Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35420 del 11/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35420 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

Data Udienza: 11/07/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIORGI FRANCESCO N. IL 18/01/1986
avverso l’ordinanza n. 84/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 11/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRAS O;

iettc/sentite le conclusioni del PG Dott.
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FATTO E DIRITTO

1. Il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria in data 4/12/2012, dispose
l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di Giorgi
Francesco, sottoposto ad indagini in ordine al delitto di cui agli artt. 110, cod.
pen. e 73, d.P.R. n. 309/1990, perché per conto di Nirta Francesco (fornitore)
deteneva al fine di farne commercio un quantitativo imprecisato di sostanza
stupefacente, poi ceduta a Cannavò Angelo, tramite la mediazione di Scruci

di Reggio Calabria, al quale l’indagato si era rivolto, con provvedimento
depositato il 18/2/2013 (udienza dell’11/2/2013), confermò l’ordinanza
custodiale.

2. Per un’adeguata intelligenza della vicenda e per quanto rileva in questa sede
appare utile ricordare le circostanze salienti del fatto: al ricorrente risulta essere
stata contestato, nell’àmbito di una più vasta indagine, sulla base di plurime
emergenze investigative e, in primo luogo, delle risultanze delle autorizzate
intercettazioni, di aver ceduto 4 (su richiesta di Scruci Giuseppe, residente a
Siderno, al quale, per telefono in data 7/1/2008 si era rivolto Cannavò Angelo,
residente a Messina, per avere una fornitura di stupefacente) un quantitativo
imprecisato di stupefacente al Cannavò predetto.
Le investigazioni, complesse ed articolate, avviate dal Commissariato P.S. di
Siderno, ed epilogate nell’informativa del 28/7/2009, avevano consentito di
portare alla luce un intenso traffico di stupefacenti, occorso dall’aprile del 2007 al
28/1/2008, gestito da due organizzazioni criminali, una con base operativa a
Marina di Gioiosa Ionica, facente capo alla famiglia Lombardo e l’altra costituita
attorno alle figure di Scruci (fornitore di Siderno) e di Cannavò (distributore di
Messina).
Plurimi i riscontri: le risultanze delle captazioni, prevalentemente rinvianti ad un
linguaggio criptico e convenzionale omogeneo, del tutto decontestualizzato e
logicamente interpretabile univocamente in un complesso di comunicazioni
concernenti l’illecito traffico (emblematico l’uso di termini, ad es., quali “pezzi di
legno”, “maglietta”, “macchina”, “vini”, bottiglie”, “frittole”, ecc., collegati ad
unità di misura apparentemente incongrui); talune palesemente in chiaro,
perché indicanti quantitativi di sostanza stupefacente o perché ad essa si
riferivano direttamente (“cocainella”, “assaggiata, bruciava il naso, era
manipolabile”); le risultanze di pedinamenti, riscontri e sequestri.
Quanto alla specifica contestazione qui in esame il Tribunale, dalla pag. 8 e ss.
ricostruisce, attraverso gli atti investigativi del tipo di quelli che si è sopra detti la

2-

Giuseppe e l’utilizzo dell’autovettura di Scarfò Giovanni. Il Tribunale del Riesame

vicenda. Il Cannavò telefona da Messina allo Scruci e gli chiede di poter avere
fornitura di stupefacente, sempre mediante l’uso di linguaggio cifrato. Lo Scruci,
il quale incontrerà a Messina l’altro, con rapidità si attiva per la ricerca del
venditore e, 4è alla fine, su indicazione di Nirta Francesco, al momento
fisicamente indisponibile, prende contatti con l’odierno ricorrente, il quale
effettuava la consegna, dopo qualche difficoltà logistica per incontrarsi con lo
Scruci presso il bar che quest’ultimo gestisce a Siderno. Di poi, il giorno dopo,

3. Il Giorgi propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame, prospettando due censure.

3.1. Con il primo motivo viene dedotta violazione di legge, nonché vizio
motivazionale.
Assume il ricorrente che gli elementi enunciati nell’ordinanza non costituivano
gravi indizi di colpevolezza, essendosi il giudice del riesame appiattito sulla
motivazione del G.I.P. In particolare, nel mentre le sole intercettazioni delle
conversazioni alle quali aveva preso parte l’indagato non rivestivano capacità
dimostrativa, nel resto non si era dato conto delle spiegazioni ed osservazioni
della Difesa («L’utenza telefonica intestata ed in uso ad altro soggetto, il fatto
che il Giorgi non sia proprietario di una Fiat panda, la mancanza di qualsivoglia
contatto con il Cannavò Angelo»).

3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia i medesimi vizi in relazione alla
reputata sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale aveva fatto proprie espressamente le considerazioni del G.I.P. sul
punto. Poiché quest’ultima ordinanza, si presentava, a sua volta, generica
dovevasi rilevare l’assenza di una qualunque plausibile motivazione. L’esigenza
in parola non poteva trarsi esclusivamente dalla gravità dei fatti, occorrendo
tener conto della personalità dell’indagato (incensurato e giovane d’età) e,
comunque, di ogni circostanza sulla base della quale potesse affermarsi in
concreto la specifica pericolosità del soggetto. Inoltre, il lungo tempo trascorso
dai fatti, risalenti al gennaio 2008, avrebbe dovuto imporre un ben più rigoroso
vaglio.

