione ai ridetti delitti, nonché nei confronti di Gaetano Andrea Zindato, limitatamente al delitto associativo; il rinvio per nuovo giudizio sul capo e sui punti in parola ad 32 Ricorso n. 32.713/2013 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE PRIMA PENALE Ricorso n. 32.713/2013 R. G. * Udienza del 18 giugno 2014 altra sezione della Corte di assise di appello di Reggio di Calabria; e il rigetto dei ricorsi nel resto; la condanna degli imputati alla rifusione a favore della parte civile delle spese del presente giudizio, congruamente liquidate nel dispositivo. Q. M. Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, limitatamente alla aggravante del metodo mafioso — che esclude — in relazione ai delitti di cui ai capi N, O, P e P-ter. Annulla, altresì, la stessa sentenza limitatamente alla aggravante della agevolazione mafiosa in relazione ai medesimi delitti, nonché nei confronti di Zindato Gaetano Andrea, limitatamente al delitto associativo; e rinvia per nuovo giudizio sul detto capo e sui detti punti ad altra sezione della Corte di assise di appello di Reggio di Calabria. Rigetta nel resto i ricorsi. Condanna, in solido, gli imputati a rifondere alla parte civile, Regione Calabria le spese sostenute per questo grado del giudizio, che liquida in complessivi euro tremila oltre accessori di legge. Così deciso, il 18 giugno 2014. P.

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