Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35419 del 10/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35419 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EUCALIPTUS FRANCESCO N. IL 24/02/1981
avverso la sentenza n. 692/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 17/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA,CASSANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. , e.,0„wexer1,2; ,
che ha concluso per «
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 10/06/2014

Ritenuto in fatto.

1. 11 17 maggio 2012 la Corte d’appello di Caltanissetta rigettava islicimaravd
l’istanza di revisione proposta da Francesco Eucaliptus in relazione alla sentenza
emessa il 16 novembre 2006, all’esito di giudizio abbreviato, dal giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Palermo (confermata il 15 luglio 2008 dalla

2. Eucaliptus era stato condannato alla pena di un anno e quattro mesi di
reclusione per il delitto di cui all’art. 379 c.p., aggravato ai sensi dell’art. 7 d.l. n.
152 del 1991, convertito nella 1. n. 203 del 1991 per avere aiutato il padre, Nicolò
Eucaliptus, e Carmelo Bartolone ad assicurarsi il profitto del reato di cui all’art. 12
quinquies 1. n. 356 del 1992, in particolare occupandosi della gestione dell’attività
per la lavorazione e per la commercializzazione di marmi esercitata dalla “s.a.s.
Sicula Marmi” di Bagheria, fittiziamente intestata a Carmelo Bartolone e, in realtà,
facente capo a Nicolò Eucaliptus, in tal modo agevolando la “famiglia” mafiosa di
Bagheria.
3. Nicolò Eucaliptus e Carmelo Bartolone erano stati, a loro volta, processati
per il delitto di cui agli art. 110 c.p., 12-quinquies 1. n. 356 del 1992 loro contestato
nel seguente modo: …<< perché, in concorso fra loro, al fine di agevolare l'attività dell'associazione mafiosa "cosa nostra", il Bartolone si attribuiva fittiziamente la formale titolarità della "s.a.s. "Sicula marmi" di Bartolone Carmelo, esercente attività di lavorazione del marmo, con sede in Bagheria, della quale Eucaliptus Nicolò è effettivo proprietario e ciò al fine di consentire al predetto di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale. In Bagheria, sino al 25 gennaio 2005>>.
4. Il processo aveva avuto esiti diversi. Nicolò Eucaliptus era stato assolto,
perché il fatto non sussiste, dal delitto di cui all’art. 12-quinquies 1. n. 356 del 1992,
con sentenza del Tribunale di Palermo del 29 luglio 2008, divenuta irrevocabile.
Bartolone, invece, all’esito del giudizio abbreviato, era stato condannato per il
medesimo delitto.
5.La richiesta di revisione era fondata sull’inconciliabilità delle sentenze
pronunziate nei confronti di Niccolò Eucaliptus e Carmelo Bartolone in ordine al
delitto di cui all’art. 12-quinquies I. n. 356 del 1992, costituente il presupposto

1

Corte d’appello di Palermo e divenuta irrevocabile il 14 ottobre 2009).

logico del delitto di favoreggiamento reale per il quale il ricorrente era stato
condannato con decisione passata in giudicato.
La Corte d’appello di Caltanissetta, nel rigettare t la richiesta>, osservava che
l’ipotesi disciplinata dall’art. 630, lett. a) c.p.p. non va intesa quale semplice
contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate dalle due decisioni, ma come
oggettiva incompatibilità tra i fatti su cui si fondano le rispettive sentenze. Occorre,

mera valutazione differente, da parte dei giudici di merito, di fatti storici distinti
oppure degli stessi fatti in relazione a persone diverse. Nel caso in esame gli
elementi di fatto oggetto della valutazione nei due diversi giudizi instaurati a carico
di Nicolò Eucaliptus e Carmelo Bartolone erano sostanzialmente gli stessi ed erano
costituiti da una serie di dialoghi intercettati e dalla documentazione relativa alle
vicende della “s.a.s. Sicula Marmi. La valutazione di tali dati probatori era risultata
differente nei due giudizi, posto che nel giudizio abbreviato a carico di Bartolone
gli stessi erano stati considerati idonei a integrare la prova della sussistenza del
reato di cui all’art. 12-quinquies 1. n. 356 del 1992, mentre nel giudizio ordinario a
carico di Nicolò Eucaliptus non erano stati valutati idonei a integrare detta prova.
Sintomatica, in tale prospettiva, veniva ritenuta l’interpretazione dei dialoghi
oggetto dell’intercettazione del 23 febbraio 2004, ore 8,33, valorizzata in chiave
accusatoria ai fini della prova della fittizia intestazione al Bartolone della società.
6.Tutti gli elementi di fatto esaminati dal Tribunale ed individuati dall’istante
per giustificare la richiesta di revisione erano stati presi in considerazione e valutati
dai giudici che avevano giudicato Francesco Eucaliptus: a) la data di costituzione
della “s.a.s. Sicula Marmi”; b) la sua composizione sociale originaria; c) il ruolo
ricoperto in essa da Bartolone; d) l’ingesso in società, con atto pubblico del 26
aprile 2004, di Rosalia Castronovo e di Stefania Dell’Anna.
Sulla base di queste considerazioni, a giudizio della Corte territoriale, non vi era
alcuna intrinseca inconciliabilità tra i fatti accertati con le diverse sentenze, ma si
era piuttosto in presenza di una diversa valutazione degli stessi.
7.Avverso il provvedimento della Corte d’appello di Caltanissetta ha proposto
ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, Francesco Eucaliptus, il quale
deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 630, lett. a), c.p.p. Il delitto di
cui all’art. 12-quinquies 1. n. 356 del 1992 costituisce il presupposto indefettibile
della condotta di favoreggiamento reale contestata a Francesco Eucaliptus.
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quindi, che l’inconciliabilità riguardi i fatti di reato accertati e non si traduca in una

