Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3539 del 30/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3539 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto ex art. 625-bis cod. proc. pen. da
Cobertera Monsalvez Robert Miguel, nato a Londra (Gran Bretagna) il
03/11/1967
alias
Ramirez Ravelo Victor Dario, nato in Repubblica Dominica il 15/12/1963

avverso la sentenza emessa 1’08/11/2012 dalla Prima Sezione Penale di questa
Corte di Cassazione

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Ida Blasi, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 30/09/2013

1. Robert Miguel Monsalvez Cobertera ricorre personalmente avverso la
sentenza emessa dalla Prima Sezione di questa Corte di Cassazione
1’08/11/2012, deducendo un duplice errore di fatto contenuto nel menzionato
provvedimento, errore che secondo il ricorrente sarebbe il frutto di una inesatta
percezione della realtà da parte del giudice di legittimità, tanto da avere portato
ad affermazioni decisive non corrispondenti alle risultanze processuali: nella
ricostruzione offerta dal Cobertera, la sentenza esprimerebbe «una falsa

processuali risulta in maniera incontrovertibile, percezione che ha condotto ad
affermare od a supporre l’esistenza di fatti indiscutibilmente risolutivi esclusi,
ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo pacificamente acclarato».
Il ricorrente, a seguito di parziale riforma della decisione assunta in primo
grado dalla Corte di assise di Varese, risulta essere stato condannato alla pena
dell’ergastolo dalla Corte di assise di appello di Milano con sentenza del
30/01/2012: ciò in relazione al delitto di omicidio aggravato in danno di Tarek
Saadeddine (in ipotesi commesso il 09/11/2008, in concorso con Daniel
Calcano): il gravame avverso la predetta pronuncia di appello veniva rigettato
dalla Sezione Prima di questa Corte con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso
straordinario.

2. Il primo errore di fatto segnalato dal Cobertera riguarda l’affermazione
della corretta valutazione operata dai giudici di appello in ordine alle dichiarazioni
(anche aventi contenuto di chiamata in correità) rese dal suddetto Calcano, il
quale aveva talora descritto se stesso come unico responsabile dell’omicidio,
mentre in altre occasioni aveva indicato l’odierno ricorrente come esecutore
materiale di alcuni dei colpi di coltello da cui era derivata la morte della vittima:
ad avviso della Sezione Prima, la Corte di assise di appello di Milano aveva
legittimamente compiuto quella valutazione «alla luce di quanto rappresentato
dal Calcano in sede di incidente probatorio ed a quanto dichiarato avanti al P.M.
nel corso dell’interrogatorio del 27/02/2009». Non poteva assumere rilievo, a
tale riguardo, la circostanza che le dichiarazioni rese dal Calcano
nell’immediatezza del fatto fossero state considerate inutilizzabili (giacché
intervenute in assenza di garanzie difensive): quei contributi, stando al
contenuto della sentenza oggetto di ricorso straordinario, «vennero utilizzati
dalla difesa in sede di incidente probatorio ai fini di contestazioni […],
contestazioni che però vennero correttamente stoppate dal P.M., in ragione della
loro non spontaneità, in quanto sollecitate dai Carabinieri e dunque non
rientranti nella previsione dell’art. 350, ultimo comma, cod. proc. pen.».

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percezione – e conseguentemente rappresentazione – di ciò che dagli atti

In realtà, sostiene il Cobertera che in occasione dell’incidente probatorio
anzidetto vi furono delle legittime contestazioni del difensore al narrato del
Calcano, richiamando il contenuto delle prime dichiarazioni spontanee di
quest’ultimo: in quella sede il Pubblico Ministero non impedì affatto le
contestazioni de quibus, ma intervenne soltanto per chiarire che il Calcano non
era stato sottoposto ad interrogatorio da parte della polizia giudiziaria, in virtù di
un ovvio divieto di legge. Peraltro, nei tre gradi del giudizio celebrato a carico
dello stesso Calcano non era mai stata posta in dubbio la natura di dichiarazioni
spontanee delle prime dichiarazioni dell’imputato, né la conseguente valutazione
di utilizzabilità delle medesime.
La decisione della Corte di assise di appello di Milano, nel senso di ritenere
invece inutilizzabili quelle dichiarazioni, era stata adottata senza esplicitarne le
ragioni, sì da determinare la difesa a proporre ricorso per Cassazione anche in
punto di violazione di legge processuale ex artt. 192, 350 e 503 del codice di
rito: le argomentazioni evidenziate da questa Corte per rigettare il ricorso
anzidetto, sotto il profilo segnalato, sarebbero però conseguenza di un errore di
fatto, non risultando rispondente al vero che il Calcano venne sollecitato dagli
investigatori a rendere le dichiarazioni in parola, né che il P.M. procedente inibì le
contestazioni proposte dalla difesa in sede di incidente probatorio.