4. Il primo motivo va disatteso in quanto propone, infondatamente, diversa
ricostruzione fattuale, puntualmente disattesa dal Tribunale.
Assai di recente questa Corte (Sez. V, 5/6/2012, n. 36079) ha avuto modo di
chiarire che la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella che

3

quest’ultimo avrebbe consegnato lo stupefacente al Cannavò.

serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza
finale. Al fine dell’adozione della misura è sufficiente l’emersione di qualunque
elemento probatorio idoneo a fondare «un giudizio di qualificata probabilità
sulla responsabilità dell’indagato>> in ordine ai reati addebitati. Pertanto, i detti
indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio
di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. (per questa ragione l’art. 273,
comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc.
pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità,

Deve, peraltro, chiarirsi, siccome affermato dalla massima che si trae dalla
sentenza n. 37878, emessa il 6/7/2007 proprio da questa stessa Sezione, che la
valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di
merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata
unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità
della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure
investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice, spettando alla
corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi del diritto che governano l’apprezzamento delle
risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere
«all’interno» del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere
a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
In altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun
potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto
impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti,
uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti,

il

richiede la precisione e concordanza degli indizi).

risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la

congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

4.2. Per quel che concerne l’interpretazione del contenuto delle conversazioni
peraltro, nella specie,
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malaccortamente protette da linguaggio allusivoVha cura di fornirne il significato

captate.~ip•
Gajw■ margopra

dissimulato, in correlazione con le altre fonti di prova, così adempiendo ad una
funzione che è di esclusiva spettanza del giudice di merito, che non può essere

della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il
contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed
incontestabile (cfr., da ultimo, Cass., VI, 8/3/2012, n.11289).

4.3. Più in dettaglio può essere utile osservare quanto appresso.
Il Tribunale, con analisi approfondita e coerente, dopo aver inquadrato in
generale il contesto nel quale s’innesta la singola vicenda qui al vaglio (pagg. 25), passa a stretta cernita la rete di perspicui elementi corroboranti la
ricostruzione sopra riportata (pagg. 8-26), dandone interpretazione e valutazione
qui non sindacabile per quanto prima chiarito. Spiega (pagg. 27-28), inoltre,
perché non fosse da dubitare che l’interlocutore delle telefonate fosse proprio
l’odierno imputato (cercato all’utenza del fratello Daniele). Per il modo di
svolgimento dei fatti è evidente la irrilevanza della mancata registrazione di
contatti con il Cannavò, il quale ebbe ad interloquire solo con lo Scruci. Quanto
all’intestazione dell’auto, dal contenuto del ricorso non è dato cogliere il rilievo
dell’osservazione.

5. Il secondo motivo è fondato nei termini di cui appresso.
Dall’ordinanza del G.I.P., alla quale il Tribunale del riesame correttamente
(secondo il condiviso orientamento di questa Corte, è pienamente ammissibile la
motivazione per relationem

S.U., n. 17 del 21/6/2000 -, purché il riferimento

concerna atto legittimamente formato, il giudice mostri consapevolezza delle
inferenze e l’atto, pur se non materialmente allegato, sai conosciuto o
conoscibile dall’interessato) rinvia, si ha modo di ricavare adeguata motivazione
in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare, specie quella di cui alla lett. c)
dell’art. 274, cod. proc. pen., essendosi preso ineccepibilmente spunto dalla
specifica gravità del fatto, che per i collegamenti, le ramificazioni, la conoscenza
di contesti e soggetti malavitosi collegati al traffico rilevante di stupefacenti,
implica, di necessità, adeguata capacità criminale. Lo stato di formale
incensuratezza (al quale, v’è da dire fa, tuttavia, da preoccupante

5

pendant la

censurata in sede di legittimità, non versandosi in presenza del travisamento

comprovata frequentazione di malavitosi – cfr. pag. 27 dell’ordinanza impugnata
-), valorizzato dal G.I.P., ha fatto apparire idonea la misura cautelare degli
arresti domiciliari, piuttosto che quella più grave della custodia cautelare.
Il G.I.P. (e quindi il Tribunale,che al provvedimento del primo si riporta) ha,
tuttavia, omesso di prendere in considerazione l’incidenza del lungo tempo
trascorso sulla sussistenza ed intensità dell’esigenza cautelare, nel resto
correttamente individuata.
Sul punto questa Corte a Sezioni Unite (sent. n. 40538 del 24/9/2009) ha

“tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma
secondo, lett. c) cod. proc. pen., impone al giudice di motivare sotto il profilo
della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta
al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare,
giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un
affievolimento delle esigenze cautelari.
Peraltro si è anche affermato condivisamente che l’entità dello iato temporale in
sé non assume carattere di decisività ove vengano in emersione altri elementi
sintomatici che consentano d’inferire l’attualità dell’esigenza (Cass., Sez. II, n.
21424 del 20/4/2011; Sez. V, n. 16426 del 2/2/2010).
Con la conseguenza che è ben possibile che il giudice del riesame, integrando sul
punto la statuizione del primo giudice, attraverso una riponderazione delle
emergenze processuali (esente da vizi motivazionali in questa sede rilevabili),
giunga alla plausibile determinazione che, in concreto, conduca ad una
svalorizzazione del dato temporale (Cass., I, n. 3634 del 17/12/2009).

6. Sulla base dei princìpi sopra affermati, pertanto, la statuizione deve essere
annullata sul punto concernente la valutazione delle esigenze cautelari, con
rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuova determinazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta esistenza delle
esigenze cautelari e rinvia sul punto al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo
esame.
Così decis in oma 1’11/7/2013.
Il P

Il Cons. e
(Giuseppe

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CORTE SUPREMA 01 CASSAZIONE
lv SOZIOrie Penale

(Ca

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e Brusco)

statuito che in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al

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