L’insussistenza del fatto storico accertata con la sentenza pronunziata nei confronti
di Nicolò Eucaliptus elimina in radice il presupposto fattuale e giuridico del reato
di cui all’art. 379 attribuito a Francesco Eucaliptus e risulta inconciliabile con la
sentenza di condanna pronunziata nei confronti del ricorrente.

Osserva in diritto.

1. L’inconciliabilità fra sentenze irrevocabili non va intesa quale semplice

contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni che si
assumono in contrasto fra oro, ma come oggettiva incompatibilità tra i fatti su cui si
fondano le rispettive sentenze (Cass., Sez. IV, 25 ottobre 2002, rv. 221098). In altri
termini, condizione per le revisione ai sensi dell’art. 630 lett. a) c.p.p. è che
l’inconciliabilità riguardi i fatti di reato accertati e non si traduca in una mera
valutazione differente, da parte dei giudici di merito, di fatti storici distinti oppure
degli stessi fatti in relazione a persone diverse. In tal senso non può dar luogo a
contraddittorietà di giudicati l’affermazione di taluno quale concorrente nel
medesimo reato dal quale altri concorrenti siano stati, in separato procedimento
penale, assolti a seguito di un’indagine sul dolo.
Ciò che è emendabile è, quindi, l’errore di fatto e non la valutazione del fatto,
che costituisce l’essenza della giurisdizione, sicché non è ammissibile l’istanza di
revisione che fa perno sul fatto che lo stesso quadro probatorio sia stato
diversamente utilizzato per assolvere un imputato e condannare un concorrente
nello stesso reato nell’ambito di due distinti procedimenti penali. (Cass., Sez. I, 3
febbraio 2009, n. 6273, rv. 243231).
2.Nel caso in esame, contrariamente a quanto ritenuto nel provvedimento
impugnato, non si verte in un’ipotesi di sentenze irrevocabili di condanna
contenenti una differente valutazione del medesimo fatto storico, bensì in un caso di
inconciliabilità di pronunce definitive che sono pervenute a conclusioni difformi in
ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato previsto dall’art. 12quinquies d.l. n. 306 del 1992, costituente il presupposto del delitto di cui all’art.
379 c.p. per il quale Francesco Eucaliptus è stato condannato, all’esito di giudizio
abbreviato, con sentenza del gup del Tribunale di Palermo del 16 novembre 2006,
confermata il 15 luglio 2008 dalla Corte d’appello di Palermo (irrevocabile il 14
ottobre 2009).
3

Il ricorso è fondato

3.Come noto, il favoreggiamento reale, ai fini della sua sussistenza, richiede la
previa commissione di un reato e l’assenza di qualsiasi forma di concorso
(materiale o morale) da parte del soggetto attivo di tale reato. L’elemento oggettivo
del reato è costituito da qualsiasi azione od omissione obiettivamente idonea a far
definitivamente acquisire al favorito il provento della sua precedente attività
criminosa. In altri termini la condotta vietata consiste nell’aiutare una persona ad

sfera patrimoniale sia mettendoli al sicuro che realizzandoli, se sono stati soltanto
promessi.
Il dolo generico è costituito dalla volontà di aiutare, unita alla consapevolezza
sia della precedente commissione del reato sia della possibilità che dall’ausilio
prestato consegua la definitiva acquisizione del vantaggio tratto dal fatto criminoso.
4.Nel caso in esame, l’imputazione ex art. 379 c.p. formulata nei confronti di
Francesco Eucaliptus ha il seguente tenore testuale: <<...per avere aiutato il padre Nicolò Eucaliptus e Bartolone Carmelo ad assicurare il profitto del reato di cui all'art. 12-quinquies 1. n. 356/1992, in particolare occupandosi della gestione della "s.a.s. Sicula Marmi" di Bagheria, fittiziamente intestata a Bartolone Carmelo ed in realtà facente capo ad Eucaliptus Nicolò, in tal modo agevolando la famiglia mafiosa di Bagheria...>>.
In ordine al delitto di cui all’art. 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992 – costituente,
secondo la contestazione formulata, il reato presupposto del favoreggiamento reale
ascritto a Francesco Eucaliptus- sono intervenute due diverse sentenze irrevocabili
nei confronti dei due soggetti concorrenti nel suddite delitto: a) quella di condanna
emessa, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di Carmelo Bartolone; b)
quella di assoluzione, perché il fatto non sussiste, pronunziata nei riguardi di Nicolò
Eucaliptus.
La sentenza di assoluzione, con la formula perché il fatto non sussiste,
intervenuta nei confronti di Nicolò Eucaliptus per il reato previsto dall’art. 12quinquies d.l. n. 306 del 1992, costituente il presupposto del reato di
favoreggiamento reale, si pone in insanabile contrasto con la condanna irrevocabile
per tale reato adottata nei confronti di Francesco Eucaliptus. Essa incide, infatti,
sull’essenza stessa della contestazione da individuare nell’aiuto prestato a Nicolò
Eucaliptus, reale dominus “.s.a.s. Sicula Marmi” di Bagheria, ad assicurarsi il