3. Il secondo errore percettivo viene individuato dal ricorrente nel passaggio
della motivazione della sentenza di questa Corte ove si esclude un possibile
profilo di incompatibilità fra il dictum della pronuncia irrevocabile intervenuta nei
confronti del Calcano e le statuizioni della Corte di assise di appello di Milano a
carico del Cobertera. In concreto, all’esito del precedente giudizio relativo al
Calcano si era pacificamente affermato che egli fosse stato l’autore materiale dei
tre colpi di coltello che avevano attinto il Saadeddine: i giudici di appello che
avevano condannato l’odierno ricorrente avevano invece considerato, quale unica
versione credibile dei fatti tra quelle offerte dal Calcano, quella che vedeva costui
quale soggetto che aveva sferrato solo la prima coltellata, ascrivendo le altre due
al Cobertera.
Per superare le pur dedotte ragioni di contrasto, la Sezione Prima aveva
osservato che il processo in cui era imputato il Calcano si era svolto nelle forme
del rito abbreviato, sulla base di un compendio allo stato degli atti che si era
limitato a riportare l’azione omicidiaria al solo Calcano senza entrare nella
valutazione del concorso del Cobertera. Il ricorrente obietta, da un lato, che in
quel giudizio vi erano stati «apporti dichiarativi ulteriori, “nuovi” e diversi rispetto
a quelli acquisiti nel dibattimento»; dall’altro, che ascrivere comunque al Calcano

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.

l’intera azione (fatto inconfutabile ed irrevocabilmente accertato) «si pone quale
condizione esclusiva dell’ipotesi del concorso del Cobertera».
Inoltre, ad avviso dello stesso ricorrente, «la decisività dell’errore di fatto è
ancor più evidente ove si consideri che la ricostruzione che vuole il Cobertera
anche concorrente morale, ex art. 110 cod. pen., riposa sulle dichiarazioni di
Calcano Daniel che vedevano il primo, innanzi tutto, quale coautore materiale
delle condotte lesive. Poiché l’intero giudizio di penale responsabilità del
sottoscritto è fondato sul

dictum

del citato Calcano, è evidente che

l’accertamento di un eventuale concorso, anche morale, era direttamente
proporzionale al giudizio di credibilità sulla dinamica esecutiva e sulla tesi,
essenziale ed all’altra intrinsecamente connessa, del concorso materiale».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere ritenuto inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare che «ai
fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto, è necessario
che sia denunciata una disattenzione di ordine meramente percettivo, causata da
una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed
oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto dei ricorso,
e che abbia determinato una decisione diversa da quella adottata senza di essa,
per cui deve escludersi che il rimedio in oggetto possa essere utilizzato al fine di
denunciare un errore di valutazione» (Cass., Sez. III, n. 35509 del 21/06/2007,
Fusi, Rv 237514). I principi appena ricordati hanno trovato definitiva conferma
da parte delle Sezioni Unite, secondo cui «in tema di ricorso straordinario,
qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata
rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo,
non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso
dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.» (Cass., Sez.
U, n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv 250527).
Con le pronunce più recenti si è ribadito che «il ricorso straordinario ex art.
625-bis cod. proc. pen. non è ammissibile quando la decisione impugnata ha
comunque contenuto valutativo, essendo in tal caso configurabile un errore non
di fatto, bensì di giudizio» (Cass., Sez. VI, n. 35239 del 21/05/2013, Buonocore,
Rv 256441) e si è altresì precisato che il rimedio medesimo «può avere ad
oggetto l’omessa considerazione di una prova esistente, ma non il travisamento
della stessa» (Cass., Sez. III, n. 26635 del 26/04/2013, Bisogno, Rv 256293).

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Tanto premesso, a proposito della ritenuta non utilizzabilità delle prime
dichiarazioni spontanee del Calcano, va considerato che la Prima Sezione di
questa Corte – al di là della presa di posizione assunta sulla specifica questione
processuale in argomento – ha comunque tenuto presente il problema delle
complessive ed altalenanti dichiarazioni del presunto concorrente del Cobertera
nel reato a lui ascritto; basti infatti rilevare che nella sentenza oggetto di ricorso
straordinario si legge, analizzando il contenuto della sentenza di secondo grado,
che «la Corte non si è affatto nascosta le gravi difficoltà incontrate dal Calcano

delle sue indicazioni avanti il P.M., con il fatto che ebbe a subire pesanti pressioni
ad opera dell’odierno imputato, realtà che non poteva essere sottovalutata come lo fu presso i giudici di primo grado, ma doveva essere adeguatamente
soppesata per comprendere e giustificare la contraddittorietà e la sofferenza dei
contributi informativi (ampiamente conclamata dagli atteggiamenti assunti in
sede di incidente probatorio dal dichiarante), tanto più a fronte del comprovato
superamento del regime di isolamento in cui il Calcano era stato collocato nella
struttura carceraria di Varese, superamento che consentì di fargli giungere
indicazioni sulla condotta processuale da tenere».

Ergo, quelle dichiarazioni non

risultano affatto pretermesse tout court sulla base di una ritenuta inutilizzabilità,
ma comunque valutate nel quadro complessivo delle ondivaghe versioni offerte
dal Calcano.
Il presunto, secondo errore percettivo è in realtà – con ancora maggiore
evidenza – il risultato di un percorso argomentativo compiuto dalla Sezione
Prima di questa Corte: ritenere che fra il dictum di due sentenze, una delle quali
recante la condanna del Calcano quale unico esecutore materiale dell’omicidio e
l’altra attestante il concorso del Cobertera, non vi sia contrasto è infatti
intrinseca espressione di un giudizio avente contenuto valutativo. Né la
pronuncia oggetto di ricorso afferma che in sede di rito abbreviato furono
utilizzate acquisizioni istruttorie peculiari, diverse da quelle assunte nel processo
a carico dell’odierno ricorrente, limitandosi a prendere atto che – come nella
natura del rito speciale de quo – si era trattato di una decisione adottata «sulla
base di un compendio allo stato degli atti» e «di un testimoniale non verificato».

2. La declaratoria di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., impone la condanna dell’imputato al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente (v.
Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa
delle Ammende della somma di € 1.000,00, così equitativamente stabilita.

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nel fare luce sulla vicenda, ma ha adeguatamente giustificato la non linearità

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 30/09/2013.

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