Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35411 del 09/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35411 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
WERDI MOHAMED N. IL 08/04/1976
avverso la sentenza n. 2992/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
05/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. p. CA
che ha concluso per ;L
cu,ko

Udito, per la pa
Udit e ifensor Avv.

l’Avv

Data Udienza: 09/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. In data 5.4.2013 la Corte di appello di Bari confermava – per quanto qui
interessa – la sentenza del tribunale della stessa sede con la quale Werdi
Mohamed (alias Ouardi Mohamed) veniva condannato, ritenuta la continuazione
ed in concorso con Werdi Alì, alla pena di anni sette e mesi tre di reclusione in
relazione al reato di tentato omicidio in danno di Rorndhani Noureddine, colpito
all’addome con un coltello con conseguente lesione penetrante epatica e

25.4.2010.

2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, personalmente.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio della
motivazione avuto riguardo alla valutazione della prova della responsabilità per il
reato contestato di tentato omicidio.
Afferma che dalla motivazione della sentenza si desume chiaramente il
travisamento della prova. Lamenta che non è stata adeguatamente valutata la
dichiarazione della persona offesa; che non è stato considerato il testimone
Romhdani Alì, divenuto irreperibile; che pur avendo ritenuto pienamente
attendibili le dichiarazioni dei testimoni presenti, assistiti da interpreti, i giudici
hanno ammesso la sussistenza di discrasie a causa di difficoltà di traduzione
nella lingua italiana, in tal modo contraddicendosi. Rileva che la persona offesa
ha dichiarato di essere stata colpita soltanto dal coltello, mentre i due testimoni
presenti hanno affermato che era stata colpita prima da un attrezzo di ferro e poi
dal coltello impugnato dall’ Alì.
Assume, quindi, che non vi è certezza in ordine alla dinamica dei fatti con
conseguente violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio
Contesta, altresì, la motivazione della sentenza impugnata con riferimento
alla qualificazione giuridica del fatto ed alla esclusione dell’aberratio ictus.
Rileva, ancora, che dal referto in atti risulta che il ricorrente ha riportato
lesione da taglio al labbro superiore.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione di norma
processuale prevista a pena di inutilizzabilità con riferimento all’art. 512 cod.
proc. pen..
Sul punto ribadisce le doglianze formulate con l’atto di appello, rilevando che
il giudice di primo grado ha ritenuto di motivare soltanto sulla prevedibilità della
irreperibilità, mentre il motivo di censura attiene alla idoneità delle attività di
ricerca svolte ai fini della dichiarazione di irreperibilità dei testimoni, atteso che,
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versamento pericardicoj nonché, per il porto del coltello, fatto commesso il

anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU e della corretta applicazione
dell’art. 6 CEDU, è necessario un ragionevole sforzo per ottenere la presenza del
testimone per poterne utilizzare le dichiarazioni rese fuori dal contraddittorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i rilievi formulati dal ricorrente in ordine alla valutazione della prova
della responsabilità per il reato di tentato omicidio, tra i quali il dedotto

tenuto conto di quanto argomentato dalla Corte di appello.
La responsabilità – come si rileva anche dalla sentenza di primo grado – è
stata fondata sulle circostanze riferite dalla persona offesa, dai testimoni presenti
e dai testimoni di p.g., nonché, dalla documentazione sanitaria e dagli esiti delle
consulenze mediche. E’ stato dato atto che l’imputato aveva fatto irruzione,
insieme al fratello Werdi Alì, nell’abitazione della vittima che stava pranzando in
compagnia di parenti; aveva colpito alla testa prima il cugino, Romdhani
Hassouna, e poi la persona offesa, Romdhani Noureddine, contro il quale Werdi
Alì aveva sferrato un colpo di coltello, provocando ferite gravissime che avevano
richiesto un intervento chirurgico di urgenza. Quindi, l’imputato ed il fratello si
erano dati alla fuga per essere, poi, fermati alcune ore dopo presso l’ospedale di
Santeramo, ove si erano recati per farsi medicare le ferite riportate in
precedenza.
I giudici di merito hanno evidenziato che si era trattato, in sostanza, di un
spedizione punitiva seguita ad una lite, avvenuta la mattina stessa, nella quale il
ricorrente era stato colpito al volto e alle gambe. Hanno valutato che la
ricostruzione dei testimoni non soffriva di significative contraddizioni, in specie,
in ordine alla condotta dei due imputati ed alla configurabilità del concorso nel
tentato omicidio; di contro, la versione fornita dall’imputato è stata ritenuta
smentita dai testimoni e da quanto accertato dagli investigatori.
Quanto alla qualificazione giuridica del fatto, è stato precisato come, alla
luce della documentazione sanitaria acquisita e di quanto affermato in
dibattimento dal consulente tecnico, l’azione fosse idonea a cagionare la morte,
atteso che la lama del coltello era penetrata per almeno cinque centimetri dal
basso verso l’alto, provocando anche un deperimento irreversibile della parete
dell’addome.
Il ricorrente, all’evidenza, non ha indicato alcun elemento specifico idoneo a
disarticolare la valutazione della prova che i giudici di merito hanno supportato
con discorso giustificativo immune da contraddizioni ed illogicità manifeste.

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travisamento della prova, non appaiono perspicui e sono, all’evidenza, generici,

I.

2.

Quanto alla eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testimoni

divenuti irreperibili ( Romhdani Farat e Mohamed) ed acquisite ai sensi dell’art.
512 cod. proc. pen., la Corte di appello ha rilevato che la prova della
responsabilità non si fonda esclusivamente, né in maniera determinate su tali
dichiarazioni, quanto piuttosto su quelle della persona offesa, confermate da
quanto riferito in dibattimento da Romhdani Hassoun, presente al fatto, che ha
riconosciuto i due aggressori.
Deve rilevarsi, peraltro, che con nota trasmessa dai carabinieri in data

effettuate il 16.12.2011.
Di tal che, le censure del ricorrente in ordine alla violazione dell’art. 512
cod. proc. pen. non sono fondate.

3. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve
essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso, il 9 aprile 2014.

23.12.2001 erano stati indicati gli esiti della ricerche dei testimoni regolarmente

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