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acquisire definitivamente il prodotto o il profitto o il prezzo del reato nella propria

profitto derivante dalla fittizia intestazione a terzi (nella specie Bartolone) della
suddetta società.
5.11 reato di cui all’art. 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992 costituisce una
fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o
disponibilità di denaro o di qualsiasi altro bene o utilità, realizzata con modalità non
predeterminate, al fine di eludere specifiche disposizioni di legge. La condotta

titolarità di un bene, difforme dalla realtà sostanziale, e nel mantenimento
consapevole e volontario di tale situazione.
L’interpretazione letterale e logico-sistematica della norma rende evidente che il
suo ambito di applicabilità non è limitato alle ipotesi riconducibili a precisi schemi
civilistici, ma comprende tutte quelle situazioni in cui il soggetto viene a trovarsi in
un rapporto di signoria con il bene, e, inoltre, che essa prescinde da un trasferimento
in senso tecnico-giuridico, rimandando non a negozi giuridici tipicamente definiti
ovvero a precise forme negoziali, ma piuttosto ad una indeterminata casistica,
individuabile soltanto attraverso la comune caratteristica del mantenimento
dell’effettivo potere sul bene attribuito in capo al soggetto che effettua
l’attribuzione ovvero per conto o nell’interesse del quale l’attribuzione medesima
viene compiuta (Sez. U., del 27 febbraio 2014, Iavarazzo).
Lo spazio di illiceità delineato dalla norma in relazione a manovre di
occultamento giuridico o di fatto di attività e beni, altrimenti lecite, si connota per il
fine perseguito dall’agente, individuato alternativamente nell’elusione delle
disposizioni in tema di misure di prevenzione patrimoniali ovvero nell’agevolazione
nella commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio o reimpiego.
A sua volta, colui che, mediante la formale titolarità o disponibilità dei beni o
delle attività economiche, si presta volontariamente a creare una situazione
apparente difforme dal reale, così contribuendo a ledere il generale principio di
affidamento, risponde di concorso nel medesimo delitto, ove abbia la
consapevolezza che colui che ha effettuato l’attribuzione è motivato dal
perseguimento di uno degli scopo tipici indicati dalla norma (cfr. ex plurimis Sez. 1,
n. 30165 del 26/04/2007; Sez. 1, n. 14626 del 10/02/2005; Sez. 2, n. 38733 del
09/07/2004).
Il disvalore della condotta è dato, poi, dalle finalità che costituiscono il profilo
soggettivo (dolo specifico) della figura delittuosa, intesa ad eludere – come già
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vietata consiste nella creazione di una situazione di apparenza formale della

sopra detto – le misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando ovvero ad
agevolare la commissione di reati che reprimono fatti connessi alla circolazione di
mezzi economici di illecita provenienza.
6.La struttura dei due reati disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 379 c.p. e 12quinquies, d.l. n. 306 del 1992 e l’esclusione – con sentenza irrevocabile di
assoluzione con ampia formula – di una titolarità simulata della società fonte di

Fraancesco Eucaliptus avrebbe fornito il suo aiuto, rende evidente l’inconciliabilità
logica dei fatti posti a base delle diverse sentenze.
7.Per tutte queste ragioni s’impongono l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata e la conseguente revoca della sentenza di condanna pronunziata
il 16 novembre 2006 dal gup del Tribunale di Palermo nei confronti di Francesco
Eucaliptus, confermata dalla Corte d’appello di Palermo il 15 luglio 2008
(irrevocabile il 14 ottobre 2009). Gli atti devono essere trasmessi alla Corte
d’appello di Caltanissetta per i provvedimenti conseguenti ex art. 639 c.p.p.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e, per l’effetto, revoca la sentenza di
condanna pronunziata il 16 novembre 2006 dal gup del Tribunale di Palermo nei
confronti di Francesco Eucaliptus, confermata dalla Corte d’appello di Palermo il
15 luglio 2008 (irrevocabile il 14 ottobre 2009) e dispone trasmettersi gli atti alla
Corte d’appello di Caltanissetta per i provvedimenti conseguenti (art. 639 c.p.p.)
Così deciso, in Roma, il 10 giugno 2014.

illeciti profitti, alla cui acquisizione definitiva nel patrimonio del vero dominus

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